Nei primi undici mesi del 2019 il fatturato manifatturiero italiano è risultato in sostanziale stagnazione (-0.2% tendenziale, a valori correnti), nonostante la crescita dei prezzi (+0.6%): è quanto emerge dall’analisi dei settori industriali di Prometeia-Intesa Sanpaolo.
L’andamento del giro d’affari ha risentito di una domanda interna ancora debole, con la tenuta dei consumi delle famiglieche si è accompagnata a segnali contrastanti dal lato degli investimenti. Le attese per il 2020 sono orientate verso un recupero moderato del fatturato manifatturiero, ma lo scenario è denso di rischi al ribasso sul fronte estero, su cui pesa lo scoppio dell’epidemia Coronavirus in Cina.
Secondo l’analisi dei settori industriali emerge il comportamento attendista delle imprese è stato accentuato dal clima di forte incertezza che caratterizza il contesto operativo, a partire, sul fronte domestico, dalla mancanza di continuità nei contenuti del pacchetto di incentivi a sostegno della trasformazione in chiave Impresa 4.0.
Sul fronte estero, ha giocato un ruolo fondamentale il peggioramento del quadro geopolitico, con l’acuirsi delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, che ha determinato una brusca frenata del commercio mondiale. Il deterioramento della domandaestera ha penalizzato anche le esportazioni italiane di beni manufatti: la crescita del 2.8% nel periodo gennaio-ottobre 2019 risulta interamente imputabile alla dinamica dei prezzi. Decisamente contenuto il contributo dell’Ue (+0.8%).
L’indice di fiducia manifatturiero resta al momento in territorio negativo, al pari degli ordinativi, con poche eccezioni concentrate nei settori produttori dei beni di consumo e nella meccanica, dove si intravedono spunti di miglioramento.
Sul fronte estero i nodi principali da sciogliere restano i tempi e la velocità di ripresa del commercio mondiale. La firma della tregua tra Stati Uniti e Cina, nell’ambito della guerra dei dazi, ha generato un temporaneo ottimismo, anche se le condizioni imposte per siglare ufficialmente la tregua appaiono onerose per l’economia del Dragone. Il rischio è che la richiesta dell’amministrazione americana possa essere soddisfatta solo apportando pesanti modifiche alle attuali linee strategiche di import cinese, con ripercussioni pesanti sulla geografia degli scambi mondiali.
Inoltre, sulla Cina grava lo scoppio dell’epidemia Coronavirus, che produrrà effetti già nel breve termine, visibili sia sulla crescita cinese del primo trimestre 2020 che sul commercio mondiale, dove il gigante asiatico rappresenta ormai un nodo nevralgico (molto più centrale e strategico rispetto al 2003, ai tempi dell’epidemia Sars).
Resta poi l’incognita delle elezioni americane e di quanto una riconferma o un cambiamento di rotta del governo possa incidere sullo scacchiere internazionale, non solo per quanto riguarda i rapporti con la Cina, bensì anche con un’altra area “calda” dal punto di vista delle tensioni geopolitiche, il Nord Africa e Medio Oriente, dove la Cina ha un non trascurabile peso politico ed economico.
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