Cgia alle Pmi solo le briciole dei contributi a fondo perduto

Critiche anche da Cna Veneto Ovest: «maxi provvedimento per non scontentare nessuno, senza proporre una visione di Paese». 

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Senza credito mina fiscale

Anche dal mondo dell’artigianato si levano critiche ai contenuti del neonato decreto Rilancio che riserva per le piccole e medie imprese solo le briciole: «solo pochi spiccioli. In altre parole, con i contributi a fondo perduto il Governo sta offrendo un bicchiere d’acqua a tutti, ma non è nelle condizioni di togliere la sete a coloro che ne hanno veramente bisogno» commenta il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, dopo aver visto  i risultati emersi dalle simulazioni effettuate su alcune attività economiche che fra qualche settimana riceveranno un contributo a fondo perduto dallo Stato. 

«E’ vero che oltre agli indennizzi diretti è stato introdotto l’abbattimento dell’Irap, la riproposizione dei 600 euro, la detrazione del 60% degli affitti delle attività che hanno visto crollare di almeno il 50% del fatturato negli ultimi 3 mesi e il taglio delle bollette – afferma il segretario della Cgia, Renato Mason -, ma tutto questo è ancora insufficiente a colmare la rovinosa caduta del fatturato registrata in questi ultimi mesi da tantissime piccole imprese». 

La simulazione relativa agli effetti dei contributi a fondo perduto sono modestissimi. I sette esempi sono stati realizzati su micro e piccole aziende che nel mese di aprile 2020 sono state obbligate a chiudere l’attività per decreto.

Un parrucchiere con un fatturato medio annuo di 70.000 euro e una perdita, aprile 2020 su aprile 2019, di oltre 5.833 euro, riceverà, stando alle disposizioni del “decreto Rilancio”, il 20% di questo disavanzo, pari a 1.167 euro.

Un negozio di abbigliamento con un fatturato annuo di 180.000 euro presenta una perdita ad aprile 2020 sullo stesso mese dell’anno scorso di 15.000 euro. Con questa cifra riceverà dallo Stato 3.000 euro, cioè il 20% della perdita.

Un’impresa edile con 450.000 euro di fatturato presenta una caduta del fatturato di 37.500 euro. Dalle disposizioni del “decreto Rilancio” riceverà 5.625 euro. Importo ottenuto applicando il 15% sulla perdita. Stesso trattamento per un’azienda tessile con ricavi annui di 500.000 euro e un disavanzo di 41.667 euro, incasserà dallo Stato 6.250 euro, pari al 15% della perdita.

A calare gli indennizzi per le realtà con fatturati maggiori: una concessionaria auto con un volume di affari annuo di 1,1 milioni di euro e un disavanzo mensile di 91.667 euro, incasserà un indennizzo di 9.167 euro, ovvero il 10% del disavanzo, così come un mobilificio con un volume di affari di 1.700.000 euro e un disavanzo di 141.667 euro, verrà indennizzato con 14.167 euro. Lo stesso per un’attività alberghiera con 5 milioni di fatturato e una perdita ad aprile 2020 su aprile 2019 di 416.667 euro, incasserà 41.667 euro, vale a dire il 10% della perdita.decreto rilancio

Critiche al decreto Rilancio anche da Cna Veneto Ovest: secondo la presidente Cinzia Fabris «il continuo tira e molla di questi giorni alla fine ha portato, più che a una vera e propria ricetta di rilancio, ad ottenere un maxi provvedimento con tante misure fatte per accontentare chi si lamenta e non scontentare troppo nessuno. Le cifre messe in campo sono decisamente importanti: quasi 55 miliardi d’interventi non sono poca cosa. Nell’attesa di disporre del documento definitivo, emerge tuttavia l’assenza di una vera visione di Paese, di una presa di responsabilità forte, indispensabile in un’emergenza come questa». 

Per Fabris «questi sono i tempi per i quali bisogna avere il coraggio di fare determinate scelte, anche dolorose e non da tutti condivisibili, ma che inserite in una strategia possono portare a una ripartenza vera, non solo di facciata. Una cosa è certa; con questo decreto l’Italia s’indebita ancora, ma per arrivare a cosa? Ogni impresa si costruisce anche con i debiti, e noi artigiani e imprenditori locali lo sappiamo fin troppo bene. La differenza però tra trasformare i debiti in successo, e non in fallimento, la fa la strategia adottata e implementata. Bisogna prevedere i risultati che si punta ad ottenere, e pianificare tutti i passi per raggiungerli. E la sensazione è, ancora una volta, che, oltre a non vedere tutto questo nelle strategie del Governo, emergeranno ulteriori complicazioni nell’attuazione delle misure, come è già accaduto». 

«Le attività produttive si sostengono non tanto, o non soltanto, con l’assistenzialismo, che andava bene nella primissima fase dell’emergenza – prosegue Fabris – ma con una vera politica per creare e tutelare il valore del marchio Italia. Per esempio, molto bene gli aiuti a fondo perduto anche per le micro attività, ma tutto questo andrebbe sostenuto integrando anche azioni di supporto più generose alle filiere, in particolare quelle che lavorano con l’estero. Questo aiuterebbe le molteplici piccole e medie aziende che operano in sub-fornitura generando un valore aggiunto via via distribuito a livello di comunità locali, rendendole socialmente più forti. E sarebbe il primo mattone di un rilancio vero, fondato sulle doti uniche delle nostre imprese: flessibilità produttiva, adattamento, resilienza, capacità di personalizzazione di prodotti e servizi con un’artigianalità che il mondo c’invidia».

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