Coronavirus come infortunio sul lavoro: imprenditori terrorizzati dai risvolti penali

Le opposizioni di centro destra chiedono modifiche alla norma: «non si può colpevolizzare a prescindere chi intraprende». Eccher: «difficile accertare la reale origine del contagio. E’ più probabile che questo avvenga a casa o durante le relazioni sociali del dipendente più che in azienda». 

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Coronavirus come infortunio sul lavoro

L’ultima follia che sta per cadere sulla testa degli imprenditoricolpevolisolo di voler lavorare e di creare ricchezza per sé e per i propri dipendenti sta nella norma (l’art. 42 del decreto “Cura Italia”) che ha equiparato la contrazione in azienda del Coronavirus come infortunio sul lavoro invece che come malattia. Una differenza dalle notevoli conseguenze, soprattutto penali, in capo all’imprenditore.

In un momento come l’attuale, con le imprese già in crisi per la chiusura perdurante oltre il necessario e il conseguente rischio che molte non riescano a ripartire, non serve scagliare un’ulteriore tegola in testa a quei malcapitati che s’ostinano a voler lavorare e a rischiare in proprio senza arrendersi all’assistenzialismo del reddito di cittadinanza e al lavoro in nero.

Dalle categorie imprenditoriali si parla senza mezzi termini di «follia» e di «cortocircuito normativo» il considerare il Coronavirus come infortunio sul lavoro, in quanto con l’attuale articolazione della norma diventa una sfida praticamente invincibile dimostrare, da parte dell’imprenditore, di essere in regola e di avere rispettato tutti i disciplinari di prevenzione dal contagio di Coronavirus. Di fatto, l’attuale formulazione della norma, unitamente ad una certa facilità manettara da parte di molti procuratori, apre ad una colpevolizzazionea prescindere” dell’imprenditore.

Una cosa assurda, anche dal punto di vista sanitario: «ritenere il Coronavirus come infortunio sul lavoro costituisce una pesantissima presunzione di responsabilità in capo all’imprenditore – commenta il prof. Claudio Eccher, già primario di chirurgia presso l’Ospedale di Trento e oggi impegnato con l’Ordine dei medici provinciale nella prevenzione della pandemia da Coronavirus – quando statisticamente è di gran lunga più probabile che il contagio avvenga durante il periodo che un dipendente trascorre a casa e a contatto con parenti e conoscenti, dove la prevenzione anti contagio è probabilmente inferiore a quella presente in azienda».

Dalla politica, le opposizioni di centrodestra chiedono un deciso cambiamento di rotta. «Dinanzi alla disponibilità delle aziende di mettere in atto protocolli di prevenzione che comportano anche grandi investimenti, si ha l’impressione che il governo BisConte sostenga le imprese solo a parole – afferma lasenatrice trentina di Forza Italia, Elena Testor -. E’ necessario che il governo intervenga al più presto per modificare una norma che condanna a prescindere gli imprenditori».

Commenta come imprenditore più che da politico il deputato azzurro bellunese Dario Bond: «siamo all’assurdo dove il governo BisConte, invece di sostenere l’impresa che crea ricchezza e posti di lavoro, colpisce l’imprenditore rendendolo colpevole a prescindere e rendendogli praticamente impossibile provare la sua correttezza. Il governo deve correggere una pesante stortura giuridica».

Reazioni anche dalla Lega: «la pattuglia parlamentare è già all’opera da qualche giorno presentando correzioniad una norma francamente ingiustificabile che finisce solo per demonizzare l’impresa e l’iniziativa imprenditoriale – commenta la capogruppo nel Consiglio provinciale di Trento, Mara Dalzocchio -. Fare impresa in Italia, già devastata dall’emergenza economica da Coronavirus e asfissiata da una burocrazia stratosferica, è ormai uno sforzo titanico. Invece di favorire chi rischia e chi investe sul futuro proprio e altrui, stiamo assistendo ad una gara a chi fa meglio per uccidere l’impresa. Dinanzi ad un debito pubblico e alla disoccupazione in decisa crescita, è necessario che qualsiasi governo agevoli la creazione di ricchezza e posti di lavoro che può avvenire solo attraverso la produzione di beni e di servizi, non con il reddito di cittadinanza e con l’assistenzialismo di Stato, come vorrebbe gran parte della maggioranza che sorregge il governo BisConte, quello più spostato a sinistra della storia repubblicana».

Di più: secondo Dalzocchio «se non si cambia subito la norma, si rischia di uccidere nella culla qualsiasi tentativo di ripresa dal dopo Coronavirus, in quanto con una pesantissima ipoteca di carattere penale sulla testa degli imprenditori saranno ben pochi a rischiare di finire in galera per una responsabilità non propria».

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