È stato presentato il rapporto Analisi dei settori industriali edizione maggio 2020, curato dalla Direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo e da Prometeia. A causa dell’emergenza Coronavirus, il manifatturiero italiano è stato fortemente colpito sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta, registrando un calo dei livelli di attività che è stimato nell’ordine del 15% in media d’anno.
In questo contesto, l’unico settore in controtendenza è la Farmaceutica, in crescita attesa del 4,2% nel 2020, mentre per gli altri le prospettive sono all’insegna di una flessione, moderata per Alimentare e bevande (-4.4%) e Largo consumo (-10.1%) e più intensa per Sistema moda (-18.6%), Meccanica (-18.8%), Elettrodomestici (-22.1%) e Autoveicoli e moto (-25.9%), fortemente penalizzati dal blocco degli acquisti di famiglie e imprese, sia in Italia sia sui mercati internazionali.
Per il 2021, invece, è atteso un significativo rimbalzo, con una crescita del fatturato deflazionato pari al 5,3%. Nel triennio 2022-‘24 l’attività manifatturiera proseguirà lungo un percorso di graduale recupero, a ritmi di poco inferiori al 3% medio annuo. La ripresa costituirà un’opportunità di trasformazione e modernizzazione del nostro tessuto produttivo, accelerando processi di innovazione e digitalizzazione già avviati nell’ambito della transizione verso il 4.0, che andranno a rinvigorire il ciclo degli investimenti. In questo contesto di ritrovata fiducia, anche le tecnologie green giocheranno un ruolo chiave, alla luce del percorso già avviato nell’automotive e delle indicazioni tracciate a livello comunitario.
«L’industria italiana, così come l’intera economia mondiale, sta vivendo una fase di profonda crisi economica. La gestione dell’emergenza può, e deve, essere l’occasione per accelerare i processi di trasformazione, in particolare nell’ambito della sostenibilità ambientale e della digitalizzazione della nostra economia – commenta Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo -. Investimenti verso progetti e produzioni a basso impatto ambientale rappresentano un fattore competitivo e di sviluppo per l’economia. A maggior ragione dopo questa emergenza sanitaria, che ha permesso di verificare i vantaggi delle nuove tecnologie (dal controllo non tradizionale delle fabbriche, alle vendite online, allo smart working), occorre accelerare sul fronte della digitalizzazione con uno sforzo congiunto delle imprese, anche quelle di minori dimensioni, e delle istituzioni, per aumentare gli investimenti (infrastrutture, processi produttivi, software) ma anche le competenze, su cui l’Italia sconta un gap non più sostenibile».
Fatturato manifatturiero in calo a due cifre nel 2020 e in recupero parziale nel 2021
Il tessuto manifatturiero italiano si trova a dover fronteggiare una situazione particolarmente complessa, di crisi economica (e sanitaria) senza precedenti, dove shock di domanda e di offerta rischiano di avere effetti sulla tenuta di una parte della capacità produttiva. Le misure di contenimento dell’epidemia, adottate sia nel nostro paese sia nei vari paesi del mondo (in maniera asimmetrica nelle tempistiche di confinamento e nel perimetro di azione), hanno portato a un rapido deterioramento del contesto operativo, che stimiamo possano portare ad una contrazione del 14.7% dei livelli di attività del manifatturiero italiano nel 2020. A questa contrazione seguirà un recupero parziale nel 2021 (+5.3%).
Sull’intensità della ripresa gravano rischi al ribasso, derivanti da eventuali nuove fasi di stop and go che potrebbero prospettarsi con il ritorno di focolai del virus. Ulteriori rischi sono possibili sul fronte del commercio internazionale, già colpito nel 2019 dalle guerre tariffarie tra Stati Uniti e Cina, e che potrebbe registrare nuove tensioni legate alla diffusione della pandemia, considerando la prospettiva delle elezioni presidenziali americane.
Investimenti, consumi ed esportazioni risentono degli urti della crisi
Il ciclo degli investimenti (al netto delle costruzioni) si avvia verso un calo marcato. Particolarmente penalizzata la componente macchinari e mezzi di trasporto, che riflette un comportamento prudente delle imprese di fronte ad uno scenario che, anche nel 2021, non vedrà diradarsi tutti i fattori di incertezza. Segnali positivi emergono, invece, dalle componenti a maggior contenuto tecnologico, come quelle legate allo sviluppo dei servizi digitali, che hanno ricevuto nuovi impulsi durante la fase più acuta dell’emergenza.
