Gli industriali del Trentino mordono il freno per fare ripartire la produzione, sollecitati anche dall’essere all’interno delle catene manifatturiere della produzione europea che utilizza molta componentistica prodotta da aziende attive in Provincia. Anche perché anche in Trentino, come nel resto del NordEst, la pandemia da Coronavirus ha comportato la chiusura del 33% delle aziende manifatturiere, mentre il 38,5% ha marciato a ritmo ridotto e solo il rimanente ha lavorato a pieno ritmo.
La manifattura trentina attende risposte concrete sia dal governo centrale che dalla provincia di Trento che, complice l’Autonomia speciale, ha in tema di ripresa produttiva e di supporto finanziario specifichecompetenze e procedure autorizzative. E, soprattutto sul lato del supporto finanziario, gli industriali trentini guardano con un pizzico d’invidia i colleghi altoatesini che possono contare su un concreto e robusto supporto della provincia di Bolzano che si è dimostrata particolarmente sollecita nell’intervenire a supportodella sua manifattura, dalla quale dipende una bella fetta del gettito tributario che alimenta il bilancio dell’Autonomia altoatesina.
Con Fausto Manzana, presidente di Confindustria Trento e del Gruppo Gpi (leader italiano e uno dei principali protagonisti nell’erogazione di servizi sanitari) alcune riflessioni sull’andamento dell’economia trentina e sui futuri scenari.
Presidente Manzana, che pensa del fatto che la marcia del Trentino in tema di economia è sempre più lenta dei cugini altoatesini?
Sono solo 15 anni che i governi del Trentino hanno perso il treno dei cugini altoatesini, con un’economia che viaggia a rilento e con politiche di settore meno efficaci, che si traducono anche in minore crescita e, cosa importante per il particolare assetto autonomistico trentino, anche in minore gettito tributario che va ad alimentare il bilancio della provincia di Trento. Le differenze sono sostanziali e si vedono anche nei numeri dei bilanci delle due autonomie provinciali, con il Trentino staccato abbondantemente di oltre un miliardo di euro rispetto all’Alto Adige. Si sono viste anche in occasione dell’ultima tornata di bilancio, quando il rallentamento del ciclo economico era già chiaramente percepibile, con la provincia di Bolzano che ha provveduto da subito ad autorizzare nel bilancio 2020 il ricorso al debito, mentre il Trentino lo ha rimandato all’assestamento di bilancio di giugno 2020. Una differenza che fa sì che in Alto Adige si possano utilizzare da subito, a partire dallo scorso mese di gennaio, le cifre che si libereranno dall’assestamento di bilancio (quantificabili attorno ai 300 milioni di euro circa) a giugno, mentre in Trentino queste poste potranno realmente esercitare la loro potenzialità solo nell’ultima parte dell’anno. In questo modo l’economia trentina perde per circa 9-10 mesi un prezioso supporto che, con lo scoppio della pandemia da Coronavirus alla fine di febbraio con il conseguente blocco generalizzato di gran parte delle attività, sarebbe ancora più strategico poterne disporre.
La mossa della provincia di Bolzano di giocare d’anticipo è stata azzeccata.
Non c’è ombra di dubbio, mentre in Trentino il governo provinciale è stato troppo titubante, indeciso su quale strategia adottare. E poi, non si è trattato di fare effettivamente nuovo debito, ma solo un’anticipazione contabile di futuro flusso certo di cassa.
In Alto Adige la Provincia è già intervenuta a sostegno dell’economia locale e delle famiglie, mentre in Trentino si sta ancora discutendo su quale strategia adottare. Cosa si aspettano gli industriali del Trentino dal governo locale?
