Crollo storico (-12,4%) del Pil italiano nel II trimestre 2020

Variazione acquisita su base annua è negativa di ben il 14,3%. Gualtieri: «meno peggio del previsto». Quagliano: «Italia in recessione conclamenta più grave della sua storia unitaria». Poma: «evitiamo allarmismo, l’economia è già in movimento».

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Nel secondo trimestre del 2020 l’Istat stima che il Pil italiano sia diminuito del 12,4% rispetto al trimestre precedente e di ben il 17,3% in termini tendenziali, con una variazione acquisita per il 2020 pari a -14,3%.

Con il pesantissimo calo del primo trimestre 2020, (-5,3%) che aveva fatto seguito alla contrazione dello 0,2% registrata nel quarto trimestre 2019, il Pil italiano era entrato in recessione tecnica. Con l’ancor più pesante calo che emerge dai dati diffusi dall’Istat (-12,4%) l’Italia entra clamorosamente in recessione conclamata. E’ facile prevedere che l’andamento del secondo semestre dell’anno sarà ancora negativo, ma non è certo impresa facile ipotizzare l’entità del calo dell’intero 2020. 

Secondo l’ultima stima della Commissione Europea, la contrazione di quest’anno dovrebbe essere dell’11,2% e sarebbe il calo più pesante registrato dal Pil nella storia dell’Italia unita dopo quelli del 1943 e del 1944. Il Pil italiano (a prezzi costanti 2010) tornerebbe indietro di 23 anni, scendendo a quota 1.440 miliardi, cioè allo stesso livello degli anni 1996-1997. E il ministro Gualtieri ha ben poco di gioire: «il dato è meno negativo delle previsioni».

Come mostra il grafico, negli ultimi 30 anni il Pil italiano in euro 2010 è passato da quota 1.327 miliardi del 1990 a quota 1.687 miliardi nel 2007 per sprofondare poi nel 2013 a 1.541 miliardi (livello uguale a quello del 2000), per recuperare quindi fino a 1.621 nel 2019 e sprofondare di nuovo nel 2020 fino al livello di 23 anni fa. 

«E’ del tutto evidente – sottolinea Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – che per superare questa difficilissima situazione il nostro Paese ha bisogno di interventi, non solo immediati ma anche radicali ed incisivi. Anche ammettendo che il crollo dovuto alla pandemia da Coronavirus potesse essere colmato in tempi ragionevolmente brevi, rimarrebbe sempre da recuperare il ritardo che già nel 2019 vi era rispetto al 2007, ritardo che segna una pesante interruzione nel percorso secolare di crescita del Pil italiano ed anche una drammatica anomalia rispetto alle altre economie avanzate che hanno superato in pochi anni la crisi del 2008 per continuare poi a crescere fino alla battuta d’arresto del 2020».

«Il dato, fornito dall’Istat, sull’andamento del secondo trimestre, nel quale il Paese registra una diminuzione del Pil del 12,4% rispetto al trimestre precedente e del 17,3% in termini tendenziali. era un dato atteso – dichiara Lucio Poma, responsabile scientifico e innovazione di Nomisma -. Tuttavia, è bene rimarcare che resta un dato medio, frutto di una sintesi, ci indica Istat, di una diminuzione del valore aggiunto in tutti i comparti produttivi, primario, secondario, terziario, senza fornirci però la specifica dell’effettivo calo in questi settori». 

Secondo Poma «il dato aggregato ci spaventa, ma ci racconta una realtà a metà. La metà che non ci racconta è quella positiva. Ci sono comparti che stanno procedendo bene e talune imprese crescono anche in quei settori che in termini aggregati crollano. Vi sono ampie differenze di performance connesse ai comparti, alle dimensioni dell’impresa e al contesto regionale e di filiera nel quale le imprese operano. Se da un lato questo dato spaventa, dall’altro c’è una parte economica che sta crescendo e sulla quale dobbiamo edificare le basi per la ripresa del paese nel suo complesso. Per questo non dobbiamo avere paura».

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