Il Mart di Rovereto ospita fino al 14 febbraio 2021 la mostra “Caravaggio. Il contemporaneo”, prima mostra ideata dal presidente del museo Vittorio Sgarbi. Una mostra non molto convincente, molto gonfiata dalla promozione, che si propone di coniugare il classico con il moderno, ma con risultati criticabili, ad iniziare dal ridotto numero di opere presenti negli spazi del museo d’arte moderna lagarino.
Per Sgarbi «il contemporaneo è infinitamente esteso. Conviene ribadire due concetti fondamentali e apparentemente contraddittori: tutta l’arte è arte contemporanea; contemporaneo è un dato non ideologico, ma semplicemente cronologico. È questa la forza dell’arte in divenire, che va ritenuta contemporanea non in quanto più o meno sperimentale, più o meno avanzata, ma solo in quanto concepita, elaborata ed espressa nel nostro tempo. Non c’è altro modo di essere contemporanei che essere qui e ora. Così, insieme alla contemporaneità di ciò che esiste, c’è la contemporaneità di ciò che è esistito e continua a vivere».
Muovendo da questa posizione, il nuovo palinsesto del Mart attraversa i secoli. I maestri classici e moderni dialogano tra loro e con le opere di una collezione pubblica tra le più ricche d’Europa.
La mostra “Caravaggio. Il contemporaneo” indaga la grande attualità del linguaggio caravaggesco, mettendo in dialogo uno dei dipinti più drammatici del Maestro seicentesco con due fondamentali figure del XX secolo: l’artista Alberto Burri e il poeta Pier Paolo Pasolini.
La mostra al Mart offre ai visitatori l’opportunità di contemplare il “Seppellimento di Santa Lucia”, la prima opera siciliana di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, attualmente collocata a Siracusa, nella Chiesa di Santa Lucia alla Badia. Nella mostra del Mart il capolavoro si sdoppia: come in un gioco di specchi, le opere esposte sono due. Una è l’originale, l’altra una fedelissima replica realizzata con tecnologie rivoluzionarie da Factum Arte e Factum Fondazione. La fedeltà della riproduzione è tale da «ingannare anche l’occhio più esperto» assicura Vittorio Sgarbi. Il “vero” Seppellimento sarà esposto al Mart fino al 4 dicembre, poi farà ritorno a Siracusa dove è atteso per i festeggiamenti della Patrona della città, il 13 dicembre.
Attraverso la proposta di diversi livelli di dialogo possibili, il progetto del Mart sottolinea, ancora una volta, l’attualità spirituale di Caravaggio. Nel 1608, l’artista, condannato a decapitazione e continuamente in fuga, evase da Malta e giunse a Siracusa. Qui realizzò il “Seppellimento di Santa Lucia” per l’altare maggiore della Basilica di Santa Lucia al Sepolcro, nel luogo dove, secondo la tradizione, la santa fu martirizzata. La scena sembra collocata negli ambienti sotterranei e bui delle note latomie sottostanti la Chiesa, nelle quali si trova il sepolcro della martire. Si tratta di un Caravaggio ormai maturo, ossessionato dall’idea della decapitazione, maestro nella regia di composizioni articolate in dipinti sempre più silenti e spirituali. La sua forza espressiva emerge soprattutto dal rapporto tra personaggi e spazio scenografico, dalla tensione conferita dalla luce guizzante e dall’uso di un linguaggio fortemente realista. Nelle mura sullo sfondo della scena, che occupano quasi i due terzi del dipinto senza nessuna figura, si percepisce il senso della forma che si sgretola, della forma che diventa “non-forma”, nella quale lo spettatore contemporaneo può individuare stilemi espressivi accostabili all’Informale.
Al Mart l’opera di Caravaggio dialoga con una selezione di opere del grande Maestro dell’Informale italiano: Alberto Burri. In mostra un monumentale “Ferro”, proveniente dalla Galleria Nazionale di Roma, una “Plastica” appartenente a una collezione privata e tre significative opere dalle Collezioni del Mart: “Rosso e nero”, “Sacco” e “Sacco combustione”.
Non è la prima volta che Caravaggio e Burri vengono messi in rapporto. Sgarbi intende approfondire quindi un solco già tracciato, sottolineando come, in tempi diversi, entrambi gli artisti abbiano lavorato e amato la Sicilia. Dalla ferita sulla gola della santa alla “ferita” del “Ferro” di Burri, fino alla ferita del territorio siciliano.
“Il Grande Cretto” di Gibellina, un sudario di cemento posto sulle macerie della città distrutta dal terremoto nel 1968, nelle fotografie di Massimo Siragusa è vera e propria topografia del trauma. In mostra quattro immagini scattate in notturna, nelle quali i riferimenti spaziali si smarriscono e ciò che resta della tragedia è monumento civile.
In un continuo rimando tra immagini, simboli e affinità, il percorso prosegue con l’esposizione del grande dipinto “I naufraghi” di Cagnaccio di San Pietro, anche questo appartenente al Mart. Come il “Seppellimento”, l’opera richiama nuovamente il tema della morte e del cadavere disteso ai piedi di un gruppo di persone. Anche in questo caso, in mostra l’opera si specchia nel suo “doppio”, esposta di fronte al proprio bozzetto.
L’ultima corrispondenza proposta dalla mostra è quella tra Caravaggio e Pier Paolo Pasolini, dove il realismo caravaggesco si incarna nel Novecento nella figura di Pier Paolo Pasolini. Affascinato dalla figura di Caravaggio fin dai suoi studi giovanili con Roberto Longhi, il poeta condivide con il Maestro seicentesco l’attenzione per i tipi umani e l’approccio crudo e realista che caratterizzano le descrizioni delle borgate. Le affinità tra i due emergono anche nelle rispettive vite, segnate da scandali, cesure, eresie, problemi con la giustizia e da morti violente e premature.
Al Mart il parallelismo viene introdotto dalle opere di Nicola Verlato. Tra riferimenti biblici e rimandi all’arte classica, l’artista presenta tre lavori, di cui uno realizzato appositamente per questa esposizione. Già legato al Mart, che conserva una sua opera, Verlato da anni raffigura Pasolini quale icona contemporanea alla quale vorrebbe dedicare un vero e proprio mausoleo.
Il confronto Caravaggio-Pasolini è approfondito da una consonanza che ruota attorno al tema del martirio, con il quale la mostra si apre e si chiude. Da quello della santa a quello di Pasolini. È infatti possibile leggere il delitto Pasolini, su cui l’Italia deve ancora far luce, come un martirio contemporaneo per i suoi moventi, per l’efferatezza e per la crudeltà. In mostra trovano collocazione alcune fotografie del cadavere del poeta, provenienti dai fascicoli giudiziari del procedimento penale.
Oltre ai nuclei tematici rappresentati dagli accostamenti con Burri, Pasolini, Cagnaccio e Verlato, la mostra ha due opere-sipario. All’inizio e alla fine, sulla soglia, un’opera di Hermann Nitsch, proveniente dalle Collezioni del Mart, e una di Margherita Manzelli, appartenente alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Oltre agli immediati accostamenti cromatici – rossa la prima, nera la seconda – echeggiano sullo sfondo i forti temi caravaggeschi che Sgarbi ravvisa nel Seppellimento: in quest’opera l’artista “concentra la sua idea del male, della morte, della malattia della civiltà”.
La mostra “Caravaggio. Il contemporaneo” prosegue nei Focus di approfondimento dedicati ad artisti visivi il cui lavoro richiama, si ispira o evoca l’estetica caravaggesca: Nicola Samorì e Luciano Ventrone.
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