Cgia: il Coronavirus allunga i tempi di pagamento alle Pmi

Un’impresa su due denuncia la sempre maggior penuria di liquidità derivante da incassi ritardati da committenti privati.

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Bilanci delle banche Ritardi di pagamento Panetta Liquidazioni ex dipendenti pubblici tassi d'interesse

Una piccola azienda su due, secondo la Cgia, segnala che i tempi di pagamento dei committenti privati si sono allungati a dismisura e questo sta mettendo a rischio la tenuta finanziaria di tantissimi autotrasportatori, produttori di imballaggi e di una parte di attività metalmeccaniche che, in questo periodo di confinamento forzato, hanno comunque lavorato, finendo con l’aggravare la carenza di liquidità di realtà che già in condizioni di normalità economica sono spesso a corto di liquidità e sottocapitalizzate.

Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo, «la questione liquidità per le piccole imprese è dirimente. Se anche coloro che hanno lavorato faticano ad incassare le proprie spettanze, è evidente che bisogna cambiare registro. Ovvero, stop a prestiti bancari a tassi comunque non proprio prossimi allo zero, che costringono le attività ad indebitarsi ulteriormente. , invece, a contributi a fondo perduto. Se con troppi debiti le piccole imprese sono destinate a saltare, lo Stato, invece, anche con un debito pubblico maggiore, può reggere, grazie anche alle misure che la Bce e l’Unione Europea metteranno in campo nei prossimi mesi».

A sostegno della tesi che le piccole aziende vanno aiutate con trasferimenti aggiuntivi a fondo perduto, la Cgia cita lo studio presentato nei giorni scorsi dalla Banca d’Italia, oltre a quanto già fatto in Germania dove, per sostenere le piccole imprese, il governo e i länder tedeschi hanno erogato, alle realtà con meno di 15 addetti, fino a 15.000 euro a fondo perduto.

Il problema liquidità e dei tempi di pagamento che si allungano è generalizzato a tutte le attività. Molte hanno cominciato a “recuperareflussi di cassa non pagando alcune scadenze. «Non sono pochi gli artigiani e i piccoli commercianti che hanno deciso di mitigare il forte calo dei flussi di cassa registrato in questo ultimo mese e mezzo non pagando le bollette di acqua, luce, gas, l’affitto o le spese condominiali. E’ il caso di tanti calzolai, tappezzieri, orafi, gelatieri, pasticceri, sartorie, fiorerie, barbieri, parrucchieri, estetiste, bar, ristoranti e negozi vari che per legge hanno dovuto tenere chiuso l’esercizio – commenta il segretario della Cgia, Renato Mason -. Anche chi ha potuto tenere aperto, come i fotografi, gli ottici e le pulitintolavanderie, ricavi ne ha fatti molto pochi e sta riflettendo se con la fine del confinamento avrà comunque senso continuare l’attività. Per questo, oltre a dare liquidità a fondo perduto a queste piccole attività, è necessario anche un taglio fiscale importante sin da subito».

In merito alla cosiddetta “fase 2”, la Cgia auspica che le attività possano aprire quanto prima. Sorprende e che non si parli per nulla della cosiddetta “fase 3”, vale a dire quella del rilancio economico: il governo BisContenon sembra avere un piano di rilancio, un progetto, un’idea sul futuro del Paese. Un’azione che sarebbe indispensabile, anche per dettare la linea a tanti imprenditori che dopo questa esperienza si sentono disorientati e confusi.

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