L’agroalimentare diventa nel 2020 la prima ricchezza italiana con 538 miliardi di valore

Coldiretti: «l’alimentare resiste all’emergenza che ha fatto crollare altri settori». Federalimentare: «su 42 miliardi di export agroalimentare italiano, l’industria ne produce 38».

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L’agroalimentare è l’unico settore economico che resiste all’emergenza Coronavirus che ha fatto crollare i fatturati di tutti gli altri comparti protagonisti del “Made in Italy”, dalla moda alle automobili fino all’arredamento: lo afferma un’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che con 538 miliardi di valore la filiera agroalimentare è diventata la prima ricchezza del Paese resistendo meglio degli altri settori al drammatico impatto della pandemia da Coronavirus.

L’agroalimentare è una realtà allargata dai campi agli scaffali che garantisce – evidenzia la Coldiretti – 3,8 milioni di posti di lavoro e vale il 25% del Pil grazie all’attività, tra gli altri, di 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio. Una rete diffusa lungo tutto il territorio che viene quotidianamente rifornita dalle campagne italiane dove stalle, serre e aziende continuano a produrre nonostante le difficoltà legate alla pandemia. 

La filiera agroalimentare italiana ha registrato una continua crescita dell’export raggiungendo la cifra record di 44,6 miliardi di euro nel 2019, che evidenzia come quasi due terzi delle esportazioni agroalimentari siano diretti verso i Paesi dell’Unione Europea, dove il principale sbocco è la Germania, mentre fuori dai confini comunitari sono gli Stati Uniti il mercato di riferimento dell’alimentare italiano.

«L’emergenza globale provocata dal coronavirus ha fatto emergere una consapevolezza diffusa sul valore strategico rappresentato dal cibo e sulle necessarie garanzie di qualità e sicurezza – afferma il presidente Coldiretti, Ettore Prandini -. L’Italia può contare su una risorsa da primato mondiale, ma deve investire per superare le fragilità presenti e difendere la sovranità alimentare e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento in un momento di grandi tensioni internazionali».

L’Italia può contare sull’indiscussa posizione di vertice in Europa per la qualità alimentare con 305 specialità Dop/Igp/Stg, compresi grandi formaggi, salumi e prosciutti, riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, 5.155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola, la supremazia nel biologico con oltre 60.000 aziende agricole biologiche e il primato della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari. E l’Italia è anche leader nella biodiversità con 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi e 533 varietà di olive contro le 70 spagnole.

Il Belpaese – conclude la Coldiretti – è il primo produttore europeo di riso, grano duro, vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea, come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. E anche per quanto riguarda la frutta primeggia in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne.

Sul tema interviene anche il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, secondo cui «su 44,6 miliardi di export agroalimentare, l’industria ne porta 38 miliardi sui mercati esteri. Non voglio dire che non apprezziamo la parte agricola che anzi ci fornisce materie prime d’eccellenza, ma va sottolineato che chi va in giro con la valigetta all’estero sono gli imprenditori. E negli ultimi dieci anni abbiamo incrementato del 90% le vendite all’estero. Si tratta di prodotti trasformati, sarei felicissimo di dire che le materie prime siano tutte italiane, ma in molte filiere è impossibile. Una chiave del successo del “Made in Italy” sta nella capacità di selezionare e trasformare materie prime e valorizzarle fino al consumatore finale. Una capacità che ha costruito il successo mondiale del cibo italiano, l’unico a essere imitato vittima dell’“italian sounding”». 

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