Tra i principali impegni da conseguire secondo Confartigianato Imprese Veneto, la formazione ed il capitale umano sono tra i capisaldi su cui imperniare la ripresa post Coronavirus e tra i “cantieri” aperti, quello relativo all’istruzione tecnica superiore è uno tra i più sfidanti: di qui la proposta della categoria di fare del Veneto la prima regione italiana per offerta e diplomati ITS.
«E’ una delle nostre ricette per “dare di più ai giovani”, come ha più volte sostenuto, nel suo articolato discorso, l’ex governatore Mario Draghi al meeting di Rimini, incalzando tutti noi su istruzione e formazione per la ripartenza – afferma Roberto Boschetto, vice presidente di Confartigianato Imprese Veneto con delega alla formazione e al capitale umano -. Partiamo da una buona base. Gli ITS Veneti occupano i primi posti della classifica stilata annualmente dall’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (Indire) e si contraddistinguono per la migliore performance complessiva rispetto al tasso di diplomati e al tasso di occupati. Risultati di cui siamo molto orgogliosi e ci mettiamo a disposizione della politica e dei sistemi territoriali per aumentare il numero degli iscritti che, nonostante i risultati brillanti, sono ancora troppo pochi».
Nell’ultimo quinquennio corsisti e percorsi formativi, sono quasi triplicati. I primi sono passati da 360 del 2015 a 1.077 del 2019 ed i secondi da 18 a 46. «Numeri ancora insufficienti – prosegue Boschetto -. Il loro raddoppio sarebbe a malapena sufficiente per rispondere alla domanda di competenze sempre più forte che proviene dal nostro sistema produttivo e soprattutto dalla piccola impresa che per innovarsi e competere deve investire in questi percorsi. Non è un caso che la maggior parte delle imprese che in Veneto ospita studenti degli ITS siano piccole imprese fino a 9 dipendenti».
Sulla strategia per incrementare il numero degli iscritti, Boschetto ha le idee chiare: «Confartigianato Imprese Veneto aderisce con soddisfazione a cinque delle sette Fondazioni ITS. Da quando abbiamo imparato a conoscerle siamo ancora più convinti della loro qualità. Siamo ora impegnati affinché questo canale formativo sia meglio conosciuto dai ragazzi e dalle famiglie perché possano orientare in modo più consapevole le loro scelte. Ovviamente non intendiamo spingere gli ITS come alternativa alle università, anche se una riflessione su alcuni percorsi universitari a “debole impiegabilità” a nostro avviso andrebbe fatta. Significa piuttosto convincere molti di quei 24.500 ragazzi che ogni anno in regione, dopo il diploma decidono di non proseguire gli studi a farlo, perché l’unico investimento che paga è quello sulle competenze. Solo il 34,7% dei giovani diplomati veneti si iscrive all’università. È sui restanti 65,3% che dobbiamo proporci l’obiettivo di incidere, anche come imprenditori, sostenendo e incentivando i giovani a fare queste scelte, magari per incrementare i diplomati Its».
Il comparto artigiano ha investito molte energie, grazie ad un sistema di relazioni sindacali forte e innovativo e ad una bilateralità robusta, nel rafforzamento degli apprendistati integrati con il sistema di istruzione e formazione per incrementare i diplomati Its. «È un ottimo modo per assumere un giovane diplomato e consentirgli di continuare a formarsi conseguendo un titolo di studio terziario – sottolinea Boschetto -. Le convenienze ci sono e riguardano sia i giovani che i datori di lavoro: le imprese possono contare sulla decontribuzione e su una notevole riduzione del costo del lavoro: le ore di formazione presso l’istituzione formativa non sono retribuite, mentre quelle di formazione in azienda sono retribuite al 10%».
Ma i vantaggi riguardano anche i giovani che vengono assunti con questa tipologia contrattuale nelle imprese artigiane «che vorrei ricordarlo – puntualizza Boschetto – è un contratto formativo a tempo indeterminato che consente ai nostri giovani di beneficiare di un welfare territoriale che comprende l’assistenza sanitaria integrativa, il versamento di una quota contrattuale alla previdenza complementare e l’erogazione di una borsa di studio di oltre 1.000 euro al conseguimento del titolo di studio. Il tutto oltre alla corresponsione della retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva applicata dall’impresa, che viene percentualizzata in base all’anno di inserimento del giovane in azienda, al fine di garantire a questo un salario via via più elevato a fronte della sua crescita formativa e professionale».
«Guardiamo con interesse – conclude Boschetto – alla recente proposta di raccomandazione della Commissione Europea rivolta ad aprire una nuova fase di “Garanzia Giovani” che non a caso è stata denominata “un ponte verso il lavoro” e ci attendiamo che le risorse vengano ben spese, incentivando percorsi di qualità per i nostri giovani e sostenendo adeguatamente i percorsi virtuosi che le possono accompagnare, come gli apprendistati formativi appunto, che troppo poco spazio hanno trovato nella programmazione precedente».
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