Cgia: nel 2020 la pandemia ha fatto esplodere la burocrazia

In un anno approvate 450 norme, record del ministero della Sanità con 170 provvedimenti.

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pubblica amministrazione malfunzionante tasse & burocrazia legislativa

A causa della pandemia da Covid-19, la produzione normativa italiana è esplosa: tra circolari, ordinanze, decreti, Dpcm, leggi, linee guida sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, etc., sono ben 450 le norme approvate a livello nazionale in poco meno di un anno. E con essi un boom della burocrazia che ha disorientato il Paese.

L’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha redatto un’elaborazione che evidenzia come, tra le 450 norme conteggiate, non siano incluse le “faq” del governo BisConte e gli accorgimenti normativi anti-Covid che, sempre in questo periodo,  sono stati approvati anche dalle regioni e dagli enti locali. 

Un profluvio di disposizioni composto da migliaia e migliaia di pagine che ha travolto tutti (cittadini, lavoratori e imprese) creando non pochi problemi interpretativi ed un eccesso di burocrazia, soprattutto ai piccoli imprenditori che si stanno ancora districando tra un groviglio di disposizioni legislative, spesso in contraddizione tra loro e in costante cambiamento, perché in buona parte correlate alla “colorazione” della propria regione. 

La pubblica amministrazione più prolifica in materia normativa è stata il ministero della Salute con 170 provvedimenti. Seguono la Protezione civile con 86, il ministero dell’Interno con 37, l’Inps con 36, il Commissario per l’emergenza da Covid con 35 e l’Inail con 8. 

Ad aver costretto queste amministrazioni a deliberare in misura così copiosa sono stati i 29 decreti legge approvati dal Governo fino a questo momento, i 23 Dpcm firmati dal presidente del Consiglio e le 14 leggi approvate dal Parlamento. 

Anche le parti sociali hanno dato il loro contributo alla burocrazia sono state chiamate a redigere un protocollo generale in accordo con il Governo per tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. La firma è stata raggiunta il 14 marzo scorso. A seguito di questo provvedimento sono seguiti altre 11 linee guida che hanno interessato altrettanti comparti produttivi.  

Al netto della pandemia, la Cgia sottolinea come in Italia ci sia da sempre una grande propensione a emanare leggi a livello centrale che regionale. Si stima che in Italia vi siano ben 160.000 norme, di cui 71.000 promulgate a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia, invece, sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000. 

La responsabilità di questa iper legiferazione è ascrivibile alla mancata abrogazione delle leggi concorrenti e al fatto che il quadro normativo italiano negli ultimi decenni ha visto aumentare esponenzialmente il ricorso ai decreti legislativi che, per essere operativi, richiedono l’approvazione di numerosi decreti attuativi. Questa procedura ha aumentato a dismisura la produzione normativa nel nostro Paese, gettando nello sconforto cittadini e imprese che ogni giorno sono chiamati a rispettarla.

La soluzione a questo sfracello normativo e burocratico ci sarebbe: ridurre il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi, facendo diventare la burocrazia un nemico invisibile e difficilmente superabile, oltre a rilanciare la pratica dei testi unici per raccordare e chiarire norme che sono state modificate nel corso del tempo.

La pubblica amministrazione italiana si è comportata in maniera bifronte: è stata inflessibile quando ha imposto le limitazioni alla mobilità e le chiusure ai bar, ai ristoranti e ai negozi; per contro, ha dimostrato di essere del tutto inefficiente e spaventosamente impreparata quando è stata chiamata a riorganizzare i propri servizi per “aggredire” la diffusione del virus. Di casi da elencare ce ne sono a iosa: come, ad esempio, la tracciabilità dei contagiati, vedi il clamoroso flop dell’app Immuni, il mancato potenziamento della medicina territoriale, il fallito tentativo di tornare tutti a scuola e l’incapacità di mettere a punto un serio piano di rilancio del trasporto pubblico locale.

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