Mr. Giuseppi Conte sempre più l’avvocato dei poteri forti

Ormai gli insuccessi dell’azione di governo non si contano, dalle concessioni autostradali ad Aspi alla FCA. Bitonci: «serve un drastico cambio dell’azione di governo nell’economia nazionale».

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mr. giuseppi conte
Il premier Giuseppe Conte

Mr. Giuseppi Conte prosegue la sua trasformazione da avvocato del popolo in sostenitore dei poteri forti e dello status quo: altrimenti non si spiegherebbe il continuo fallimento della linea di governo della maggioranza delle quattro sinistre in tema di economia, dove c’è perfino un ministro delle Finanze come il Dem Roberto Gualtieri che brinda per il recupero dell’8% dell’economia nazionale sottacendo che per responsabilità del governo di cui fa parte ha prima causato un tracollo del 25% con un blocco quasi totale delle attività del Paese nonostante che i tecnici lo avessero sconsigliato.

Due vicende negli ultimi giorni hanno cancellato la residua (e risibile) credibilità del governo BisConte: le concessioni autostradali di Aspi e il finanziamento garantito dallo Stato per 6,3 miliardi al gruppo FCA.

Andiamo con ordine. Da quasi due anni, dal crollo del ponte Morandi a Genova con la morte di decine di inconsapevoli persone che in quel momento stavano transitando, ma anche da prima, come l’uscita di strada di un autobus da un viadotto con altre decine di morti causa le barriere di protezione ammalorate e non adeguatamente manutentate, Autostrade per l’Italia era salita sul banco degli imputati per presunte colpe derivanti da una cattiva gestione delle opere infrastrutturali dello Stato affidatele in concessione. 

Da questi due episodi e dalla successiva emersione a seguito delle indagini condotte di una riduzione al minimo indispensabile della manutenzione periodica della rete autostradale, il governo guidato da Mr. Giuseppi Conte annunciava, sulla forte spinta del M5s, la decisione di revocare la concessione in capo alla società del gruppo Benetton. Peccato che da allora ad oggi siano passati quasi due anni e nulla si sia ancora mosso, con il risultato che la proprietà della società autostradale ben si guarda dal cedere il controllo della rete allo Stato, anzi rilancia pure la posta annunciando di volerla cedere al migliore offerente. Eppure da quanto emerso anche nel corso delle indagini effettuate dalla magistratura ci sarebbero motivazioni più che sufficienti a revocare la concessione, a partire dai morti per finire con il conto da decine di miliardi di lavori non eseguiti sulla rete, con il risultato di avere viadotti traballanti e gallerie con volte che crollano.

Poi la questione più recente di FCA, cui poche settimane fa il governo BisConte ha appena concesso 6,3 miliardi di euro garantiti all’80% dallo Stato attraverso la Sace per aiutare l’azienda a superare la crisi da Coronavirus a patto di garantire la produzione della filiera italiana dell’automotive. Memore di un vecchio adagio di “privatizzare gli utili e di socializzare le perdite” di cui nonno Gianni Angelli è stato per decenni strenuo assertore complice una classe di governo sì debole ma non inetta come quella attuale, il presidente di FCA John Elkann sembra essere degno nipote di tanto nonno. Appena messo al sicuro il ricco contributo statale, ecco che dai piani alti di FCA parte una lettera rivolta a tutti i fornitori della componentistica relativa alle auto del segmento B, quelle della Fiat 500, della Panda e probabilmente pure della Jeep Renegade che sfruttano componenti condivisi in cui li si invita a fermare ogni ulteriore attività di sviluppo perché FCA ha deciso di avvalersi per questa gamma di modelli della piattaforma CMP sviluppata dal gruppo francese PSA con cui a breve FCA andrà a nozze dando origine a Stellantis. 

Una lettera che ha destato comprensibile allarme tra i fornitori di FCA, anche se oggi a dispetto del passato non sono più legati a triplo filo alle sorti di Torino e dintorni, visto che hanno saputo diversificare e diventare fornitori di qualità apprezzata da produttori di veicoli di tutto il mondo. Nonostante ciò, l’allarme è scattato, anche se non è ancora di codice rosso, tra la filiera italiana che rifornisce FCA, mentre non sono giunti analoghi segnali da parte del governo BisConte.

«Quello che doveva essere l’avvocato del popolo sta portando il Paese dritto alla rovina – commenta Massimo Bitonci, commercialista e componente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, già sottosegretario al ministero dell’Economia nel Conte I -. La maggioranza delle quattro sinistre che regge il governo BisConte è totalmente impreparata in tema di economia e i risultati si vedono ogni giorno che passa, con il debito pubblico che cresce al galoppo (siamo già oltre 100 miliardi in questi mesi), economia nazionale sempre più in crisi, disoccupazione in crescita nonostante i freni per decreto. Invece di proseguire sulla strada di regalie alla propria base elettorale, mai paga di assistenzialismo e incassare senza lavorare o lavorando molto poco, dovrebbe avere il coraggio di agire per dare un drastico taglio a provvedimenti che non assicurano la ripresa».

Secondo Bitonci «fatti come quelli della mancata revoca delle concessioni autostradali o dell’annuncio di FCA dell’interruzione dei contratti di fornitura alla sua filiera dei componenti dei modelli di fascia bassa perché utilizzerà quelli francesi ad incasso avvenuto del contributo statale gridano vendetta e dimostrano l’ignavia di governo, del premier Giuseppi Conte e maggioranza. Un governo minimamente serio avrebbe già agito senza tante chiacchiere e dichiarazioni prive di conseguenze concrete, revocando concessioni e legando l’erogazione dei contributi pubblici al puntuale rispetto dei patti presi con lo Stato. Ma così non è stato. Evidentemente, è ormai noto che il governo BisConte è ridotto ad un nulla, che non incute né rispetto istituzionale né adempimento degli accordi sottoscritti. Gran parte dei suoi componenti è degna interprete della sceneggiata napoletana, e del “chi ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato. O’scordammoce de o’passato”». Con buona pace dei contribuenti gabbati, mentre Mr. Giuseppi Conte prosegue nel suo sforzo di galleggiare nei marosi della crisi.

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