Si deve dare una scossa al mondo della produzione anche per supportare gli altri settori dell’economia locale, dal turismo al commercio, che hanno problematiche più forti del mondo industriale. Bisogna cercare di fare ripartire al più presto la manifattura, pur garantendo tutte le sicurezze del caso, anche perché i nostri interlocutori internazionali non ci stanno ad aspettare ancora a lungo e il rischio, sempre più forte man mano che si ritarda la ripresa, è di perdere mercati strategici per il tessuto imprenditoriale locale. Mi rendo conto che è la prima volta che ci dobbiamo confrontare con un evento di questa portata, cosa che rende difficile una risposta da parte degli amministratori pubblici e degli enti di controllo. A quest’ultimo riguardo, c’è ancora da chiarire se l’eventuale contagio da Coronavirus di un dipendente sia da considerarsi una malattia o un infortunio sul lavoro, con tutto quel che ne consegue nel secondo caso in tema di responsabilità in capo all’imprenditore. Soprattutto, vorremmo avere un quadro di riferimento il più possibile chiaro e univoco, senza avere disposizioni che cambiano continuamente e che mettono in fortissima difficoltà l’impresa. Con l’unica certezza che dovremo abituarci a vivere e produrre in un contesto di Coronavirus che durerà almeno un anno abbondante prima che possa essere definitivamente debellato.
La pandemia da Coronavirus ha avuto comunque un effetto positivo sul mondo della manifattura: si è sperimentata massicciamente una “rivoluzione” organizzativa con il telelavoro da casa che mai prima si era tentata.
Forse il nostro settore è quello storicamente più legato alla timbratura del cartellino delle presenze in entrata e in uscita, sia per gli addetti delle linee di produzione che per quelli amministrativi. Detto che la produzione quando riguarda oggetti fisici è impossibile da delocalizzare, tutto il resto è possibile farlo in ambiti diversi dalla fabbrica. La pandemia da Coronavirus è stata un eccezionale esperimento sociale che ha consentito di superare di slancio in tutti gli ambiti dubbi e pregiudizi, sperimentando sul campo come sia possibile una diversa e più efficiente organizzazione del lavoro, per di più con minore impatto ambientale e maggiore soddisfazione da parte dei dipendenti, che hanno avuto a disposizione una più ampia elasticità organizzativa e tempo libero. Il tutto senza perdere di produttività, se si eccettua la fase iniziale della nuova organizzazione, anzi pure guadagnandoci in efficienza e in soddisfazione dei collaboratori. Credo che in quest’ambito sarà difficile tornare indietro.
Per assecondare una completa rivoluzione dell’organizzazione del lavoro da remoto ci vorrebbe una maggiore disponibilità di collegamenti a banda larga.
Sicuramente, e qui la Provincia può e deve giocare un ruolo strategico, spingendo sulla cablatura del cosiddetto “ultimo miglio”, portando la fibra ottica direttamente a tutti gli utenti per garantire una banda larga effettivamente tale per assicurare l’uso massiccio della teledidattica che sarà fondamentale per la riapertura delle attività didattiche.
Torniamo sul piano finanziario. La provincia di Trento dovrebbe approvare entro la fine del mese qualche forma di ulteriore sostegno all’economia locale. Quali sono le richieste degli industriali del Trentino?
Sarà difficile che, stante i numeri attuali del bilancio provinciale, la giunta trentina possa dare un supporto finanziario forte alle imprese. Qualcosa è già stato fatto mettendo a disposizione linee di credito agevolato aggiuntive a quelle statali, ma reputo difficile che si possa arrivare a provvedimenti di sovvenzioni e di ristoro parziale a fondo perduto dei danni subiti dalle imprese per la chiusura forzata delle attività. Come imprenditori vorremmo vedere una maggiore capacità strategica nella programmazione a media-lunga scadenza, ad iniziare dalle opere infrastrutturali che stanno per interessare il Trentino, come il quadruplicamento della linea ferroviaria del Brennero o il completamento dell’autostrada A31 della Valdastico. Oppure a grandi eventi di caratura mondiale come le Olimpiadi invernali 2026. Ci piacerebbe vedere più investimenti nello sviluppo e meno spesa corrente, anche per assicurare alle casse dell’Autonomia trentina una base sicura di risorse su cui poggiare nel futuro, cosa già accaduta in Alto Adige con buon successo. Certo, l’attuale governo provinciale trentino è in forti difficoltà anche nella corretta guida della struttura burocratica provinciale. Servirebbe più determinazione e visione strategica per affrontare le sfide dell’oggi e del futuro.
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