Infiltrazioni mafiose e riciclaggio soldi in Veneto, occorre alzare ancor di più la guardia. A dirlo sono i numeri: sono state 105.789 le “operazioni finanziarie sospette” registrate nel 2019 in Italia e, di queste, il 12% (12.284) ha riguardato il NordEst, dove il Veneto, con 8.788 casi, è la regione che esprime i dati più rilevanti (e Padova la prima provincia in questa poco nobile classifica, con 1.836 segnalazioni, davanti a Verona con 1.769). Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige registrano invece, rispettivamente, 1.986 e 1.510 operazioni finanziarie sospette.
Anche da questi numeri, segnalati dalla Banca d’Italia, è partito il seminario online “Il NordEst contro le mafie ed il ruolo dei commercialisti”, organizzato dall’Associazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili delle Tre Venezie (ADCEC Tre Venezie) e da Veda Formazione, in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso. Obiettivo: creare un momento di confronto tra istituzioni e professionisti che svolgono un ruolo di primo piano nella battaglia per la legalità.
Già, perché i dati sono relativi al 2019, ma ora, con la pandemia Coronavirus, l’attenzione contro le infiltrazioni mafiose e riciclaggio deve essere ancora più alta. «Vi è un male che si aggiunge al male causato dal virus e che crea danni al tessuto sociale ed economico, ovvero l’incremento del fenomeno delle infiltrazioni mafiose correlate alla crisi sanitaria recente», sottolinea Antonio Fortarezza, direttore scientifico e responsabile formazione di Veda, e presidente Commissione Antiriciclaggio dell’ODCEC di Milano e membro del Gruppo di lavoro antiriciclaggio CNDCEC. «Il prolungato periodo di confinamento è andato ad impattare inevitabilmente sulla quotidianità della nostra classe imprenditoriale, mettendo in crisi a livello sistemico il tessuto economico del Paese, esponendo i soggetti in difficoltà finanziaria al rischio di infiltrazione criminale da parte di organizzazioni che, attraverso il progressivo radicamento sul territorio ed il reclutamento di “forza lavoro” presso le fasce di popolazione maggiormente esposte, e per mezzo anche dell’ampia disponibilità di capitali illeciti, possono trovare nuove occasioni per svolgere attività usurarie o per rilevare o infiltrare imprese in crisi, con finalità di riciclaggio».
Per Fortarezza «in questo quadro, contrariamente a quanto impostosi all’interno di una certa vulgata, i commercialisti hanno saputo ritagliarsi un ruolo determinante all’interno della disciplina dell’antiriciclaggio. La mia testimonianza non si è limitata unicamente agli sforzi profusi nella redazione delle “Regole tecniche” e in generale nei compiti spettanti alla categoria come organismo di autoregolamentazione, ma si basa anche sulle tante esperienze e professionalità incontrate nel confronto continuo con i colleghi. Sarebbe davvero ingeneroso non sottolineare come la partecipazione e la sensibilità della categoria sia sempre più andata strutturandosi nel tempo. Veda stessa ad esempio, con la sua attività di consulenza al servizio dei commercialisti, può testimoniare con diretta istanza questa netta evoluzione. Già dal titolo dell’evento organizzato, non a caso, abbiamo voluto sottolineare come siano netti gli schieramenti: i commercialisti e il territorio del NordEst sono contro le mafie, senza se e senza ma».
Non è un caso, ad esempio, che negli ultimi mesi diverse fonti, dall’Unità Informativa Finanziaria di Banca d’Italia alla Guardia di Finanza, abbiano attribuito nell’ambito del sistema dell’antiriciclaggio alle banche e ai commercialisti un ruolo da protagonisti assoluti.
Proprio da questo paradigma è partito con i saluti istituzionali nel convegno il presidente del Consiglio nazionale dei Commercialisti, Massimo Miani, il quale ha voluto innanzitutto sottolineare come troppo spesso vi sia una determinante confusione percettiva, soprattutto a livello mediatico, quando nella cronaca si parla di commercialisti, ma come in realtà le persone così richiamate ed oggetto di indagine si rivelano essere in realtà consulenti generici o addirittura abusivi. Miani ha poi appunto voluto sottolineare come appartenere ad una categoria professionale significhi anche essere sottoposti ad un controllo da parte dei propri Ordini e questo già di per sé costituisce un elemento di garanzia del sistema socio economico stesso, oltre che un ostacolo materiale per quei pochi intenzionati a sfruttare la propria professionalità in maniera distorta, magari al soldo di mafie o affini. Non è però mancato anche un ragionamento proiettato sul futuro e sull’esigenza di migliorare il rapporto attuale tra la professione del commercialista e la normativa antiriciclaggio.
Non dissimile nel proprio intervento al convegno è stato quanto detto dal generale Giovanni Mainolfi, comandante regionale Veneto della Guardia di Finanza, il quale ha voluto rimarcare come il ruolo dei commercialisti sia estremamente strategico nel sistema economico e come la consapevolezza del ruolo e la cultura dell’etica ad esso associate siano una sfida di primissimo piano per i professionisti. Non a caso l’intervento di Mainolfi è continuato sottolineando anche la parte di assoluto baluardo nel sistema di prevenzione spettante ai commercialisti.
Il rischio è che il riciclaggio si potenzi come fenomeno nell’ambito di una economia forte e strutturata. Non a caso un recente documento divenuto particolarmente importante nell’ambito della gestione del rischio di riciclaggio in Italia, l’“Analisi Nazionale del Rischio”, elaborato dal Comitato di sicurezza finanziaria del ministero dell’Economia e Finanze, evidenzia come vi sia una oggettiva correlazione tra quantità di denaro contante transitante in una provincia italiana e il rischio stesso di riciclaggio. Dunque non è più un problema solo di latitudini ma è bene che diventi, almeno su una dimensione percettiva, innanzitutto un problema di prevenzione.
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