La Cgia lancia un 2021 anno fiscale bianco per Pmi e partite Iva

Unica possibilità per un rapido rilancio dell’economia nazionale. Bitonci: «proposta di elementare buon senso, più efficace e meno costosa dei provvedimenti emanati dal governo BisConte nel 2020».

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anno bianco fiscale

Per Pmi e partite Iva il 2021 deve essere un anno fiscale bianco, ovvero libero da ogni adempimento tributario e contributivo. Per la Cgia che rilancia uno dei cavalli di battaglia della Lega, «si tratta dell’unica possibilità per consentire a queste attività, sfiancate dagli effetti economici negativi legati alla pandemia, di prendere fiato e riprogrammare la ripresa». 

«Escludendo le imposte locali, l’anno fiscale bianco italiano costerebbe alle casse dello Stato fino a 28 miliardi di euro – enumera il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo -. Una cifra spaventosa che potrebbe essere ridotta consentendo l’azzeramento del peso fiscale solo per le attività con ricavi al di sotto di una certa soglia o sulla base della perdita di fatturato. Anche se il mancato gettito fosse di 28 miliardi di euro, tale importo risulterebbe comunque inferiore agli aiuti erogati direttamente quest’anno al sistema produttivo e che fino ad ora ammontano a circa 30 miliardi. Con l’anno fiscale bianco, i piccoli imprenditori sarebbero alleggeriti dal peso di un fisco spesso ingiusto, per un anno vivrebbero con meno ansia, meno stress, più serenità e fiducia. Non solo, ma con 28 miliardi risparmiati metteremmo le basi per far ripartire l’economia del Paese».  

In termini di gettito, l’Ufficio studi della Cgia stima che all’erario verrebbero a mancare 28,3 miliardi di euro così suddivisi: 22,7 miliardi di Irpef; 4,2 miliardi di Ires; 779 milioni di imposta sostitutiva versata dalle partite Iva che hanno aderito al regime forfettario e 500 milioni di euro circa di Imu sui capannoni (cat. D). 

In base alla proposta della Cgia, le attività con meno di 1 milione di euro di fatturato non pagherebbero più le imposte erariali, pur continuando a pagare quelle locali per non mettere in ulteriore difficoltà i comuni e le regioni. Questi ultimi, pertanto, continuerebbero a incassare le loro spettanze che ammonterebbero a 3 miliardi di Irap; 2,5 miliardi di Imu; 1,6 miliardi di addizionale regionale Irpef e 610 milioni di euro di addizionale comunale Irpef. Nel complesso, quindi, le Pmi con meno di 1 milione di fatturato l’anno prossimo verrebbero così a versare alle autonomie locali 7,7 miliardi di euro. 

La proposta della Cgia viene colta positivamente da Massimo Bitonci, ex sottosegretario all’economia e deputato della Lega: «si tratta di una proposta improntata al buon senso che costerebbe circa 28 miliardi di euro e che avrebbe un forte impatto sulla ripresa economica, oltre che sull’umore di milioni di piccoli e medi imprenditori e Partite Iva che, assieme ai professionisti, sono la spina dorsale del Paese. Come Lega non posso che condividere questa proposta di buon senso, oltretutto di semplice applicazione, anche per il fatto che la Lega è stata la prima forza politica a proporla già all’inizio della crisi a febbraio scorso».

Per Bitonci «28 miliardi possono sembrare tanti, ma sono meno di quelli che il governo BisConte ha iniettato nel sistema produttivo nel 2020 attraverso una miriade di provvedimenti caotici, astrusi, spesso di difficile applicazione e di dubbia efficacia. Stabilire che per il 2021 una piccola e media impresa e una partita Iva sia esentata dall’incontro con l’Erario e con le casse previdenziali sarebbe una notevole iniezione di fiducia nel tessuto economico del Paese che potrebbe così accelerare la ripresa».

Non solo: «unitamente all’abbassamento dell’Iva di 3-4 punti delle tre aliquote esistenti per favorire i consumi delle famiglie – rilancia Bitonci -, il volano impresa e consumi potrebbe riprendere a girare con la dovuta energia riportando l’Italia in linea con gli altri grandi Paesi europei, riempendo l’attuale enorme distacco (l’Italia è l’unico paese industrializzato ancora sotto i livelli della grande crisi del 2009, mentre gli altri sono andati ben oltre)».

Intanto, la Cgia sottolinea ancora una volta la necessità di riformare pesantemente il fisco italiano, puntando ad una drastica semplificazione. Sarebbe necessario eliminare l’attuale sistema degli acconti e dei saldi, consentendo alle aziende di pagare le tasse solo su quanto hanno effettivamente incassato. Un’operazione trasparenza che segnerebbe il passaggio da un prelievo sugli incassi presunti a uno sugli incassi effettivi, eliminando non solo il sistema del saldo e acconto, ma pure la formazione di crediti fiscali e la conseguente attesa, da parte delle aziende, dei rimborsi.

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