Il blocco delle attività economiche ha interrotto anche la fase espansiva degli investimenti in costruzioni, con un andamento più negativo del comparto nuove abitazioni. Il recupero, visibile già nella seconda parte dell’anno, con la riapertura dei cantieri, si farà più intenso nel 2021, grazie al traino delle opere pubbliche e del pacchetto di incentivi alle ristrutturazioni, cui si è aggiunto l’ecobonus.
Anche l’evoluzione dei consumi interni è orientata in negativo nel 2020. Gli atteggiamenti prudenziali di spesa delle famiglie porteranno al posticipo degli acquisti di beni durevoli. In calo più rilevante i consumi di servizi (tra i quali spicca il turismo), legati a doppio filo alla mobilità e ai rischi di contagio. Fanno eccezione alcune voci di spesa, in aumento dallo scoppio della crisi (alimentari, detergenza casa/persona, farmaci e, in misura più contenuta, beni e servizi Ict).
Il deterioramento del contesto di domanda è visibile anche sul fronte estero. Nonostante risposte di politica economica più rapide e intense rispetto al passato, gli scambi mondiali sono attesi posizionarsi, nel 2020, sui livelli di sei anni fa. Le nostre esportazioni di beni manufatti sono stimate in flessione del 13.5% (a prezzi costanti), percentuale decisamente inferiore al calo registrato nel 2009 (-20%). Se infatti, in una prima fase, saranno penalizzate dalla forte esposizione verso i paesi e i settori più colpiti dalla crisi, potranno in seguito beneficiare di un recupero più rapido, che andrà intensificandosi nel 2021.
Diffuse contrazioni dal punto di vista settoriale, con l’eccezione della Farmaceutica
In questo contesto eccezionalmente negativo, spicca l’andamento della Farmaceutica (+4.2% l’incremento atteso dei livelli di attività 2020), in controtendenza con il resto del manifatturiero, non solo per il ruolo che ricopre nell’emergenza in atto, ma anche per la solidità dell’industria nazionale e per il suo posizionamento nelle filiere produttive globali. Si tratta dell’unico settore con prospettive di export in crescita, sia nel 2020 sia nel 2021, quando gli altri settori saranno impegnati in una fase di recupero di quanto perso durante la crisi.
Manteniamo prospettive di calo moderato dei livelli di attività 2020 (inferiore alla media manifatturiera) per Alimentare e bevande (-4.4%) e Largo consumo (-10.1%), che non sono stati toccati dal fermo produttivo e possono beneficiare del traino parziale dei consumi (alimentari e detergenza casa/persona, rispettivamente). All’interno dei settori, tuttavia, vi sono alcuni comparti che appaiono più penalizzati dalla fase di crisi, come quelli legati al turismo e al canale Ho.re.ca, nel caso dell’Alimentare e bevande, e la cosmesi nel caso del Largo consumo, che influenzeranno negativamente anche le esportazioni.
Prospettive meno negative emergono anche per gli Altri intermedi (-11.8%), sostenuti dall’aumento di domanda di prodotti in plastica e carta (legato all’emergenza sanitaria e ai provvedimenti di sicurezza messi in campo per fronteggiarla), per l’Elettronica (-13.4%), che trarrà sostegno dalla spinta agli investimenti in digitalizzazione e, in parte, dai consumi domestici (beni e servizi Ict) e per i settori legati al ciclo edilizio, Prodotti e materiali da costruzione (-13.7% nel 2020) ed Elettrotecnica (-14%).
Il traino dell’edilizia sarà visibile anche su alcuni comparti dei Prodotti in metallo (-16%) e della Metallurgia (-16.7%). I due settori, tuttavia, nel loro complesso, sconteranno maggiormente gli effetti della crisi, per via del legame intenso con la Meccanica e, soprattutto, con il mondo automotive, che con il suo rallentamento influenzerà pesantemente anche gli Intermedi chimici (-15%).
