In vigore l’etichetta d’origine dei salumi prodotti in Italia

Coldiretti: «stop all’inganno della carne straniera spacciata per italiana». Maggiore tutela per un settore che vale 20 miliardi. Al via un bonus di 600 milioni per la ristorazione che utilizza prodotti nostrani.

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assemble Assica peste suina africana

Entra finalmente in vigore l’obbligo dell’etichetta d’origine, ovvero di riportare in etichetta l’indicazione di provenienza delle carni impiegate nella preparazione di salami, mortadella, prosciutti e culatello per sostenere il vero prodotto italiano e smascherare l’inganno della carne tedesca o olandese spacciata per italiana utilizzata in molte preparazioni. 

Per il presidente della Coldiretti Ettore Prandini «si tratta di un appuntamento atteso dall’82% degli italiani che secondo un’indagine Coldiretti/Ixè con l’emergenza Covid vogliono portare in tavola prodotti italiani per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. Una tendenza confermata dal successo della campagna #mangiaitaliano promossa da Coldiretti e Filiera Italia che ha coinvolto industrie e catene della grande distribuzione».

L’obbligo di etichetta d’origine scatta proprio ad una settimana dalla pubblicazione del decreto Filiera Italia fortemente sostenuto dalla Coldiretti che per la prima volta stanzia un bonus salvaProdotto in Italia” a favore della ristorazione colpita dall’emergenza Covid-19 per l’acquisto di prodotti alimentari 100% italiani per un importo complessivo di 600 milioni di euro, compresi i salumi da animali nati, allevati e macellati in Italia.

Una norma che consente di fare chiarezza in una situazione in cui 1 prodotto alimentare su 4 sugli scaffali richiama all’italianità, stando ad un’analisi dell’Osservatorio Immagino, senza però – sottolinea la Coldiretti – avere spesso un legame con la produzione agricola nazionale, dalle coltivazioni agli allevamenti.

Il decreto sui salumi prevede – spiega Coldiretti – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette d’origine le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali)”; “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali)”; “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali)”. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura100% italiano” è utilizzabile solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

«In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta il Paese d’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al “Made in Italy” – afferma Prandini -. L’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa grazie alla sua posizione di vertice nella qualità e nella sicurezza alimentare».

Il provvedimento, che consente lo smaltimento delle scorte fino ad esaurimento, è importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno ogni settimana portano in tavola salumi, ma anche per sostenere i 5.000 allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale. A preoccupare il settore è l’invasione di cosce di maiali dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti o speck da spacciare comeMade in Italy”. Coldiretti stima che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

La norcineria è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale che contribuisce al prestigio del “Prodotto in Italia” nel mondo grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi.

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