Il fatturato della pizza nel mondo supera nel 2019 i 100 miliardi di euro, confermandosi un tesoro del “Made in Italy” alimentare e un simbolo del successo della dieta mediterranea nel mondo: in occasione della Giornata internazionale della pizza, Coldiretti ha tracciato un bilancio del settore.
Rotonda, quadrata, con o senza “cornicione”, a tranci, sottile, spessa, croccante o soffice, con mozzarella e pomodoro o con fiori di zucca e alici, oppure con verdure grigliate, la pizza si conferma uno dei piatti storici più versatili della cucina italiana, tanto che l’Unesco ha proclamato nel 2017 l’arte dei pizzaioli Patrimonio immateriale dell’Umanità.
Ma la pizza è anche la colonna portante di un sistema economico costituto da 127.000 locali in Italia dove si prepara e si serve, con la Campania regione che ha il maggior numero di attività, con il 16% del totale.
Una crescita che sostiene l’occupazione stimata dalla Coldiretti in 100.000 addetti a tempo pieno e a di altrettanti nei fine settimana. Ogni giorno solo in Italia si sfornano circa 8 milioni di pizze nelle circa 63.000 pizzerie e locali per l’asporto, taglio e trasporto a domicilio dove si lavorano in termini di ingredienti durante tutto l’anno 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.
La passione per la pizza – continua la Coldiretti – è anche planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa, mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono la classifica.
Una diffusione che ha favorito lo sviluppo di ricette che nulla hanno a che fare con l’originale, soprattutto all’estero e negli Usa in particolare, attraverso l’uso degli ingredienti più fantasiosi, a partire proprio dai frutti tropicali come ananas, banane o noce di cocco, ma anche di dolci, come i marshmellow americani o il creme caramel, di specialità locali come le haggis, le interiora di pecore scozzesi, la carne australiana di canguro e coccodrillo o quella di renna finlandese, fino alle versioni con insetti, dai grilli alle cicale e agli scorpioni.
Il problema dell’originalità degli ingredienti tradizionali della pizza riguarda anche l’Italia dove quasi due pizze su tre servite che – secondo la Coldiretti – sono ottenute da un mix di ingredienti provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori: dalla mozzarella lituana, al concentrato pomodoro cinese, l’olio d’olivatunisino e il grano ucraino.
Se pizza deve essere, sia almeno verace e genuina, con ingredienti a “chilometro zero”, espressione del territorio dove la si consuma.
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