La frutticoltura dell’Emilia Romagna è dinanzi ad un bivio, tra continua perdita di superficie frutticola e i continui attacchi di parassiti che decimano la produzione.
Secondo il presidente dei frutticoltori di Confagricoltura Emilia Romagna, Albano Bergami, quest’anno «si prevede una crescita nella produzione di pere e mele rispetto al disastroso 2019, quando il raccolto venne decimato da parassiti – cimice asiatica in primis – e da varie patologie come la maculatura bruna. Tuttavia, pesa come un macigno la perdita di attrattività del sistema frutticolo regionale che in quindici anni ha abbandonato 19.000 ettari di superficie coltivata, di cui 6.000 ha a pere e 14.900 ha a pesche e b».
Bergami sferza ad una reazione la filiera per frenare la perdita di superficie frutticola e le istituzioni nazionali e regionali: «serve un piano di rilancio degli investimenti per garantire prima di tutto la sostenibilità economica, in una regione dove la frutticoltura rappresenta ancora il 15,5% della Produzione lorda vendibile agricola complessiva e che mette a valore oltre il 70% del raccolto di pere italiane».
Cinque i punti per il rilancio della frutticoltura regionale secondo Bergami: «non vietare l’utilizzo di molecole indispensabili per la difesa fitosanitaria della pianta senza aver prima individuato soluzioni alternative (la diffusione della maculatura bruna è incontrollabile perché negli ultimi anni sono stati banditi gli agrofarmaci necessari alla tutela della coltura); lavorare per migliorare l’efficienza delle strutture commerciali e incrementare l‘incisività sui mercati internazionali (l’aggregazione non è il fine bensì una tappa verso l’obiettivo che resta comunque la sostenibilità economica del settore); procedere con il tempestivo adeguamento della normativa a sostegno delle aziende agricole colpite da calamità, la legge n. 102 (questa norma si sta dimostrando uno strumento inadeguato per via delle mutate condizioni climatiche con forti e improvvisi contraccolpi sull’agricoltura) e, al contempo, riformare il sistema assicurativo per facilitare l’accesso a una più ampia compagine di agricoltori (occorrono polizze più convenienti e una burocrazia snella); infine bisogna correggere la stortura presente nel decreto “Rilancio”, che attualmente non include il comparto frutticolo tra i beneficiari».
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