Il coronavirus attacca il turismo italiano: a rischio 4,5 miliardi di spesa degli stranieri

Maggiori rischi in Veneto e in Toscana. Preoccupato il 62% degli italiani. 

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coronavirus Venezia Panorama aereo Imc
Venezia vista dall'alto.

Il coronavirus cinese fa paura e suscita ansia: lo dice un sondaggio condotto da Swg che ha raccolto il sentimento degli italiani con il 44% dei mille adulti intervistati ha dichiarato di essere abbastanza preoccupato, il 18% molto preoccupato. A fronte di un 62% molto o abbastanza preoccupato, si contrappone un 30% che si dice poco preoccupato, mentre per il restante 8% il coronavirus non desta pericolo.

Secondo il 49% degli intervistati in Italia sono state prese tutte le misure necessarie per affrontare la diffusione dell’epidemia. Per il 27% il governo dovrebbe fare meglio, il 24% dice di non avere idea. Dal sondaggio poi emerge che quasi tre italiani su quattro ritengono il coronavirus un’emergenza reale, ma per i restanti (per il 24% abbastanza, per il 4% molto) il virus non è in realtà così grave e sarebbe soprattutto il frutto di una montatura mediatica.

Agli intervistati è stato anche chiesto se ritengono che la diffusione dell’epidemia polmonare sia dovuta soprattutto all’inefficace gestione da parte del governo cinese, oppure se il virus avrebbe potuto diffondersi in qualsiasi altra parte del mondo. Il 39% ha attaccato il governo della Repubblica popolare, ritenendo inefficace l’azione messa in campo, mentre per il 46% avrebbe potuto diffondersi ovunque.

Il sondaggio ha misurato anche quanto le notizie degli ultimi 15 giorni abbiano influito sulle abitudini degli italiani: per il 63% sembrerebbe non essere cambiato nulla, mentre il 37% ha dichiarato di lavarsi più spesso le mani (cosa buona e giusta a prescindere, sempre), di evitare luoghi affollati, locali e persone asiatici. Solo il 3% ha annullato dei viaggi e l’1% ha acquistato una mascherina.

Il coronavirus rischia di avere effetti pesanti sull’economia turistica nazionale e del NordEst in particolare con Veneto e Lombardia, cui s’aggiungono Toscana, Lazio. Lo rileva un’indagine dell’Istituto Demoskopika secondo cui è il Veneto a indossare la maglia nera dove la stima degli effetti di un prolungatoallarme da coronaviruspotrebbe generare conseguenze devastanti con un calo di 971.000 arrivi, di oltre 3 milioni di presenze e, infine, con una contrazione della spesa turistica pari a circa 955 milioni di euro rispetto all’anno di riferimento individuato.

Possibili “postumi da virus” per il turismo in Toscana, con un calo di 695.000 arrivi, di oltre 1,8 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 778 milioni di euro; in Lombardia, con un calo di 673.000 arrivi, di oltre 1,6 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 685 milioni di euro. Nel Lazio, con un calo di poco meno di 673.000 arrivi, di oltre 1,9 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a circa 765 milioni di euro.

Se in queste regioni si concentra il 70% delle perdite stimate di fatturato del sistema turistico nazionale (pari a 3,2 miliardi di euro), proiettate su tutta Italia questa cifra cresce a ben 4,5 miliardi di euro.

Secondo Demoskopica, potrebbero essere poco meno di 5 milioni i turisti che per ridurre i rischi di contagio rinuncerebbero all’Italia come destinazione turistica per la loro vacanza nel 2020, generando una contrazione complessiva di 14,6 milioni di pernottamenti. In particolare, analizzando il quadro per singolo paese emerge che il rischio di contrazione più rilevante si registrerebbe ovviamente dalla Cina: -1,3 milioni di arrivi e -2,1 milioni di presenze. A seguire la Germania con una contrazione pari a 1,3 milioni di arrivi e di 5,9 di presenze; gli Stati Uniti con una contrazione pari a 566.000 arrivi e a 1,5 milioni di presenze. Rilevanti anche le possibili rinunce alla vacanza italiana per francesi e inglesi quantificabili rispettivamente in 474.000 arrivi e 1,4 milioni di presenze per i primi e in 378.000 arrivi e 1,4 milioni di presenze per i secondi.

Intanto a Venezia il turismo è in decisa crisi. Dopo gli effetti dell’acqua alta, a pochi giorni dall’avvio del Carnevale, tradizionale periodo di punta per il turismo lagunare, gli alberghi sono semideserti e le disdette fioccano in continuo.

«Non è colpa solo del coronavirus e della psicosi che l’accompagna – osserva Claudio Scarpa, presidente degli albergatori di Venezia -. C’è anche la pubblicità negativa fatta dalla stampa estera scrivendo dell’acqua alta. Nelle settimane del Carnevale solitamente il tasso di occupazione degli alberghi raggiunge il 100%, ora siamo ad una flessione del 30%. Ma si ipotizza che la parabola continui al ribasso».

Scarpa parte dal maltempo dello scorso novembre con l’acqua alta, «con un meno del 50% del tasso di occupazionedegli hotel nei primi due mesi da quel nefasto evento». Tutta colpa, per Scarpa, di come la stampa estera ha restituitol’immagine dell’acqua alta «facendo palesare che qui ci sia stato una sorta di tsunami, trasferendo sui media l’immagine di una città inondata, sotto 1,87 centimetri di acqua che è il dato scientifico, quello registrato nel medio mare, quando in realtà era inferiore a un metro».

Da quel momento è partita una discesa preoccupante delle prenotazioni la cui onda lunga è proseguita fino ad oggi e a cui si è aggiunta la piaga del coronavirus con conseguenti altre contrazioni importanti di prenotazioni. «Che rischia di aggravare – dice Scarpa – una crisi già in atto. Il Coronavirus si riflette sul turismo cinese che sceglie Venezia solo per il 3%. La grossa fetta è invece rappresentata dal resto del mondo, specie degli Usa dove il pensiero principale è “restiamo a casa”. Dove ci si sente più sicuri, mentre mettersi in viaggio è un pericolo. La paura di viaggiare – continua il presidente degli albergatori lagunari – ha messo in crisi qualsiasi paese, non solo l’Italia. E’ un problema planetario».

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