Continua il calo della produzione manifatturiera in Emilia Romagna: dopo una «flessione di quasi il 20% nel secondo trimestre dell’anno, nel terzo il calo della produzione manifatturiera, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si è fermato a 6,7%». Il dato emerge dalla consueta analisi congiunturale regionale, condotta da Unioncamere Emilia Romagna, Confindustria Emilia Romagna e Intesa Sanpaolo.
A livello settoriale, si evidenziano, agli estremi l’alimentare e il sistema moda: le industrie alimentari e delle bevande hanno registrato una variazione della produzione pari a 1,1%, mentre la moda ha registrato un calo del 15,8%. Per l’industria dei metalli, la diminuzione della produzione si è attestata al 9,3%, mentre la meccanica ha registrato un -5,7%.
Dall’inizio della pandemia a fine settembre, un terzo delle imprese ha registrato un calo del fatturato superiore al 20%, sull’anno precedente e un altro terzo inferiore al 20%. Nel sistema moda la quota di imprese con fatturato in flessione sfiora l’80%; nell’alimentare il 50%.
Quanto all’export, nel solo terzo trimestre il fatturato estero è diminuito del 4,2% e gli ordini esteri hanno fatto segnare una variazione negativa pari a 2,6%. Sul versante occupazionale, il 9% delle imprese ha ridotto l’organico e quasi la metà ha fatto ricorso alla cassa integrazione. Complessivamente un’impresa manifatturiera su 5 ha attivato forme di lavoro a distanza. Quanto alle prospettive per l’ultimo trimestre 2020, il 26% delle aziende stima un nuovo calo della produzione manifatturiera, il 50% prevede una sostanziale stabilità, il 24% ipotizza un aumento.
Alla luce dell’emergenza legata alla diffusione del Covid-19, per la produzione manifatturiera regionale «le prospettive a breve termine risultano incerte. È una situazione mai vista ed estremamente complessa e, quindi, particolarmente difficile da valutare: nel terzo trimestre la ripresa delle attività aveva permesso al settore manifatturiero un significativo recupero dei livelli produttivi, ma la “seconda ondata” ha interrotto il cammino – afferma Alberto Zambianchi, presidente di Unioncamere Emilia Romagna -. Continuano quindi a essere necessarie riletture e revisioni costanti, a fronte di uno scenario grave e in continuo mutamento».
Cristina Balbo, direttrice regionale di Intesa Sanpaolo prosegue l’analisi: «a partire dall’estate, abbiamo riscontrato segnali di recupero da parte delle imprese, dettati dalla forte volontà di ripresa del tessuto imprenditoriale regionale che riscontriamo quotidianamente nella nostra attività. I dati del terzo trimestre confermano questo trend ma restano dei margini di incertezza perché la forza della ripresa dipenderà dalle evoluzioni del contesto sanitario nazionale e internazionale».
Secondo il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Pietro Ferrari, «la situazione critica che stiamo vivendo impone di andare oltre l’analisi di quanto è accaduto sinora e guardare in prospettiva nel medio e lungo termine. La crisi in atto è esogena rispetto all’economia: non a caso l’Emilia Romagna ha reagito meglio delle attese alla fine del confinamento, grazie alla tenuta della manifattura, alla vivacità delle filiere produttive e alla presenza di fondamentali solidi che saranno il nostro punto di forza quando usciremo dalla pandemia. A livello regionale – sottolinea Ferrari – contiamo sul “Patto per il lavoro” per delineare una visione di medio e lungo periodo in grado di sostenere la crescita, ma capace anche di individuare alcune vere priorità su cui puntare con decisione».
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