Ancora un caso di falso vino fatto con il bastone, adulterando con acqua e zuccheri mosti di bassa qualità spacciandoli per vini Doc: cinque persone sono state arrestate (due con obblighi di firma) nel corso di un’operazione dei Carabinieri(con il supporto della Guardia di Finanza) nell’Oltrepò Pavese (Lombardia), Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige. Sei anni fa, nel 2014, un’altra inchiesta aveva coinvolto altri produttori vinicoli dell’Oltrepò Pavese, accusati di non aver rispettato i canoni dei marchi Doc e Igt in particolare per il Pinot Grigio. Ora il bis.
L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Pavia, riguarda un nuovo presunto scandalo sul vino contraffatto che ha coinvolto la cantina sociale di Canneto Pavese (Pavia). Secondo le accuse, gli arrestati avrebbero spacciato per Doc e Igt vini di qualità inferiore, prodotti con uve non certificate come biologiche o addizionati con aromi o anidride carbonica.
I provvedimenti emessi dalla Procura riguardano titolari di aziende vinicole e cantine sociali, ritenuti responsabili a vario titolo e in concorso tra loro di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine di prodotti alimentari. Al centro dell’indagine sul falso vino figurano in particolare i vertici della cantina sociale di Canneto Pavese che, secondo l’accusa, con la complicità di enologi di fiducia, avrebbero messo in commercio vino contraffatto per quantità, qualità e origine attraverso un sofisticato sistema di alterazione.
Per produrre falso vino con marchio Doc, Igt o Bio, non esitavano anche a “miscelarlo” con acqua, zucchero (per aumentare la gradazione alcolica) e anidride carbonica (per renderlo più effervescente) secondo quanto è emerso dall’indagine della Procura di Pavia avviata nel settembre 2018 sulla base dell’emersione di consistenti ammanchi di cantina, ovvero la differenza tra la quantità fisica di vino presente nelle cisterne e quella commerciale riportata nei registri (che era decisamente superiore). «L’ammanco, risultato pari a circa 1.200.000 litri – sottolinea una nota congiunta di Procura, Carabinieri e Guardia di Finanza -, ha determinato per il produttore una ulteriore possibilità di vendita di vino contraffatto per un valore economico di svariati milioni di euro. L’ammanco è stato dolosamente creato falsificando le rese dell’uva per ettaro mediante bolle di consegna relative ad uve mai conferite in azienda da agricoltori compiacenti».
Per soddisfare la richiesta del mercato di vini di qualità, secondo l’accusa venivano prodotti con alterazioni e sofisticazioninon dannosi per la salute, ma comunque assolutamente vietate dalla legge. «Purtroppo è doloroso constatare – ha aggiunto il procuratore Giorgio Reposo – che a distanza di pochi anni dalla precedente indagine sui falsi vini Doc in Oltrepò Pavese che aveva coinvolto circa 200 persone, quella lezione non è servita». All’inchiesta sul falso vino ha collaborato anche l’ispettorato per la repressione frodi del ministero delle Politiche agricole.
La misura degli arresti domiciliari è stata disposta per Alberto Carini, 46 anni, presidente della Cantina Sociale di Canneto Pavese (Pavia), residente a Castelverde (Cremona); Carla Colombi, 65 anni, stretta collaboratrice del presidente, residente a Montescano (Pavia); Aldo Venco, 65 anni, enologo che abita a Casteggio (Pavia), vice presidente di Assoenologi Lombardia-Liguria; Massimo Caprioli, enologo residente a Stradella (Pavia); Claudio Rampini, 63 anni, mediatore vitivinicolo. L’obbligo di firma è stato disposto per due produttori della zona, che avevano rapporti con la cantina sociale.
Gli indagati sono accusati di «associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (DOC e IGP) – riporta il comunicato congiunto di Carabinieri e Guardia di Finanza – nonché all’utilizzo e all’emissione di fatture false che servivano a giustificare quantitativi di vini etichettabili con denominazioni pregiate, non presenti in magazzino, e sostituiti dal produttore con vini di qualità inferiore, alterati e destinati alla vendita come vini di tipologie tipiche dell’Oltrepò Pavese. Sono state eseguite anche 28 perquisizioni domiciliari, locali e personali nei confronti di altrettante persone fisiche, aziende acquirenti del vino, e laboratori di analisi compiacenti».
«Occorre fare chiarezza al più presto, perché episodi come questo mettono a rischio il successo del prodotto agroalimentare italiano più venduto all’estero dove il vino ha messo a segno nel 2019 il record di circa 6,4 miliardi di esportazioni con un aumento del 4% secondo le prime proiezioni» afferma la Coldiretti alla luce dell’indagine della Procura di Pavia su un nuovo presunto caso di falso vino.
«Dopo il grande percorso di crescita qualitativa che ha portato il vino italiano alla conquista di ripetuti successi occorre insistere – afferma la Coldiretti – sulla strada della “tolleranza zero” nei confronti di episodi che causano un danno economico e di immagine gravissimo anche all’estero. Occorre tutelare un settore strategico che offre opportunità di lavoro per 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in campi, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio, per un fatturato che ha superato nel 2019 la quota record di oltre 11 miliardi, grazie alla crescita in valore di export e consumi nazionali. Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare poiché l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolosa la criminalità nell’agroalimentare che per questo va perseguita con la revisione delle leggi sui reati alimentari elaborata da Giancarlo Caselli nell’ambito dell’Osservatorio agromafie promosso dalla Coldiretti per introdurre nuovi sistemi di indagine e un aggiornamento delle norme penali».
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