L’audizione in sede della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario a seguito del crack di Veneto Banca e Popolare di Vicenza del procuratore reggente della Procura di Treviso, Massimo De Bortoli, rivela una serie di aspetti che gettano ancora una volta ombra sull’effettiva possibilità di avere giustizia da parte di decine di migliaia di risparmiatori truffati.
De Bortoli, titolare dell’inchiesta su Veneto Banca, ha spiegato come molte condotte «distrattive o dissipative, consistenti in particolare nella concessione di crediti per importi considerevoli a società che non avevano alcuna garanzia e che magari si trovavano già in situazioni di insolvenza e che hanno depauperato il patrimonio» della banca, abbiano condotto alla contestazione a Consoli, oltre ai reati di ostacolo alla vigilanza, truffa e aggiotaggio, anche quello di bancarotta fraudolenta. «Mi sono reso conto – ha spiegato il procuratore – che tutti i reati in precedenza ipotizzati comportano termini di prescrizione piuttosto brevi, ed è facile che molti si estingueranno in primo o in secondo grado. Perciò, consapevole di questo, ho chiesto la declaratoria di insolvenza per Veneto Banca, accolta dal Tribunale di Treviso e confermata dalla Corte d’Appello di Venezia, rendendo così possibile instaurare il procedimento per bancarotta fraudolenta».
Un crack del genere non poteva passare inosservato e, secondo De Bortoli, «anche su Pricewaterhouse Coopers, società di revisione alla quale si era affidata Veneto Banca, abbiamo indagato e sono emerse condotte gravissime. Pwc sostanzialmente non ha mai ostacolato l’attività dell’ex amministratore delegato di Veneto Banca, Vincenzo Consoli», ritenuto il dominus del sistema che ha condotto al dissesto dell’istituto, «ostacolando invece la vigilanza di Banca d’Italia».
Il procedimento nei confronti di Pwc, ha ricordato ancora il magistrato, «è stato trasmesso a Roma per competenza nel febbraio del 2020 e credo che la Procura della capitale abbia già fatto anche la richiesta di rinvio a giudizio. Oltre alla negligente attività del collegio sindacale della banca – ha sottolineato De Bortoli – si è aggiunta la dolosa omissione di controllo di Pwc verso la quale c’è un procedimento penale in corso».
Rispondendo alle domande dei membri della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario a seguito del crack di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, De Bortoli ha detto che «è evidente che la magistratura ha le armi spuntate. A fronte di fenomeni così eclatanti, configurabili come disastro bancario, il sistema giudiziario penale ha le armi spuntate, tanto è vero che nei confronti di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato di Veneto Banca, non è nemmeno pensabile una misura cautelare. E’ in pensione, quindi non c’è rischio di recidiva, non si rischia l’inquinamento delle prove perché tutto è già stato acquisito, non c’è pericolo di fuga perché lui se ne sta nella sua bellissima villa di Vicenza e non ci sono elementi che possano farci temere un tentativo di fuga».
E relativamente ad una pena che dovesse essergli comminata, De Bortoli ha ricordato che «Consoli ha più di 70 anni e difficilmente farà anche solo qualche giorno di carcere».
Intanto, anche per la Popolare di Vicenza e i suoi vertici il procedimento penale prosegue con i magistrati che rilanciano con la contestazione del reato di bancarotta fraudolenta, anche qui per evitare che la prescrizione per i reati fin qui contestati scatti troppo presto. A questo scopo, il Tribunale di Vicenza ha dichiarato lo stato di insolvenza della banca che si trova in regime di liquidazione coatta amministrativa. La decisione del giudice Giuseppe Limitone scardina la strategia difensiva dell’ex presidente Gianni Zonin e di altri 5 amministratori che annunciano di voler ricorrere contro tale decisione.
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