Ricerca & sviluppo in Italia: bene il NordEst

Gli investimenti nel settore, seppur in crescita, rimangono ancora troppo bassi.

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L’attività di ricerca & sviluppo (R&S) rappresenta una variabile strategica della competitività dei sistemi economici, in quanto permette di incorporare elevati contenuti di conoscenza nella produzione di beni e servizi, con impatti positivi sui risultati economici complessivi. Le informazioni sulle attività di ricerca & sviluppo intra-muros rappresentano la componente principale degli indicatori statistici sulla R&S utilizzati in ambito europeo per valutare le politiche di sostegno alla ricerca e di miglioramento della capacità innovativa e competitiva di un paese. 

In particolare, l’incidenza della spesa in ricerca & sviluppo sul Pil è uno dei cinque indicatori decisi dalla Strategia Europa 2020 per monitorare i progressi compiuti dai singoli Stati rispetto agli obiettivi di crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. Rispetto all’obiettivo generale di Europa 2020, volto ad accrescere gli investimenti pubblici e privati in R&S fino a un livello del 3% del Pil, l’Italia si è posta come obiettivo il raggiungimento – nel 2020 – di un livello di spesa in R&S in rapporto al Pil pari all’1,53%. 

Effetto Covid-19: spesa prevista dalle imprese in calo di quasi il 5% nel 2020

Nel 2018 la spesa complessiva in ricerca & sviluppo intra-muros (imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e università) ammonta a 25,2 miliardi di euro, con un’incidenza percentuale sul Pil pari all’1,43%. 

Rispetto all’anno precedente, la spesa aumenta del 6% e registra un discreto incremento anche in termini di incidenza sul Pil (+0,06 punti percentuali). La principale componente della spesa di R&S intra-muros è costituita dalla spesa delle imprese che investono in R&S 15,9 miliardi di euro, pari al 63,1% della spesa totale e allo 0,9% del Pil.

La spesa cresce in tutti i settori nel confronto con l’anno precedente, ad eccezione del non profit: gli incrementi maggiori si registrano nelle imprese (+7,4%) e nel pubblico (+7,1%). Il sensibile aumento registrato nella spesa delle imprese dipende sia da un incremento importante del numero di imprese che hanno svolto attività interne di R&S nel corso del 2018 sia da un aumento della spesa sostenuta dalle imprese storicamente attive in questo campo. In particolare, l’investimento in R&S di “nuovi” soggetti ha contribuito al 3,9% della spesa complessiva. Anche nelle università si rileva un discreto aumento (+2,6%), mentre il non profit subisce una perdita (-2,1%). 

Per il 2019 i dati preliminari segnalano un ulteriore aumento della spesa complessiva in R&S delle imprese, del settore pubblico e del non profit. In particolare, la spesa cresce del 7,6% per il non profit, del 4,3% per le istituzioni pubbliche e dell’1,9% per le imprese. Le previsioni fornite da imprese e istituzioni per il 2020 indicano un brusco calo della spesa in R&S intra-muros. La diminuzione riguarda prevalentemente le imprese (-4,7% rispetto al 2019, – 2,9% rispetto al 2018), mentre cresce del 3% la spesa delle istituzioni pubbliche e rimane stabile quella delle private non profit.

Questo risultato è condizionato dallo spostamento di alcune unità tra settori a seguito di eventi di trasformazione societaria e istituzionale.

Minore partecipazione delle università alla spesa complessiva in R&S

Nel 2018, la spesa del settore privato (imprese e non profit) continua a essere la principale componente della spesa complessiva (64,7%). Tuttavia, le dinamiche delle imprese e del non profit non sono le stesse. Rispetto all’anno precedente aumenta il peso delle imprese, con il 63,1% della spesa complessiva, (+0,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente). Si stima una minore partecipazione delle Università, che concorrono al 22,8% alla spesa complessiva (-0,8 punti percentuali rispetto al 2017) mentre risulta stabile la quota del settore pubblico (12,5%) e del non profit (1,6%). 

