Federvini, urge riduzione del 5% accise su alcolici per tamponare la crisi del settore

Causa Covid-19 crollati consumi e export. La filiera rischia di “bruciare” un terzo dei 40 miliardi di fatturato. 

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Dagli amari alla grappa, dal mistrà al Campari: per gli alcolici di ogni genere è crisi nera per l’emergenza da Covid-19 cui si sommano dazi Usa, Brexit, chiusura del canale Ho.Re.Ca., oltre che numerose incognite di mercato. 

«Gli effetti e le conseguenze di questo scenario – sottolinea il presidente di Federvini, Sandro Boscaini – sono già misurabili e l’entità delle perdite sono significative». Rivolgendosi al governo BisConte, per Federvini «non è sufficiente quanto fatto per il mercato del vino, mentre quello delle bevande spiritose, è un settore che, ad oggi, non ha ricevuto misure di sostegno. Fermo restando ogni possibile supporto all’export per tutti i settori rappresentati, oltre all’istanza di abrogazione del contrassegno di Stato, il settore spiriti – sottolinea Boscaini – necessita oggi anche di misure di maggiore impatto: una riduzione quantomeno del 5% delle accise sulle bevande spiritose e sui prodotti intermedi potrebbe, soprattutto in chiave prospettica, favorire una possibile ripresa del comparto». 

«In un contesto davvero senza precedenti, credo sia fondamentale – afferma Bob Kunze-Concewitz, amministratore delegato di Campari Group– uno stretto dialogo e una proficua collaborazione tra pubblico e privato. Mai come ora, si richiede che le nostre istituzioni diano ascolto al settore degli alcolici dimostratosi altresì capace di dare il proprio contributo nella fase di massima emergenza sanitaria. Il settore delle bevande spiritose ha più volte richiesto l’abrogazione del contrassegno di Stato, strumento di tracciamento obsoleto e superato, quale prima misura di ristoro soprattutto a sostegno dei piccoli e medi produttori. Appare poi del tutto evidente come il continuo aggravarsi della situazione necessiti di un intervento ben maggiore».

Il Covid-19 e le incertezze del quadro internazionale, come la Brexit e i dazi, stanno erodendo due delle eccellenze del Paese: la filiera vinicola e quella degli spiriti. «Una tempesta perfetta sugli alcolici – segnala Federvini – che non può passare inosservata soprattutto agli occhi delle istituzioni: alle difficoltà del settore vino si aggiunge lo scenario più complesso del settore spiriti che, ormai da un anno, sta subendo un dazio ad valorem del 25% sul proprio export in Usa, primo mercato di destinazione». 

Un comparto che tra vini e spirits annovera complessivamente oltre 340.000 aziende con più di 1 milione di addetti, circa il 5% della forza lavoro totale in Italia. Ma, soprattutto, un comparto che tra fatturato complessivo e indotto vale circa 40 miliardi di euro, il 2% del Pil nazionale. L’equivalente della manovra economica prevista dal Governo nel 2021. Circa 6 volte la cifra messa a disposizione dal governo con il DecretoRistori”. 

In realtà, lamentano i marchi più rappresentativi del settore, «è più corretto dire “valeva”. Da ottobre 2019 ad oggi, il valore della filiera è precipitato di circa un terzo, in meno di un anno». 

«La situazione a livello di economia di territorio è in progressiva contrazione -evidenzia Maurizio Cibrario, presidente onorario di Martini & Rossi -. Lo scenario attuale sta compromettendo gli impulsi economici diretti ed indiretti, e non si intravedono spiragli di luce nel breve periodo. Il valore complessivo generato anche dai settori collegati al nostro comparto sta subendo una perdita netta che, al momento, possiamo stimare intorno al -30%, ma che rischia di essere rivista in termini peggiorativi. Auspichiamo interventi rapidi ed efficaci da parte del nostro Governo».

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