Rapporto Confcommercio-Censis su fiducia, consumi e impatto del Coronavirus

In 12 anni persi 22.000 euro a testa. Il 30% delle famiglie italiane nel 2020 rinuncerà alle vacanze. Sangalli: «la popolazione italiana è fortemente preoccupata sul suo futuro».

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Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.

Il rapporto Confcommercio-Censis ha misurato il clima di fiducia, propensione ai consumi e impatto della pandemia da Coronavirus tra le famiglie italiane ottenendo un quadro fortemente negativo.

A causa della crisi sanitaria e del conseguente confinamento domestico delle persone, il 42,3% delle famiglie ha visto ridursi l’attività lavorativa e il reddito, il 25,8% ha dovuto sospendere del tutto l’attività, il 23,4% è finito in Cig; quasi 6 famiglie su 10 nutrono il timore di perdere il posto di lavoro; tra i principali effetti sui consumi, il 48% ha dovuto rinunciare definitivamente a qualsiasi forma di vacanza (fine settimana, ponti, Pasqua, vacanze estive) e il 23% all’acquisto di beni durevoli (mobili, elettrodomestici, auto) già programmati; resta molto ampia la fascia di chi, dopo la riapertura del Paese, vede il futuro con pessimismo: il 52,8% vedenero” per la propria famiglia, ma la percentuale sale al 67,5% con riferimento alle prospettive del Paese.

Dopo un 2019 chiuso in forte rallentamento, il 2020 è iniziato – secondo l’Ufficio Studi Confcommercio – con un calo tendenziale del Pil del 4,8% nel primo trimestre e con veri e propri crolli ad aprile e maggio stimati, rispettivamente, in un -24% e -16%. Ma ciò che risulta particolarmente grave e preoccupante è che la crisi da Coronavirus si è abbattuta su un’economia già fortemente debilitata: tra il 2007 e il 2019, ciascun italiano ha perso oltre 21.600 euro di ricchezza. 

Un conto molto salato, prevalentemente a causa delle forti perdite di ricchezza immobiliare e finanziaria, alla cui cifra complessiva contribuisce anche una significativa contrazione di consumi pari a circa 900 euro procapite. Non deve quindi stupire se, partendo da questo scenario-base, acuito dalla crisi originatasi con la pandemia e il conseguente periodo di confinamento, l’impatto sulla fiducia delle famiglie sia stato piuttosto pesante. Dopo 6 anni, il saldo tra ottimisti e pessimisti torna a registrare valori negativi di entità mai raggiunta prima. 

Gli ottimisti, in aumento dal 2013, secondo il rapporto Confcommercio-Censis si dimezzano scendendo al 22,4%, mentre aumenta la quota di pessimisti che si attesta al 52,8%, più del doppio rispetto al 2019. L’ondata di sconforto connessa all’emergenza Coronavirus e alle sue conseguenze economiche sembra aver ridotto l’ampia forbice che ha sempre separato le prospettive della propria famiglia (tendenzialmente improntate ad un maggior ottimismo) da quelle più generali dell’Italia.

La percentuale dei pessimisti rispetto alla situazione del Paese è pari al 67,5%. Infatti, al primo posto tra gli effetti dell’emergenza sanitaria sui redditi, risulta proprio la riduzione dell’attività lavorativa e dei redditi da lavoro (per il 42,3%), seguita dalla sospensione totale dell’attività (25,8%) e dalla cassa integrazione (23,4%). 

Durante la fase di confinamento alcune attività specifiche sono state impedite e questo ha determinato, tra chi le aveva previste, la rinuncia ad alcune spese: circa la metà delle famiglie ha dovuto rinunciare definitivamente a periodi di vacanza già programmati e il 23% all’acquisto di beni durevoli, come mobili, elettrodomestici, auto. Per molte famiglie invece non si è trattato di una rinuncia definitiva ma di un rinvio alla fine dell’emergenza. 

Focalizzando l’analisi sul tema delle vacanze estive, a regnare è l’incertezza: oltre la metà delle famiglie non ha infatti programmato nulla e circa il 30% rimarrà a casa non avendo la disponibilità economica. Percentuale, quest’ultima, che sale al 57% per i livelli socio economici bassi. Solo il 9,4% si permetterà il “lusso” di partire per le ferie, ma con una riduzione di budget e di durata. 

Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, «il rapporto Confcommercio-Censis delinea un Paese in forte difficoltà e mai così preoccupato. In sintesi: produzione lenta, rischio disoccupazione, crollo della fiducia e dei consumi. Bisogna reagire in maniera più decisa. Subito più liquidità alle imprese, più investimenti a cominciare dallo sblocca cantieri, meno tasse e meno burocrazia. Solo così si può ricostruire l’economia e la fiducia del Paese».

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