La Meccanica (-18.8%) si troverà a fronteggiare una marcata contrazione della domanda mondiale in corso d’anno, con effetti negativi sulle nostre esportazioni, e la battuta d’arresto del ciclo degli investimenti. Il settore Autoveicoli e moto (-25.9%) sperimenterà il calo dei livelli di attività più significativo del quadro manifatturiero, scontando effetti combinati del lockdown e della crisi, dal lato della domanda (posticipo acquisto beni durevoli) e dal lato dell’offerta (il fermo impianti lungo tutta la filiera comporterà un ritardo nella messa a disposizione dei nuovi modelli).
Nella parte bassa del ranking settoriale si posizionano anche Mobili (-15.4%), Sistema moda (- 18.6%) ed Elettrodomestici (-22.1%), penalizzati sul fronte dei consumi interni e delle esportazioni.
Per tutti i settori con livelli di attività in calo, si configura un percorso di parziale recupero che, a partire dalla seconda metà del 2020, si farà più intenso nel 2021.
Nel triennio 2022-’24 l’industria manifatturiera proseguirà lungo un percorso di ripresa, ma alcuni settori non colmeranno totalmente il gap con la fase pre-Covid
Sulla base del quadro attuale, stimiamo una crescita di poco inferiore al 3% medio annuo dell’industria manifatturiera nel triennio 2022-‘24, che non sarà totalmente sufficiente per tornare sui livelli di attività 2019.
Fanno eccezione Farmaceutica, Largo consumo, Alimentare e bevande ed Elettrotecnica, che al 2024 mostreranno livelli di attività in crescita rispetto al pre-Covid. Altri settori quali Meccanica, Altri intermedi ed Elettronica si posizioneranno, inoltre, poco al di sotto dei livelli 2019. Quelli ad oggi più colpiti dalla fase recessiva, Elettrodomestici, Sistema moda e Autoveicoli e moto, si dimostreranno invece più lenti anche in fase di ripresa nel medio termine.
Tuttavia, sono tanti i fattori in gioco nello scenario prospettico, alcuni potenzialmente in grado di imprimere un’accelerazione ulteriore al ritmo di recupero.
Le nostre esportazioni potrebbero trarre beneficio dalla regionalizzazione delle catene globali del valore
La domanda mondiale mostrerà un profilo di progressivo miglioramento che, secondo le nostre stime, nel 2024 porterà a superare dell’8.7% i livelli pre-Covid (a prezzi costanti). Il maggior dinamismo del commercio internazionale favorirà in primis la Meccanica, settore di punta dell’industria italiana, con effetti visibili anche sulle esportazioni complessive di beni manufatti e sul saldo commerciale: al termine dell’orizzonte di previsione potremo posizionarci quasi 5 punti percentuali sopra i livelli di export 2019 (sempre a prezzi costanti).
Questa stima include un’ipotesi di ricadute positive sulle esportazioni italiane derivanti da un processo di regionalizzazione delle catene globali del valore. La crisi internazionale potrebbe infatti accelerare processi di near-shoring che già si stavano avviando per alcuni settori. La necessità di garantire i cicli di fornitura anche nel caso di nuovi fenomeni epidemici, potrebbe spingere a una revisione del parco fornitori e dei mercati geografici di riferimento, nell’ottica di limitare i rischi connessi a una produzione frammentata su scala globale. Da questo scenario, in cui si investirà per irrobustire le piattaforme produttive continentali, per alcuni settori manifatturieri potrebbero derivarne vantaggi competitivi, con un guadagno di quote di mercato, soprattutto in quei comparti dove è più elevata la concorrenza dei produttori asiatici: Meccanica, settori produttori di beni intermedi (e.g. in metallo, in gomma e plastica e filiera legno-carta), Sistema moda. Il settore Autoveicoli e moto già opera con catene del valore a struttura prettamente regionale, perlomeno negli anelli più importanti della filiera. Il near- shoring potrebbe, ad ogni modo, rafforzare il ruolo dei subfornitori meno specializzati, che spesso per sopravvivere sono costretti a diversificare la loro produzione, rifornendo anche settori collaterali all’automotive.
