Auto aziendale: utilizzare parte dei 500 milioni di incentivi per allineare l’Italia all’Europa

Bitonci: «la tassazione italiana è eccessivamente onerosa e penalizzante per la competitività delle imprese italiane. Con la deduzione al 100% dei costi d’acquisto e dell’Iva si genererebbe maggiore gettito fiscale e occupazione».

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Dopo i primi 50 milioni di euro inseriti nel decretoRilancio” a favore dell’estensione del bonus rottamazione per chi acquista anche un’auto Euro 6 a motore termico con emissioni fino a 110 g/CO2/km, il governo Bisconte nell’ambito dell’ulteriore manovra da 25 miliardi di euro appena autorizzata dal Parlamento parrebbe intenzionato ad inserire altri 500 milioni a favore del sostegno del settore automotive per cercare di rilanciare un settore strategico per l’economia nazionale in termini di Pil e di occupazione, oltre che di gettito tributario.

Ora, bisogna vedere come saranno allocate le nuove risorse: una soluzione intelligente sarebbe l’allineamento della fiscalità dell’auto aziendale italiana a quella vigente negli altri grandi paesi europei. Ne è convinto il deputato della Lega e componente della Commissione finanze della Camera, il padovano Massimo Bitonci.

«Il sistema fiscale che vige sull’auto aziendale è eccessivamente penalizzante: oggi è possibile dedurre solo il 20% di un tetto di 18.300 euro e il 40% dell’Iva pagata – elenca Bitonci -. Si tratta di soglie troppo basse, buone forse per quando sono state introdotte oltre 15 anni fa e mai attualizzate, che fanno sì che gran parte del costo di un veicolo aziendale sia di fatto un onere non deducibile, penalizzando così la competitività delle aziende italiane e delle professioni rispetto ai concorrenti europei, dove l’auto aziendale ha soglie di deducibilità del 100% senza alcun tetto di spesa. Credo che sia giunta l’ora di portare l’auto aziendale italiana in Europa, allineando il regime fiscale nazionale a quello europeo, facendo cessare il regime di deroga da quello ordinario che si protrae da oltre vent’anni».

Secondo Bitonci «equiparare la tassazione italiana sull’auto aziendale a quella europea porterebbe numerosi vantaggi: secondo le stime delle case costruttrici e dei concessionari, tale provvedimento porterebbe ad un incremento strutturale delle vendite di almeno 300.000 nuovi veicoli all’anno, dando al settore un forte impulso. Inoltre, il bilancio complessivo scaturente da una completa deducibilità dell’auto aziendale comporterebbe anche interessanti ricadute sul fronte fiscale, che tra maggiore occupazione, maggiore giro d’affari potrebbe incassare pure un gettito maggiore rispetto a quello che perde».

Bitonci va oltre: «bisogna smettere di demonizzare l’auto come se fosse il peggiore dei nemici della società moderna. Non serve pompare risorse su prodotti ancora tecnologicamente immaturi come l’auto elettrica, che di fatto costituisce solo un consumo di nicchia e uno sfizio per chi è alla ricerca della seconda o terza auto di famiglia, che può permettersi di pagare un prezzo, al netto degli elevatissimi incentivi pubblici, ancora decisamente superiore a quello di un veicolo di simili caratteristiche spinto da un motore termico tradizionale. Oltretutto, i fondi pubblici stanziati dallo Stato italiano finiscono quasi esclusivamente per sovvenzionare la produzione estera, così come sta accadendo nel caso dei monopattini di produzione cinese, finendo con il penalizzare doppiamente l’economia nazionale».

Il deputato-commercialista padovano fa un bilancio anche dell’attuale sistema di incentivazione: «se si guarda al risultato ottenuto nel campo della vendita di veicoli elettrici nel 2019 questo è limitato solo a qualche migliaio di unità, mentre va un po’ meglio per quelli ibridi. Ma i fondi stanziati nel 2019 non sono stati completamente utilizzati, avanzando circa un 30%. Ma il problema è nel meccanismo del “malus” che penalizza le auto acquistate da gran parte delle aziende e famiglie italiane: è indispensabile cancellare tale provvedimento, stabilendo che gli incentivi pubblici vadano soprattutto a chi acquista veicoli nuovi omologati allo standard Euro 6 pieno, il più avanzato tra quelli disponibili, con motori termici che hanno fatto un drastico salto di qualità in fatto di consumi e di emissioni inquinanti, spesso ridotti a valori tali che non sono rilevabili. E se qualcuno è preoccupato che, nel caso delle auto aziendali, si possano dedurre anche le auto di lusso e sportive come una Ferrari da 200.000 euro, basta mettere un limite al livello di cilindrata, che potrebbe essere quella dei tre litri».

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