Il decreto “Cura Italia” emanato dal Governo non convince gli industriali delle province di Venezia-Rovigo e Belluno e gli operatori del terziario di Confcommercio Trentino.
I presidenti delle due associazioni imprenditoriali venete che rappresentano cinque distretti strategici per l’economianon solo regionale (il calzaturiero della Riviera del Brenta, il vetro artistico di Murano, l’ittico di Rovigo e Chioggia, la giostra del Polesine e l’occhiale bellunese), Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo e Lorraine Berton, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, da una prima lettura del testo denotano una totale disattenzione nei confronti dell’impresa, il motore economico dell’intero Paese.
Sotto il profilo lavoristico, il decreto legge appare poco chiaro in alcuni passaggi, tra i quali la conversione della Cig ordinaria in cassa Covid-19. Le risorse stanziate per quest’ultima ammontano complessivamente a 1,3 miliardi di euro e sono da ritenersi insufficienti. Al massimo, infatti, possono servire per poco più di 350.000 dipendenti. Basti pensare che, ad oggi, sono oltre 3.000 i lavoratori delle imprese associate a Confindustria Venezia e Rovigo che si sono già affidati agli ammortizzatori sociali. Mentre per Belluno lo stesso dato supera le quattromila unità.
In ambito fiscale, le aziende con più di 2 milioni di fatturato, una componente fondamentale del Pil italiano, non hanno ottenuto alcuna sospensione, di fatto, per quanto riguarda il pagamento delle imposte, dei contributi previdenziali e dell’Iva. Non è prevista la sospensione degli adempimenti legati ad appalti e subappalti e il differimento dei termini di versamento dei carichi affidati all’agente della riscossione è irrisorio.
«È fondamentale per la tenuta del nostro Paese che al più presto venga emesso un decreto che intervenga sugli elementichiesti da Confindustria, per favorire la liquidità all’interno delle aziende – dichiara Marinese –. Agli imprenditori bisogna dare certezze. Diversamente, si corre il rischio da un lato di suscitare una delusione tale da compromettere la loro fiduciaverso il Paese, dall’altro di smentire nei fatti il ministro dell’Economia. Infatti, se le aziende saranno costrette a chiudere, tante persone perderanno il posto di lavoro. Dobbiamo dunque sostenere chi genera Pil, chi dichiara continuamente i propri redditi e chi ha reso l’Italia la seconda potenza manifatturiera d’Europa».
«Questo decreto legge – aggiunge Berton – non garantisce alle imprese gli strumenti necessari ad affrontare questa crisi, che – a detta di molti economisti – rischia di essere peggiore rispetto a quella del 2008. La concessione di una proroga di soli quattro giorni – dal 16 al 20 marzo 2020 – per le imprese con fatturati superiori ai 2 milioni di euro è uno schiaffo in faccia a quegli imprenditori, e sono tantissimi, che, con senso di responsabilità, coraggio e sacrificio, tengono in piedi il Paese, anche nei momenti difficili come questo. Di fronte a situazioni straordinarie servono strumenti straordinari, altrimenti questo virus rischia di provocare molte vittime anche tra le nostre imprese».
Critiche al decreto “Cura Italia” anche da Confcommercio Trentino: «per le imprese – spiega il presidente, Giovanni Bort – si è fatto troppo poco: gli effetti dello “shutdown” dell’Italia sono devastanti sui nostri comparti».
Per un sistema economico come quello italiano, e Trentino in particolare, le conseguenze della chiusura della pressoché totalità degli esercizi commerciali, dei ristoranti, dei pubblici esercizi, degli alberghi, del terziario rappresenta un colpo pesantissimo. «Posto che non è in discussione lo stato di necessità che contraddistingue i provvedimenti decisi dal governo – secondo Confcommercio Trentino – bisogna essere più incisivi nelle misure a sostegno delle imprese: il decreto “Cura Italia”, da questo punto di vista, presenta numerose lacune e criticità».
«Non possiamo giudicare – dice Bort – le misure attuate per contenere la diffusione del coronavirus. La salute prima di tutto: vale anche per noi, per i nostri imprenditori e per le loro aziende. Però, visto l’impatto devastante che i provvedimenti hanno sul terziario, oggi e per molti mesi a venire, ci aspettiamo che il governo metta in campo azioni molto più significative. In queste ore abbiamo analizzato approfonditamente ciascun articolo del decreto e riteniamo che sia insufficiente a sostenere le aziende. Auspichiamo che gli interventi vengano potenziati e ampliati quanto prima».
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