Con riferimento alle fonti di finanziamento, le imprese contribuiscono per la maggior parte della spesa in R&S (13,7 miliardi, pari al 54,5% dei finanziamenti complessivi). Seguono il settore delle istituzioni pubbliche con il 32,8% (8,2 miliardi) e i finanziatori stranieri che partecipano al 10,5% della spesa (circa 2,7 miliardi). Rispetto al 2017, aumenta la spesa finanziata dalle imprese nazionali e dal settore pubblico (rispettivamente +0,8 e +0,5 punti percentuali), è invece in calo la componente estera (-1,2 punti percentuali). Resta pressoché stabile la quota dei finanziamenti sostenuti dal non profit e dalle Università.

Indipendentemente dal settore esecutore, l’autofinanziamento si conferma la fonte principale della spesa per ricerca & sviluppo. In particolare, le imprese nazionali finanziano il proprio settore per una quota pari all’83,2% del totale della spesa, quota in leggera crescita rispetto al 2017 (+0,5 punti percentuali). Riguardo alla spesa in R&S delle imprese, aumenta anche il contributo pubblico (dal 3,5% del 2017 al 4,9% del 2018) mentre si ridimensiona la componente estera, che si attesta all’11,7% (-1,9 punti percentuali rispetto al 2017). Anche nel settore pubblico nel 2018 l’autofinanziamento ha interessato una maggiore quota della spesa in R&S rispetto all’anno precedente, cioè l’86,9% contro l’85,8% del 2017.

In decisa crescita la spesa in R&S delle piccole e medie imprese

Nel settore delle imprese il contributo alla spesa delle piccole e medie imprese è in forte crescita. In particolare, rispetto al 2017 la spesa per ricerca & sviluppo aumenta del 15,8% nelle piccole imprese (con meno di 50 addetti) e del 9,3% nelle medie (50-249 addetti). In termini di composizione percentuale, oltre la metà della spesa delle imprese continua a essere sostenuta dalle grandi imprese (con 500 addetti e oltre) ma si riduce il loro contributo rispetto all’anno precedente (-1,3%). Aumenta, invece, quello delle imprese più piccole che passa dal 16,0% al 17,3%. 

A livello dimensionale alcune differenze di rilievo emergono anche rispetto alle fonti di finanziamento. Sebbene l’autofinanziamento del settore sia la principale modalità scelta dalle imprese indipendentemente dalla classe dimensionale, al crescere della dimensione aumenta la componente dei finanziatori esteri che raggiunge il valore massimo nelle imprese più grandi (16,1% in quelle con 500 addetti e oltre).

Il “Made in Italy” traina l’aumento di spesa in R&S 

I due terzi della spesa in R&S proviene dalla manifattura, dove gli investimenti in R&S sono però cresciuti meno della media nazionale rispetto al 2017 (+5,6%). Il settore di produzione di macchinari da solo contribuisce per il 12,4% alla spesa complessiva (circa 2 miliardi di euro); seguono la produzione di autoveicoli con 1,6 miliardi (pari al 10,2% della spesa), la produzione di altri mezzi di trasporto con circa 1,5 miliardi (9,2%), l’informatica e l’elettronica (entrambe con oltre 1 miliardo di spesa e quote di circa il 7%) e il comparto della Ricerca con circa 1 miliardo (6,2%). 

Rispetto all’anno precedente, gli aumenti maggiori si registrano nel settore dei prodotti in metallo (+23,2%) e in alcuni settori del “Made in Italy”, quali l’industria del legno (+21,7%), l’industria tessile (+18,5%), il settore alimentare (+12,4%) e l’industria degli articoli in pelle (+12,2%). Pochi settori registrano peggioramenti: tra questi la metallurgia, con un brusco calo del 17,8%, la fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-7%) e la fabbricazione di altri mezzi di trasporto (-3,5%). 

Per le fonti di finanziamento si rilevano alcune peculiarità settoriali: i finanziamenti esteri sono molto importanti nel settore della ricerca e delle altre attività professionali (30,5%), nelle costruzioni (21,8%), nell’industria dei mezzi di trasporto (17,9%) e nella farmaceutica (14,9%). Un contributo pubblico decisivo è invece registrato nel finanziamento della spesa dei settori della sanità e assistenza sociale (37,6%), del commercio (15%), della fabbricazione di altri mezzi di trasporto (10%), della R&S (9,2%) e dell’informatica (8,5%). 

