A febbraio crollo (-8,8%) delle immatricolazioni di autoveicoli

Ordini nelle concessionarie in forte frenata. Serve il rilancio del settore abrogando provvedimenti demagogici e controproducenti del governo BisConte e la parificazione della deducibilità fiscale dell’auto aziendale agli altri paesi europei. 

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A febbraio 2020 le immatricolazioni di autoveicoli in Italia sono nuovamente in crollo, che va ad ampliare il calo su base annua, con l’immatricolazione di 162.793 auto con un calo dell’8,8% sul febbraio 2019, che già aveva chiuso in calodello 2,2%.

Questa contrazione può essere attribuita solo in minima parte ad un primo effetto coronavirus perché le vetture immatricolate in genere vengono ordinate con forte anticipo. «Un effetto coronavirus – afferma Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – si è però avuto nelle zone rosse e ha riguardato sia l’affluenza di potenziali interessati nei saloni di vendita che la raccolta di ordini. Anche se in maniera meno accentuata effetti analoghi si stanno verificando in tutto il Paese. Dall’inchiesta congiunturale condotta dal Centro Studi Promotor a livello nazionale a fine febbraio emerge infatti che ben il 79% dei concessionari dichiara un basso livello di affluenza nei saloni di vendita e una percentuale soltanto lievemente inferiore (75%) dichiara anche un basso livello di acquisizione di ordini».

L’effetto coronavirus incombe dunque anche sul mercato dell’auto e si comincerà ad avvertirlo da marzo. Sempre dall’inchiesta del Centro Studi Promotor di fine febbraio emerge che a livello nazionale il 60% degli operatori si attendono vendite in calo nei prossimi tre-quattro mesi, mentre a fine gennaio la stessa percentuale di operatori si attendeva mercato stabile o in crescita. Tra l’altro dall’inchiesta citata emerge che per i concessionari l’emergenza coronavirus, tra i fattori di freno della domanda di auto, balza al primo posto con il 72% di indicazioni seguita dal quadro economico generale (62%), dalla demonizzazione dell’auto (38%) e dalla politica del Governo (37%).

Al netto dell’effetto coronavirus, la situazione del mercato dell’auto italiano era già tutt’altro che rassicurante. L’inatteso calodel Pil nel quarto trimestre 2019 e il peggioramento del quadro economico a livello globale rendono sempre meno probabile il raggiungimento nel 2020 di quota 2.000.000 di immatricolazioni di autoveicoli. Questo livello è ancora molto lontano dal massimo ante-crisi italiano, ma comunque è una barriera, anche psicologica, da superare per consentire al Paese di raggiungere un numero di immatricolazioni annuale tale da frenare il forte invecchiamento del parco circolante. Basti pensare che nel 2018 l’anzianità media delle auto circolanti in Italia era di 11 anni e 6 mesi, contro gli 8 anni del Regno Unito, i 9 anni della Francia e i 9 anni e 7 mesi della Germania.

Per risollevare la situazione di un comparto che genera il 16% dell’intero gettito fiscale nazionale è necessario che il governo BisConte riveda alcuni dei suoi provvedimenti marcatamente ideologici che hanno penalizzato il mercato e i consumatori, ad iniziare dal provvedimentobonus-malus” che, oltre a penalizzare massicciamente gran parte delle vendite di auto nuove, finisce pure con l’incrementare la produzione di gas climalteranti con lo spostamento dalle motorizzazioni Diesel a quelle a benzina, anche ibride. Inoltre, il massiccio investimento pubblico verso l’auto elettrica è controproducente sia a livello sociale (il pubblico finanzia con i proventi della tassazione un consumo che di fatto è di nicchia tipico di famiglie con due-tre veicoli) che a livello di penetrazione di mercato, visto che il totale delle immatricolazioni sovvenzionate fino a 13.000 euro cadauna è limitato a poche centinaia di esemplari, tanto che le risorse stanziate per il 2019 non sono nemmeno state utilizzate interamente.

Molto più efficaci, sia per l’ambiente che per il sistema Paese, puntare sulla penetrazione dei moderni Diesel Euro6, ingiustificatamente penalizzati dalla demagogia ambientalista, e al ricambio di veicoli vecchi ante Euro4 con usati Euro4 e Euro5. Infine, per rilanciare i consumi e la competitività delle imprese italiane, è necessario che il governo porti la deducibilità fiscale dei veicoli aziendali allo stesso livello di quello degli altri grandi paesi europei, con il 100% del prezzo d’acquisto e il 100% dell’Iva e delle spese di gestione. Cosa che consentirebbe sia lo svecchiamento del parco circolante, sia l’immissione in circolazione di circa 300.000 nuovi veicoli, a vantaggio, oltre che per l’ambiente e la sicurezza stradale, anche per le casse dello Stato.

In caso contrario, ci si prepari a fronteggiare una crisi sempre più grave del settore che coinvolge circa 1,6 milioni di addetti.

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