Il Centro studi Confindustria (CsC) rileva una diminuzione della produzione industriale del 18,9% in giugno sullo stesso mese dell’anno precedente e del 29,1% in maggio sui dodici mesi. In termini congiunturali, ovvero rispetto al mese precedente, si è avuto un rimbalzo del 3,9% in giugno, dopo +32,1% rilevato in maggio. Gli ordini in volume sono diminuiti del 34,6% annuo in giugno (+6,3% sul mese precedente) e del 48,5% in maggio (+13,7% su aprile).
Dopo la riapertura delle attività industriali e dei servizi a partire da maggio, l’aumento della domanda – benché ancora modesto – ha attivato un recupero dell’offerta che nei due mesi della rilevazione è stato significativo in termini percentuali. I livelli, invece, restano notevolmente depressi e lontani da quelli pre-Covid (-21,4% l’indice di produzione rispetto a gennaio). Nel secondo trimestre l’attività nell’industria è stimata diminuire del 21,6%, in netto peggioramento rispetto all’andamento registrato nel primo (-8,4% sul quarto 2019).
I dati dell’Indagine Rapida del Centro studi Confindustria hanno evidenziato una significativa differenza della performance per tipologia di impresa: quelle con un’elevata propensione all’export (quota di fatturato esportato maggiore del 60%) hanno evidenziato un recupero più lento rispetto a quelle più orientate sul mercato interno. Tale tendenza è spiegata dalla diversa tempistica nella diffusione del virus nel resto del mondo; a causa di ciò la domanda di prodotti italiani si è interrotta o si è notevolmente ridimensionata nei partner commerciali che stanno attraversando la fase acuta della pandemia (in particolare USA e Sud America).
Per quanto riguarda la domanda interna, il recupero dovuto alla riapertura delle attività è soffocato da un’estrema incertezza sui tempi di uscita dalla crisi sanitaria in Italia. I dati recenti sono positivi, nonostante i timori legati alle riaperture; tuttavia, l’esplosione di alcuni focolai in diverse regioni e nuove misure restrittive nei Paesi che erano già stati duramente colpiti dal virus, accrescono la paura di un possibile peggioramento della crisi sanitaria dopo l’estate. Questo accentua negli operatori economici (famiglie e imprese) un atteggiamento prudenziale nella gestione dei bilanci, già evidente sin dal primo trimestre, che continua a frenare consumi e investimenti.
A gonfiare il risparmio precauzionale delle famiglie si aggiungono anche le preoccupazioni sulle prospettive del mercato del lavoro, in forte peggioramento negli ultimi mesi. Questa tendenza è confermata dai recenti dati Istat sull’andamento del tasso di risparmio delle famiglie, nel primo trimestre aumentato di quasi 5 punti, avendo raggiunto il 12,5% del reddito disponibile.
Il tasso di investimento delle imprese – misurato dalla quota di investimenti fissi sul valore aggiunto – è sceso al 20,9% (da 21,3% nel quarto trimestre 2019). I recenti dati sull’andamento della fiducia, seppure in graduale miglioramento, evidenziano un generale pessimismo (specie tra le imprese dei servizi), nonostante i numerosi provvedimenti finora introdotti.
L’indice di fiducia delle famiglie in giugno è ancora 10 punti inferiore rispetto a quello di gennaio (-35 punti la componente relativa al clima economico) e, seppure i giudizi sui bilanci familiari non siano molto negativi, le intenzioni di acquisto restano ancora depresse. Tra le imprese, la fiducia è di 33 punti più bassa rispetto a gennaio (-47,4 nei servizi di mercato); nel manifatturiero migliorano i giudizi sulla produzione, ma aumentano ancora le scorte: questo può essere dovuto a una dinamica della domanda inferiore rispetto a quella attesa dagli imprenditori (sulla base della quale è stata programmata la produzione) oppure alla cancellazione di ordini. In ogni caso non è un buon segnale sugli andamenti futuri della produzione.
In questa fase, la fiducia di imprese e famiglie rappresenta il fattore determinante per la ripartenza. In assenza di un miglioramento delle condizioni interne e internazionali che alimentano tale fiducia, l’efficacia delle politiche di sostegno alla domanda rischia di essere molto limitata e di aumentare ulteriormente il risparmio, vanificando in parte gli sforzi fatti finora.
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