La coltura del tabacco in Veneto contribuisce alla creazione di oltre 1.200 posti di lavoro e ha un valore annuale stimabile tra i 36 e i 50 milioni di euro. Al netto di importanti ridimensionamenti subiti negli ultimi vent’anni (-25% nei volumi produttivi), il Veneto si è rivelata un’area tabacchicola resiliente, con 125 aziende che contano un migliaio di addetti: un potenziale occupazionale che sale a 1.200 posti di lavoro, comprendendo anche la trasformazione e la manifattura.
La coltivazione del tabacco in Veneto si concentra soprattutto nella provincia di Verona con 67 aziende. Seguono Vicenza con 35 siti produttivi, Padova con 30, Venezia con 19 e Treviso con 9. La provincia di Verona si conferma nel 2020 il principale polo tabacchicolo della regione con quasi 3.000 ettari impiegati e una produzione che supera le 12.000 tonnellate. Al secondo posto di una virtuale classifica si colloca la provincia di Vicenza, con grande distacco rispetto a quella di Verona (406 ettari coltivati e 1602 tonnellate di produzione) e al terzo posto si trova quella di Padova, con 248 ettari e 1046 tonnellate.
Negli ultimi sette anni la coltura del tabacco in Veneto mostra un andamento di crescita costante nelle rese per ettaro passando da 3,5 tonnellate per ettaro nel 2014 a 4,1 nel 2020. Un dato questo che qualifica il Veneto in positivo, rispetto alle altre regioni tabacchicole in Italia, come Umbria e Campania.
I dati della tabacchicoltura in Veneto sono contenuti nello studio realizzato dal centro studi Competere, patrocinato dalla Regione Veneto e presentato nell’azienda F. Priuli di Oppeano (Verona), che mira ad analizzare il mercato e la filiera tabacchicola con un particolare focus sul Veneto che rappresenta circa il 28% della produzione nazionale di tabacco greggio, con oltre 15.000 tonnellate di prodotto. Alla presentazione hanno preso parte l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto, Giuseppe Pan, il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, il presidente di Italtab, Vincenzo Argo, e l’amministratore delegato e presidente di British American Tobacco Italia, Roberta Palazzetti.
«La filiera tabacchicola veneta si conferma un vero e proprio valore aggiunto del “tabacco Made in Italy” e un apprezzato presidio di competitività dell’agroindustria italiana. – sottolinea Pan -. Ma anche il governo e le istituzioni nazionali devono fare la loro parte per garantire sostenibilità e resilienza alla tabacchicoltura veneta. Lo squilibrio fiscale tra prodotti tradizionali del tabacco e prodotti del tabacco riscaldato ha fortemente penalizzato alcune filiere tabacchicole, come quella veneta, a scapito di altre. Alle istituzioni nazionali chiediamo di sostenere la filiera del tabacco locale in modo semplice e senza aggravi per il bilancio pubblico, attraverso un riequilibrio della fiscalità tra le normali sigarette a combustione e quelle a tabacco riscaldato, che attualmente godono di un regime fiscale agevolato, tra l’altro in assenza di evidenze scientifiche in merito ad un minor danno per la salute. In questo modo, lo Stato ricaverebbe risorse preziose da destinare alla filiera dei nostri produttori in una fase di grande difficoltà per il settore».
Sulla stessa linea Confagricoltura, secondo cui occorrono scelte politiche ed economiche mirate per dare un futuro alle imprese del tabacco italiano ed evitare un pericoloso declino di un comparto che, nonostante la contrazione dei volumi produttivi del 25% degli ultimi dieci anni, ha saputo reagire facendo della sostenibilità, della qualità e dell’aggregazione i suoi punti di forza. Per il presidente, Massimiliano Giansanti «il comparto del tabacco in Italia, ricorda conta circa 2.000 aziende che danno lavoro a 50.000 addetti e si sviluppa in quasi 15.000 ettari concentrati in quattro aree geografiche in cui la coltivazione è parte importante sia dell’economia locale. È importante che le scelte politiche ripensino o quanto meno riequilibrino, le misure fiscali per salvaguardare tutta la trasformazione tabacchicola – ha detto Giansanti – le entrate per lo Stato pari a 14 miliardi di euro di gettito, a cui vanno aggiunti i benefici generati dall’occupazione e del relativo indotto. Occorre impegnarsi per coniugare le diverse esigenze della filiera, rafforzando la volontà delle manifatture a continuare ad investire in Italia e aumentare la nostra produzione e quindi a rinnovare gli accordi di programma con il Mipaaf con impegni di acquisto pluriennali».
Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano”, consultate i canali social:
Telegram
https://twitter.com/nestquotidiano
https://www.linkedin.com/company/ilnordestquotidiano/
https://www.facebook.com/ilnordestquotidian/
© Riproduzione Riservata