A dicembre 2019 crollo della produzione industriale

Nel 2019 primo calo dal 2014. Pil 2020 atteso a quota zero. Si amplifica il rischio di una nuova recessione italiana. 

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Nuova doccia gelata sulle speranze italiane di imboccare un percorso di crescita robusto e di lungo periodo: di fatto, il risultato della produzione industriale di dicembre 2019 rilevato dall’Istat conferma lo stato comatoso dell’economia nazionale, con il risultato che già a febbraio 2020 risultano sballati i conti pubblici dello Stato, con una crescita attesa a quota zero contro il già misero 0,6% previsto dalla Finanziaria 2020. Un risultato che spalanca le porte ad una nuova recessione, dopo che l’Italia non è riuscita neanche a uscire da quella del 2007.

Secondo l’Istat, nel complesso del 2019 la produzione industriale ha mostrato una diminuzione rispetto all’anno precedente, la prima dal 2014. Tra i principali raggruppamenti di industrie, la flessione è stata più marcata per i beni intermedi, meno forte per i beni strumentali. Un lieve incremento ha caratterizzato, d’altra parte, la produzione di beni di consumo e di energia.

A dicembre 2019, l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito del 2,7% rispetto a novembre, mentre per l’indice corretto per gli effetti di calendario registra una flessione, in termini tendenziali, del 4,3%. Nel complesso del quarto trimestre 2019, il livello della produzione registra una flessione dell’1,4% rispetto ai tre mesi precedenti.

L’indice destagionalizzato mensile mostra marcate diminuzioni congiunturali in tutti i comparti; pertanto variazioni negative segnano i beni intermedi (-2,8%), l’energia e i beni di consumo (-2,5% per entrambi i raggruppamenti) e i beni strumentali (-2,3%).

Corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2019 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 4,3% (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 19 di dicembre 2018). Nella media del 2019 la produzione è diminuita dell’1,3% sia in termini grezzi che al netto degli effetti di calendario (nell’anno 2019 i giorni lavorativi sono stati gli stessi del 2018).

Su base tendenziale e al netto degli effetti di calendario, a dicembre 2019 si registrano accentuate diminuzioni per i beni intermedi (-6,6%), l’energia (-6,0%) e i beni strumentali (-4,7%); un decremento più contenuto si osserva per i beni di consumo (-0,8%).

I soli settori di attività economica che registrano incrementi tendenziali sono la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica (+5,3%), l’industria alimentare, bevande e tabacco (+2,9%) e le altre industrie (+1,1%). Tra i rimanenti settori le maggiori flessioni si registrano nelle industrie (-10,4%), nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati(-9,3%) e nella fabbricazione di macchinari e attrezzature n.c.a. (-7,7%).

Emerge in tutta evidenza che l’economia italiana necessita di un’urgente rianimazione che non può passare attraverso nuovi interventi assistenzialistici (reddito di cittadinanza e quota 100 su tutti) come governo, maggioranza di sinistra e sindacati vorrebbero fare, complici anche i prossimi appuntamenti elettorali dove è urgente acquistare consenso a debito. Semmai, vanno tagliate subito le spese assistenzialistiche e improduttive, per liberare risorse da indirizzare alla riduzione della tassazione sulle imprese e sulle partite Iva, le uniche che possono sperare di fare riavviare il motore del Paese e, con esso, la crescita economica.

produzione industriale
L’andamento della crescita del Pil italiano a confronto co quella di altri paesi Ue e non Ue.

Si tratta di applicare ricette tutto sommato semplici, che in altri paesi europei che partivano da situazioni peggiori di quelle italiane (si pensi alla sola Spagna) sono riusciti ad invertire la tendenza e a conseguire risultati di crescita decisamente incoraggianti. Ci riusciranno gli alfieri del BisConte?

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