Dopo il disastro di qualche anno fa (2014) in merito alla gestione di vini e di bolle di consegna di vini Doc Pinot Grigio che portarono al cambio repentino con accuse incrociate di diversi vertici cooperativi e tutt’ora attivo il processo, ecco che scoppia un altro caso quasi identico nell’Oltrepò Pavese. Repetita juvat? Viene da chiedersi: ma l’Oltrepò vuole farsi del male sempre?
Dopo Fabio Lombardi e il duca Denari, cambiati tanti presidenti e tanti direttori, tutti con la soluzione giusta, ideale, ma sempre con “occhi politici”. Si può fare un ottimo vino anche senza le Docg o Doc politiche. Perché distruggere uno dei territori vitati storici più belli e più vocazionali d’Italia, oggi, ancor più di 50 anni fa? Patria nazionale del Pinot Nero vitigno internazionale fra i più nobili per quasi 3.000 ettari, cui aggiungere altri 4.000 di Croatina, altri 3.000 di Barbera, 1.500 di Riesling italico e renano, 500 di Moscato e altri per un totale di 11.192 ettari DOC, 769 ettari DOCG Oltrepò Pavese metodo classico, altri 879 ettari per l’IGT Provincia di Pavia.
Circa 1.400 imprese vitivinicole, un totale di 13.000 ettari, pari a un potenziale di 200/220 milioni di bottiglie, 1,5 milioni di ettolitri. Non sono sufficienti? Si vuol fare il miracolo della moltiplicazione in cantina, meglio, in laboratorio!
Al centro dell’indagine – come riporta la stampa nazionale – dello “scandalo enologico” la cantina sociale di Canneto, ma no solo. Tutto un sistema: almeno 5 persone agli arresti domiciliari compreso il vicepresidente di Assoenologi Lombardia-Liguria. 28 perquisizioni domiciliari a casa di altrettante persone fisiche: presidenti, enologi di cantina e di laboratori di analisi compiacenti, intermediari, mediatori, vinificatori. Quindi il “cerchio magico” è molto largo. Molto significativo è il fatto che l’operazione di indagine sia stata seguita in prima linea dall’Ispettorato Centrale della Repressione Frodi del ministerodelle Politiche agricole.
Corre qui l’obbligo di riflettere e pensare come mai “uno dei migliori territori al mondo per uve e vini”, di antica tradizione culturale e Doc, oggi in miglioramento qualitativo e commerciale, vigne rinnovate e ben esposte verso nord con i favori del cambio del clima, almeno 70-80 piccole cantine degnissime… sia sempre in una posizione “di retrovia, sempre di affanno, sempre di non considerazione” per l’Oltrepò Pavese.
C’è stato chi ha anche chiesto di rivedere tutti i disciplinari di produzione delle uve con una riflessione sulle rese e sui vini, alcuni (pochi ma con molte deleghe e voti in tasca in assemblea) hanno bloccato una modifica sostanziale, più restrittiva, che forse avrebbe “disincentivato” certe operazioni garibaldine. In tal senso – stando alle voci che circolavano ai margini dell’assemblea consortile – c’erano rappresentanti fondamentali che si opposero anche per mantenere a tutti i costi il potere dell’“erga omnes” come si dice, su alcune specifiche produzioni. Forse alcune produzioni necessitano di rese maggiori? Ebbene che siano scritte in un disciplinare, non che ognuno si faccia “il proprio disciplinare”.
Un altro aspetto importante è che in questi fatti di cronaca giudiziaria sono sempre le cantine sociali coinvolte: enologi, mediatori e viticoltori obbligati a rispondere alla chiamata! E’ vero che il viticoltore per avere un certo reddito è obbligato ad ubbidire? Il dolo nasce in vigna o nel laboratorio della cantina? La domanda è molto simile a quella che viene fatta all’imprenditore industriale che corrompe il politico di turno. O è il politico che si lascia corrompere?
Sul Web è sceso in campo anche Riccardo Cotarella, intervistato da alcune testate, in qualità di presidente nazionale dell’Associazione enologi, dichiarandosi molto preoccupato. Inoltre, esiste il progetto “selezione Cotarella della cantina La Versa”, controllata da una altra Cantina Coop Terre d’Oltrepo. Sono in pochi a sbagliare, ma fanno un danno enorme per tutti. Bisogna mettere barriere: ridurre il potere presunto o millantato di certe figure in cantina, eseguire controlliassidui partita per partita, fare in modo che gli enti di controllo siano totalmente fuori dalla filiera vitivinicola, che il controllo sia di un ente pubblico che risponde in primis come persona fisica e giuridica ponendo dei paletti insormontabili, come avviene in Francia, e che le cooperative siano anche responsabili della produzione, non del solo conferimento sociale e associativo, ponendo anche dei limiti lavorazione per aziende diverse.
Adesso tutti sono allarmati, ma quando qualche consulente esterno ha posto le diverse questioni in sede Consorzio o in sede Distretto è stato accomodato alla porta preferendo “yesman” o altre figure non necessarie.
Il consumatore non accetta di essere preso per i fondelli dai “furbetti della cantina”. L’ispettorato centrale Repressione Frodi ha fatto il suo lavoro. Il Consorzio, Federdoc, Valoritalia e altri centri certificazione privata hanno fatto il loro?
La terra oltrepadana è perfetta per il vino. Prima di fare pubblicità e campagne di comunicazione che andrebbero a mescolare il sacro e il profano, meglio entrare nel merito del territorio, della vocazione, degli enti, dei vini, dei produttori rivedendo cariche e pesi, voti per censo e voti capitari, decisioni assembleari obbligatorie, divisione netta fra tutela e promozione, un unico grande ente per tutto il vino OP Docg-Doc-Igt, con al suo interno consigli tecnici e amministrativi separati, con un’unica sintesi finale univoca di chi non ha nessunissimo interesse sul territorio dell’intera provincia di Pavia, men che meno nella politica, men che meno economica.
Spero che il presidente della Regione Lombardia prenda una volta per tutte la decisione di smobilitare e cambiare:nuova vita a tutto e a tutti.
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