Le banche non credono nell’impresa: crollato il credito

Cgia: «bisogna ridare liquidità alle Pmi soprattutto a fine crisi coronavirus».

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Le banche non credono nell’impresa: tra il 2018 e il 2019 gli impieghi vivi erogati dal sistema creditizio all’intero sistema imprenditoriale italiano sono diminuiti di 33,4 miliardi di euro (-4,9%). Una caduta, osserva la Cgia di Mestre, che ormai dura ininterrottamente dal 2011.

«In un momento di emergenza nazionale non è il caso di fare polemiche. Tuttavia, è necessario consentire alle Pmi di accedere con più facilità al credito, mettendo le banche nelle condizioni di farlo – afferma il coordinatore dell’Ufficio studidella Cgia, Paolo Zabeo -. A parità di costi, o quasi, ma con fatturati in caduta libera, se nelle prossime settimane le aziendenon avranno a disposizione la liquidità per far fronte alle esigenze di ogni giorno, nel giro di qualche mese molte di queste rischiano di chiudere definitivamente i battenti».

Nel decreto anticrisi che dovrebbe essere approvato entro domenica 15 marzo ci saranno delle novità. Purtroppo, dalle indiscrezioni uscite in questi giorni pare di capire che solo in parte il Governo riuscirà a dare una risposta esaustiva alla necessità delle Pmi di risolvere questo problema. Staremo a vedere, anche se va salutato positivamente l’accordo sottoscritto nei giorni scorsi tra le banche e il mondo delle imprese sulla moratoria sui debiti.

La situazione va affrontata anche su scala europea: «è importante promuovere un intervento concertato con gli altri Stati presso le istituzioni europee affinché la Bce eroghi speciali finanziamenti alle banche con un vincolo di destinazione a favore delle piccole e medie imprese – sottolinea il segretario della Cgia Renato Mason -. E’ necessario fare in modo che entro una certa soglia, ad esempio sotto i 250.000 euro, le procedure di erogazione del prestito avvengano in tempirapidissimi. E’ necessario, altresì, attivare strumenti di finanziamento alternativi al credito bancario, perseguendo uno sviluppo economico meno banco centrico, anche attraverso l’attuazione di politiche pubbliche di sostegno alle imprese».

La decisione della BCE di giovedì scorso di rifinanziare il “Quantitative easing”, portando gli interventi a 35 miliardi di euro al mese, è sicuramente una buona notizia, anche se rimangono molto lontani i tempi in cui il volume degli acquisti aveva toccato, tra aprile 2016 e il marzo 2017, gli 80 miliardi di euro al mese. In un momento in cui la congiuntura economica sta velocemente scivolando verso la crisi economica più pesante degli ultimi 75 anni, tutti si aspettavano una scelta più coraggiosa.

Visto che l’Unione Europea sembra intenzionata a “superare” i vincoli imposti da Maastricht, per la Cgia è arrivato il momento che la pubblica amministrazione italiana paghi i suoi debiti nei confronti dei fornitori stimati in circa 53 miliardidi euro, metà del quale riconducibile ai ritardi nei pagamenti. Sarebbe preziosa liquidità immessa in circolazione, anche per evitare il fallimento di numerose aziende causa una pubblica amministrazione poco efficiente e rispettosa di chi paga il suo stipendio con le tasse riscosse.

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