Gli effetti dell’epidemia di coronavirus sull’economia nazionale stanno diventando pesanti ed in particolare delle regioni del Nord Italia, dove sono stati individuati i due focolai iniziali. Secondo un calcolo di Confesercenti basato su una stima di minima con una crisi limitata, il coronavirus rischia di avere un impatto elevatissimo sull’economia con una perdita di circa 3,9 miliardi di consumi e con conseguenze pesanti sul tessuto imprenditoriale: potrebbe portare alla chiusura di circa 15.000 piccole imprese in tutti i settori, dalla ristorazione alla ricettività, passando per il settore distributivo ed i servizi. L’impatto sull’occupazione potrebbe superare i 60.000 posti di lavoro.
La situazione è particolarmente grave nel turismo: «il comparto – afferma Confesercenti – è già in zona rossa, con le attività ricettive travolte da un diluvio di disdette, e la stagione primaverile, che vale il 30% circa del fatturato totale annuo del turismo, appare seriamente compromessa, con la prospettiva di ulteriori danni per alberghi e b&b, ma anche bar, ristoranti e attività commerciali» complice anche il blocco dei viaggi d’istruzione da parte delle scuole italiane.
La situazione del comparto turistico in Friuli Venezia Giulia è grave: «siamo quasi sull’orlo del collasso. Il turismo ha subito cancellazioni dall’80% per le città fino al 95% in montagna. E anche Trieste sta avendo dei grossi problemi già in vista dell’estate» afferma la presidente di Federalberghi regionale, Paola Schneider, al termine dell’incontro in Regione con il governatore Massimiliano Fedriga e il vicepresidente con delega alla Salute, Riccardo Riccardi.
Per quanto riguarda la montagna – ha sottolineato Schneider – siamo sul disastro e il 29 febbraio chiuderanno moltissimi alberghi in tutta l’area montana proprio perché non c’è più gente». E’ emergenza anche dal punto di vista delle presenze straniere: «anche tutto il turismo dell’Est sta venendo meno, perché nei Paesi di origine viene richiesto di compiere un periodo di quarantena». Fioccano all’estero anche gli “sconsigli” ai propri cittadini di recarsi in vacanza in Italia.
I centri di analisi dell’economia stimano l’effetto del coronavirus sul Pil in termini variabili da 0,5 a 1 punto percentuale, con il risultato che l’economia italiana, che già scontava un pesante rallentamento a gennaio 2020 allo 0,2% su base annua, potrebbe girare anche in negativo riportando il Paese in recessione. Una recessione che non sarebbe affatto trascurabile, sia per il fatto che sarebbe l’unico dei grandi paesi a non essere riuscito ad uscire dalla crisi del 2007 che per il dover rivedere in tutta fretta i conti economici dello Stato, già di loro molto ballerini. Se il Pil dovesse registrare un calo valutabile fino all’1%, per i contribuenti ci sarebbe la certezza della mazzata da 25 miliardi di euro dell’aumento Iva nel 2021 – che potrebbe essere anche anticipato al 2020 – oltre a rendere necessario il reperimento di nuove, ulteriori risorseper riequilibrare i conti pubblici per almeno altri ulteriori 10 miliardi di euro.
Una recessione, quella italiana, che potrebbe subire le conseguenze esterne del rallentamento generale dell’economiainternazionale, ad iniziare da quella tedesca con l’indice Ifo delle attese degli esportatori sceso a -0,7% a febbraio 2020rispetto al +0,8 di gennaio 2020.
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