I formaggi italiani registrano nel 2019 un altro importante record nell’export secondo i dati resi noti da Assolatte: +6,3% in volume e +11,2% in valore. Dopo il rallentamento del 2018, lo scorso anno le vendite internazionali di formaggi hanno superato i 3 miliardi di euro e le 450.000 tonnellate.
«È un risultato importante, oltreché una notizia positiva che possiamo dare in questi giorni difficili – commenta Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatte – gli enormi investimenti che abbiamo operato sui mercati esteri dopo i risultati poco brillanti del 2018 hanno dato i loro frutti». Dopo la decelerazione dell’export di formaggi nel 2018 – che ha comunque chiuso in positivo con un +0,7% in volume e un +5,3% in valore – le aziende del settore hanno puntato sulla promozione e sulla ricerca di nuovi mercati.
Se gran parte del fatturato estero è riconducibile al mercato europeo, cresciuto del 9,4%, e a quello Nordamericano, secondo Assolatte sono i Paesi asiatici a mostrare i risultati più interessanti. Le imprese italiane esportano in Asia 30.000 tonnellate di formaggi per un valore di 200 milioni di euro. Il 2019 ha registrato un incremento significativo in Indonesia, anche se con quantitativi ancora limitati, e in Corea del Sud. Ottimi risultati in Cina (+5,9%) e in Giappone (+12,8%). Giappone che si conferma terza destinazione extra-Ue dei formaggi italiani.
Un ottimo risultato è stato messo a segno anche negli Stati Uniti dopo il crollo del 2018 (+19,2% in volume e +25,0% in valore). Sempre restando in Nord America, Assolatte sottolinea il recupero operato in Canada: dopo un primo trimestre negativo, un importante recupero ha consentito di minimizzare i danni e chiudere il 2019 in leggera flessione (-1,5%).
«Con i dazi Usa e la “Brexit”, i mercati asiatici stavano acquisendo un ruolo sempre più strategico nelle nostre scelte di mercato – precisa Ambrosi. – Purtroppo il dilagare del Covid-19 ha compromesso non solo questa strategia, ma ci porta oggi a fare i conti con una situazione straordinaria dalla portata ancora imprevedibile. Ad oggi possiamo ipotizzare importanti ripercussioni sul commercio internazionale e il rischio di vanificare gli investimenti operati in questi anni sui mercati esteri per rafforzare sempre di più il “Made in Italy”.
Il 2020 si appalesa con un annus horribilis per gli scambi internazionali, sottolinea Assolatte: chiusura degli aeroporti, rallentamento dei trasporti, assurde richieste di certificazioni “virus free”, crescente preoccupazione di fronte ad una pandemia che spaventa per la sua velocità di diffusione. «L’auspico – afferma Ambrosi – è che presto si torni alla normalità e che le misure messe in atto dal Governo come il Piano straordinario per il “Made in Italy” 2020 e le dotazioni Ice ci consentano di ridimensionare i danni che sicuramente graveranno sulla nostra economia non appena cesserà l’emergenza».
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