Quello che è successo il 6 gennaio 2021 a quattordici giorni dall’insediamento di Joe Biden a Presidente degli Stati Uniti d’America è qualcosa di mai successo nella storia della democrazia americana.
Dopo una campagna elettorale molto accesa soprattutto da parte del Presidente uscente Donald Trump che ha cercato di alzare i toni in tutti i modi, finalmente si è arrivati all’elezione del 3 di novembre 2020. Subito si è capito che l’elezione sarebbe stata incertissima. Tutti e due i candidati cantavano vittoria e per qualche giorno nessuno esattamente sapeva chi sarebbe stato eletto Presidente degli Stati Uniti.
Poi man mano che giungevano i voti per posta si cominciava a delineare chiaramene che la vittoria sarebbe stata del Partito Democratico. Ma Trump con il suo solito modo irruento ha cominciato a mettere in dubbio la vittoria del suo avversario. Dapprima chiedendo il riconteggio dei voti negli Stati in bilico, poi non ritenendo validi i voti arrivati per posta dopo il 3 novembre, infine minacciando ricorsi nei singoli Stati ed addirittura il ricorso alla Suprema Corte americana dove su nove giudici ben sei sono di area repubblicana. Non riconoscendo, in pratica, la vittoria di Biden e non consentendo il tranquillo periodo di transizione, fino alla nomina ufficiale del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America, che sarà il 20 gennaio 2021, così come è sempre stato nella democrazia americana.
Ma si è sempre pensato che Trump alla fine si rassegnasse, che la polemica fosse un modo per tenere alta l’attenzione, per far vedere ai propri sostenitori che lui c’era ed era presente. Oltretutto bisogna dire che dopo i primissimi giorni in cui vi era ancora l’incertezza del risultato, praticamente tutti i leader politici mondiali si sono complimentati con Biden per la vittoria e bisogna anche ammettere inoltre che molti dirigenti dello stesso Partito Repubblicano hanno cominciato a prendere le distanze dall’atteggiamento avuto da Trump.
Evidentemente solo Trump e poche altri del suo staff rimanevano ancorati sulle loro posizioni.
Ma quello che è successo il 6 gennaio è qualcosa di incredibile. Dopo un discorso di Trump che secondo Biden li incitava alla rivolta, un migliaio di facinorosi con bandiere alcune addirittura della vecchia Confederazione, con cartelli che inneggiavano a Trump e alla elezioni “rubate”, ed alcuni vestiti in maniera folcloristica, praticamente tutti senza mascherina ed alcuni addirittura armati hanno cominciato a marciare verso Capitol Hill che è la sede del Parlamento americano dove al senato si stava proclamando ufficialmente la vittoria di Joe Biden a Presidente degli Stati Uniti d’America.
L’assalto ha causato 5 morti. Una veterana dell’aeronautica fanatica di Trump che è stata colpita da un proiettile di un agente, tre persone decedute per emergenze mediche ed infine un agente precedentemente ferito. Ci sono stati inoltre 13 feriti e sono stati compiuti 52 arresti.
Si sono viste in televisione scene mai viste. Sono stati messi a soqquadro uffici, sono stati occupati gli scranni senatoriali, è stato violato un simbolo della democrazia. E’ stato fatto in sostanza uno sfregio alla democrazia americana.
E i principali social media Facebook, Twitter e Instagram, per evitare commenti troppo aggressivi hanno momentaneamente oscurato i profili del Presidente Trump.
Ora la situazione, per fortuna, è tornata tranquilla. Lo stesso Trump per la prima volta dalle elezioni ha ammesso la sconfitta e assicurato che il 20 gennaio ci sarà un tranquillo passaggio di consegne.
Ma il problema rimane. E’ pur vero che Biden alla fine ha vinto abbastanza nettamente se guardiamo solamente ai “Grandi Elettori” con il punteggio di 306 a 232, ma il Paese è spaccato a metà. Perché Trump ha avuto comunque oltre 74.000.000 di voti da parte dei cittadini.
Per il quasi 80enne Biden si presenta una presidenza difficilissima. La battaglia al Covid–19 è ancora lungi dall’essere vinta. All’attualità gli Stati Uniti sono il paese con più contagiati e decessi al mondo. Rispettivamente 21.000.000 e 365.000. La disoccupazione a causa del virus ha raggiunto numeri impressionanti nell’ordine di circa 30.000.000 di unità, ma il Trumpismo e tutto quello che rappresenta non è stato sconfitto.
Adesso non si sa ancora quale sarà il destino di Trump. Se si ricandiderà ancora con i Repubblicani o come alcuni ipotizzano creerà un suo partito. Quest’ultima ipotesi probabilmente per lui sarebbe un errore. Negli Stati Uniti sono praticamente sempre stati i due partiti, Democratico e Repubblicano, a contendersi la vittoria e le poche volte che altri partiti sono comparsi all’orizzonte hanno sempre avuto scarsi risultati elettorali.
Il problema per Trump è che molti nello stesso Partito Repubblicano non gradiscono i toni troppo accesi e divisivi dell’ex Presidente. E molti elettori Repubblicani non si identificano in questo modo di fare politica.
Quest’ultimo episodio accaduto il 6 gennaio 2021 ha sicuramente creato un nocumento al partito Repubblicano. Ricordiamo che alcuni dirigenti hanno invocato il venticinquesimo emendamento e chiesto la destituzione di Trump e che è stato lo stesso Vicepresidente Mike Pence a chiedere in quella triste giornata l’intervento della Guardia Nazionale. Anche Joe Biden, comunque, molto saggiamente ha escluso il ricorso alla destituzione perché creerebbe ancora più divisioni nel paese.
Joe Biden, quindi, insieme alla Vicepresidente Kamala Harris, la senatrice indo-americana vera novità delle elezioni 2020, avranno davanti a loro quattro anni difficilissimi a causa di un ex Presidente che consegna loro un paese in difficoltà e completamente spaccato in sue.
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