Più investimenti nello sviluppo sperimentale di nuovi prodotti e processi 

Nel 2018 la ricerca applicata si conferma la principale voce di investimento (circa 10,3 miliardi di euro) ma si modifica leggermente la composizione della spesa. In particolare, si riduce il peso della ricerca (soprattutto della componente di ricerca applicata, che passa dal 42,1% del 2017 al 40,6%) a favore di attività di sviluppo sperimentale di nuovi prodotti e processi che con circa 9,5 miliardi di euro raggiungono il 37,6% della spesa totale contro il 35,7% del 2017. 

La tendenza a investire in attività di ricerca & sviluppo più prossime all’industrializzazione piuttosto che in attività strettamente di ricerca è ancora più evidente nelle imprese, dove oltre la metà della spesa in R&S è composta dalla componente dello sviluppo sperimentale (8,6 miliardi, pari al 54,2% della spesa totale).  Inoltre, rispetto al 2017 questa componente della spesa in R&S è in sensibile crescita (+12,5%) mentre la ricerca pura e quella applicata registrano un aumento decisamente più contenuto (rispettivamente del 5,5% e dell’1,1%). 

Nel settore delle istituzioni pubbliche aumenta la quota di spesa destinata alla ricerca di base (dal 25,8% nel 2017 al 26,6% nel 2018) mentre diminuisce il peso della ricerca applicata e dello sviluppo sperimentale (circa -0,3 punti percentuali). Per le istituzioni private non profit, a fronte di un calo di investimenti nella ricerca di base (-1,9 punti percentuali rispetto al 2017) è in leggera crescita la quota di spesa destinata alla ricerca applicata e allo sviluppo sperimentale (+0,9 punti percentuali).  

Spesa in R&S sempre fortemente concentrata sul territorio

Nel 2018, la classifica delle regioni che spendono di più in ricerca e sviluppo resta stabile rispetto all’anno precedente. Poco più di un terzo della R&S è svolta nel NordOvest, il Mezzogiorno (Sud e Isole) contribuisce con una quota pari al 14,6%. Il 68,1% della spesa totale, pari a circa 17,2 miliardi di euro, è concentrato in cinque regioni: Lombardia (20,6%), Lazio (13,7%), Emilia Romagna (13,0%), Piemonte (11,8%) e Veneto (9,0%). ricerca & sviluppo

Con riferimento al settore delle imprese, la spesa per R&S supera il 75% nelle cinque regioni di maggiore concentrazione. In particolare, tra le regioni più virtuose è la Lombardia a contribuire di più alla spesa complessiva (25,2%) mentre il Lazio concorre solo con l’8,1%. Le regioni del Mezzogiorno partecipano con una quota complessiva del 9,3%. 

Il Lazio detiene il primato di istituzioni pubbliche più coinvolte in attività di R&S, da solo incide per il 43,9% sulla spesa complessiva effettuata dal settore pubblico in R&S, seguito a grande distanza da Lombardia (7,0%) ed Emilia Romagna (6,0%). 

Anche nel 2018, tra le regioni dove le università hanno investito di più in attività di R&S si confermano la Lombardia, il Lazio e l’Emilia Romagna che, insieme a Campania e Toscana, coprono il 55,7% della spesa complessiva destinata alla R&S in questo settore. 

Le istituzioni non profit che si dedicano ad attività di R&S sono maggiormente presenti in Lombardia (28,6%), Lazio (22,5%) e Piemonte (12,6%), dove si concentra il 63,8% della spesa per R&S effettuata dal settore. Nella Provincia autonoma di Bolzano, in Toscana e Campania la quota si aggira tra il 6% e il 7%, mentre le restanti regioni contribuiscono complessivamente alla ricerca e sviluppo del settore non profit per il 17,4%. 

Considerando l’incidenza della spesa per R&S in percentuale sul Pil, la graduatoria delle regioni varia dal valore massimo del Piemonte (2,17%) al minimo della Valle d’Aosta (0,48%). Oltre al Piemonte, le regioni con la spesa per R&S sul Pil più alta sono Emilia Romagna (2,03%), Lazio (1,75%), Friuli Venezia Giulia (1,67%), Provincia di Trento (1,56%) e Toscana (1,55%). In Veneto e Lombardia l’incidenza della spesa sul Pil è inferiore al livello nazionale (rispettivamente l’1,38% e l’1,33% contro l’1,43% nazionale); sotto l’1% si attestano invece la provincia di Bolzano (0,84%) e le regioni del Sud, a eccezione di Campania e Molise che registrano percentuali sul Pil superiori (rispettivamente l’1,30% e l’1,28%).

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