L’emergenza Coronavirus avrà effetti molto pesanti sui bilanci delle autonomie speciali del NordEst, tanto che s’inizia a riflettere sul come fronteggiare le enormi spese per fronteggiare la ricostruzione e il forte calo del gettito tributario locale che alimenta i bilanci, con trasferimenti da parte dello Stato ridotti alla marginalità.
Friuli Venezia Giulia e Trentino s’interrogano sulla possibilità di rivedere gli accordi finanziari che regolano la compartecipazione delle due autonomie speciali al risanamento dei conti nazionali, anche alla luce del fatto che il risanamento statale non è mai avvenuto, anzi è pure peggiorato, e che i rispettivi bilanci subiranno un deciso calo delle entrate a causa della riduzione dell’attività economica e del conseguente gettito tributario da parte delle imprese attive nei due territori.
In Trentino il “buco” nei conti pubblici derivanti dall’emergenza da Coronavirus s’aggira attorno ai 380 milioni di euro, cifra che eguaglia quasi il contributo che l’Autonomia trentina “gira” alle casse centrali, dalle quali il sostegno per il superamento delle spese sostenute per affrontare la pandemia è ridotto al lumicino. L’idea che si sta esaminando è bloccare il trasferimento da Trento a Roma del contributo per fronteggiare l’emergenza e sostenere il rilancio dell’attività produttiva locale.
Lo stesso si pensa di fare in Friuli Venezia Giulia, dove l’ammanco stimato nel bilancio 2020 s’aggira attorno a 500-600 milioni, con pesanti ripercussioni anche negli anni a venire. «Noi viviamo della nostra produzione e quindi o ci permettono di fare debito o ci fanno trattenere le nostre risorse, alternative non esistono – ha detto il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga -. I soldi che versiamo in più allo Stato ogni anno come Regione si devono trattenere per darli a imprese, cittadini e per tenere aperti gli ospedali. Venerdì avrò un incontro con il Governo per chiedere risposte sui problemi delle regioni a Statuto speciale. I contributi che possiamo dare, gli interventi che facciamo e i soldi per la sanità, derivano dai contributi che i cittadini pagano, perché noi viviamo di compartecipazioni su questi temi, non di trasferimenti dallo Stato».
Fedriga evidenzia un altro problema: «la Regione, a differenza dello Stato, non può fare debito per spesa corrente. Quindi, se noi non abbiamo gli introiti, se non possiamo fare debito per spesa corrente per aiutare imprese e famiglie, dobbiamo dire che i soldi che versiamo in più allo Stato ogni anno come Regione si possano trattenere. L’alternativa – secondo Fedriga – dinanzi ad un crollo del gettito tributario locale è la chiusura degli ospedali».
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