I consumi torneranno sui livelli pre-Covid ma le preferenze di spesa cambieranno
Il superamento della crisi sanitaria riporterà i consumi su livelli pre-Covid nell’orizzonte al 2024, ma l’esperienza maturata durante la fase di emergenza sanitaria spingerà verso mutamenti permanenti nelle preferenze di spesa delle famiglie, quali un’elevata attenzione all’igiene personale/della casa e alla sanità, che si innesterà su trend strutturali di ricerca del benessere e dell’invecchiamento demografico. Il rafforzamento del valore della casa come luogo da vivere, comporterà un aumento delle spese per il comfort domestico (arredi e beni elettronici, a supporto di smart working, didattica a distanza, home entertainment). Il contesto qui delineato fa da sfondo a un recupero dei settori produttori di beni di consumo (Largo consumo, Mobili, Sistema moda), che tuttavia continueranno a risentire di un canale estero meno trainante rispetto a quello pre-crisi, per via delle forti pressioni competitive.
Nuovi impulsi dagli investimenti in automazione, digitalizzazione e tecnologie green
La fase di crisi accelererà alcuni processi di innovazione che già erano stati avviati nell’ambito della transizione verso il 4.0, e che troveranno continuità nello scenario di medio periodo, rinvigorendo il ciclo degli investimenti (maggior ricorso all’automazione nella gestione degli stabilimenti produttivi e della logistica, incremento delle attività realizzabili in remoto, che necessiteranno di una spinta verso la digitalizzazione). A trarne beneficio saranno soprattutto i livelli di attività di Meccanica ed Elettronica, ma ricadute positive di produttività ed efficienza si avranno su tutti i settori.
Riteniamo, inoltre, che venga mantenuta la rotta verso gli investimenti green, alla luce sia dei piani già annunciati in settori chiave quali l’automotive, sia delle indicazioni tracciate a livello comunitario, nell’ambito della nuova strategia industriale europea e del nuovo piano di azione per l’economia circolare. L’attuale emergenza rappresenta, quindi, solo un rallentamento di passo su una strada già tracciata, che consentirà a molti settori di acquisire maggior dinamismo. Oltre al settore Autoveicoli e moto, in marcia verso la riconversione degli impianti per la produzione di veicoli elettrici, anche altri settori (Elettrodomestici ed Elettrotecnica) potrebbero trarre vantaggio da questi trend, che andranno intensificandosi nel triennio 2022-’24.
Alcune specializzazioni che sono state identificate come prioritarie al funzionamento del paese durante la crisi, riceveranno grande attenzione anche in chiave prospettica. Su tutte la filiera Farmaceutica, che da tempo beneficia di consistenti piani di investimento sul territorio, ad opera di soggetti multinazionali, e che continuerà ad influenzare positivamente la crescita manifatturiera anche nel medio termine.
Da un punto di vista finanziario, l’industria manifatturiera italiana appare oggi più resiliente nell’affrontare la crisi
Negli ultimi anni si è consolidato un sostanziale recupero dei margini e della redditività dell’industria manifatturiera, che è stato possibile anche attraverso un severo processo di selezione e ristrutturazione intervenuto dopo la crisi del 2009-’13. Il trend trova conferma nel confronto internazionale, dal quale emerge anche un avanzamento sul fronte della liquidità e della patrimonializzazione delle imprese italiane. Il tessuto produttivo appare quindi potenzialmente più resiliente nell’affrontare la crisi anche con mezzi propri. Inoltre, gli strumenti messi in campo per sostenere i fabbisogni delle imprese durante la fase più acuta dell’emergenza, avranno un ruolo chiave nell’evitare che eventuali squilibri si riversino lungo le filiere, colpendo gli anelli più deboli della catena del valore. La combinazione di questi fattori, cui si aggiunge un contesto più favorevole sul fronte dei costi degli input produttivi (in calo del 2.8%, senza tensioni attese sul mercato delle commodity), farà sì che la redditività operativa del manifatturiero possa contrarsi in misura inferiore nel 2020, rispetto al 2009 (scendendo al 4.9%, secondo le nostre stime, contro il 3.8% registrato nel 2009), per poi recuperare gradualmente a partire dal 2021.
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