Le spese obbligate erodono il 44% dei consumi delle famiglie italiane

Indagine di Confcommercio sugli ultimi 25 anni. Sangalli: «consumi a livelli più bassi degli ultimi 25 anni». Gelmini: «tagliare le tasse per rilanciare consumi ed economia nazionale».

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Consumi degli italiani potere d'acquisto Famiglie in crisi consumi

La crisi del 2020 e gli effetti dell’emergenza Coronavirus si fanno sentire sui bilanci delle famiglie italiane con una compressione delle spese libere e un aumento delle spese obbligate che incidono, secondo un’analisi effettuata dall’Ufficio studi di Confcommercio sugli ultimi 25 anni, per quasi il 44% sul totale dei consumi delle famiglie (il livello più alto dal 1995), arrivando a pesare per oltre 7.000 euro l’anno pro capite. 

Tra le spese obbligate, la voce abitazione è quella che incide maggiormente arrivando a “mangiarsi” – tra affitti, manutenzioni, bollette, e smaltimento rifiuti – oltre 4.000 euro pro capite; all’interno dei consumi commercializzabili (9.095 euro pro capite nel 2020) la componente principale è rappresentata dai beni con una quota sul totale consumi in lieve aumento (dal 38,4% del 2019 al 40,6%), mentre i servizi interrompono la costante crescita dal 1995 con un brusco calo nell’ultimo anno dal 21% al 15,6%; per la prima volta dal 2007, si spende più per gli alimentari che per i servizi.

Il tradizionale aggiornamento al 2020 della scomposizione dei consumi delle famiglie tra spese obbligate e spese commercializzabili è largamente influenzato da quanto accaduto negli ultimi mesi. La profonda crisi del 2020 ha amplificato la tendenza di lungo periodo ad una compressione delle spese determinate dai gusti e dai desideri delle famiglie consumatrici a vantaggio delle spese per le quali si ha poca, o nessuna, libertà di scelta. Allo stesso tempo ha interrotto la progressiva terziarizzazione dei consumi. 

I servizi commercializzabili, che tra il 1995 ed il 2019 avevano registrato una costante e significativa espansione della quota di spesa, stanno conoscendo in questi mesi un brusco regresso. Si stima che in un solo anno la quota di consumi ad essi destinata sia scesa dal 21% al 15,6%. Da questi servizi passa la maggior parte dei consumi su cui si costruisce il proprio benessere economico.

I beni commercializzabili, al cui interno rientrano gli alimentari ed i prodotti per la comunicazione che in molti casi sono stati funzionali allo svolgimento dell’attività lavorativa ed al mantenimento di rapporti sociali ed hanno conosciuto un aumento dei volumi acquistati, hanno sperimentato un incremento dell’incidenza salita al 40,6%. Dato che è peraltro rappresentativo di situazioni molto articolate, come segnala la forte compressione per gli acquisti di autovetture e per l’abbigliamento e le calzature. 

In termini di spesa pro capite, espressa a prezzi 2020, le famiglie destinano 7.070 euro per sostenere le spese incluse nell’area delle spese obbligate. Il dato, ovviamente inferiore a quello del 2019, è rappresentativo di una riduzione meno accentuata rispetto alle altre spese. Questo elemento ha portato ad una incidenza di questi consumi sul totale delle spese al 43,7%, tre punti percentuali in più rispetto allo scorso anno. 

All’interno delle spese obbligate, un ruolo preponderante è svolto dall’abitazione a cui vengono destinati – tra affitti reali ed imputati, manutenzione energia, acqua, smaltimento rifiuti – oltre 4.000 euro a persona, vale a dire un quarto delle spese, dato in crescita sia nel confronto con il 2019 che nel lungo periodo. Nel 1995, in termini pro capite, a questa funzione veniva destinato il 18% dei consumi. Per quanto attiene alle spese obbligate legate alla mobilità – assicurazioni, carburanti e manutenzione dei mezzi di trasporto – la riduzione sia dei volumi sia dell’incidenza registrata nel 2020, seppure si inserisce in un trend di lungo periodo, è sintomatica di un andamento ancora più negativo rispetto al totale. L’intensità della caduta è solo in minima parte attribuibile alla riduzione dei prezzi dei carburanti. In linea con le dinamiche registrate nel lungo periodo, e sostenuta dalle caratteristiche della crisi in corso, l’area delle spese sanitarie ha evidenziato nel 2020 una moderata caduta dei volumi, dinamica che ha portato, congiuntamente a una variazione più elevata dei prezzi, ad un ulteriore aumento dell’incidenza. Relativamente alle altre spese obbligate, il cui peso si era progressivamente ridotto nel lungo periodo, nell’ultimo anno si è registrato un aumento legato in larga parte ai servizi finanziari. 

La sostanziale assenza d’inflazione negli ultimi anni non ha impedito che la forbice tra prezzi dei beni e servizi obbligati e beni e servizi commercializzabili continuasse ad ampliarsi. Le moderate fluttuazioni al rientro, imputabili perlopiù alla variabilità degli energetici, sono sempre state seguite da una ripresa più accentuata. Per quanto riguarda molte delle spese obbligate, i relativi prezzi si formano sovente in regimi regolamentati e, comunque, in mercati scarsamente liberalizzati. Ciò si è riflesso in una perdurante pressione inflazionistica che toglie risorse ai consumi più genuinamente oggetto di scelta. 

Fatto 100 il dato di ciascun indice di prezzo nel 1995, nel 2020 si stima che il prezzo (medio ponderato) delle spese obbligate abbia raggiunto un valore di poco inferiore a 190 rispetto all’indice per il complesso dei consumi ben al di sotto di 160. Molto meno inflazionistici sono risultati i beni commercializzabili (136,4) e solo un po’ più dinamici sono stati i prezzi dei servizi commercializzabili (151,9).

Tra le riforme necessarie al Paese, per innescare dinamiche di crescita superiori a quelle che abbiamo sperimentato negli ultimi veni anni, spiega Confcommercio, vi è il rafforzamento del processo di liberalizzazione dei mercati di offerta di molti beni e servizi obbligati, elemento che non potrebbe che giovare al sistema economico nel complesso e al miglioramento del benessere economico della popolazione. 

«L’emergenza Coronavirus ha riportato i consumi ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. Inoltre, ci preoccupa l’aumento delle spese obbligate delle famiglie – come affitti, bollette, assicurazioni – che erodono quasi il 44% dei consumi totali – commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli -. Se non si interviene con decisione tagliando le tasse perderemo definitivamente la possibilità di agganciare la ripresa economica».

E in tema di spesa alimentare, secondo Coldiretti la spesa delle famiglie italiane nel 2020 si è ridotta del 10%, pari a 24 miliardi di euro in meno, riportando il fatturato di settore indietro di 10 anni.

Per la capogruppo azzurra alla Camera, Mariastella Gelmini, «il governo BisConte dovrebbe ascoltare l’appello di Carlo Sangalli. Per il presidente di Confcommercio se non si interviene con decisione tagliando le tasse perderemo definitivamente la possibilità di agganciare la ripresa economica. Una linea indicata più di una volta in questi mesi da Forza Italia, ma l’esecutivo ha preferito investire 100 miliardi di nuovo debito in bonus vari e assistenzialismo. I consumi sono ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. Bisogna agire in due direzioni – elenca Gelmini -: abbassare la pressione fiscale per tutti i cittadini e aiutare in modo concreto i più colpiti dalla crisi scatenata dal Coronavirus (commercianti, i ristoratori, gli albergatori, i gestori delle discoteche). Da Palazzo Chigi finora solo chiacchiere e zero iniziative».

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