Bene il progetto della Facoltà di medicina proposto dall’Università di Trento

Cogliere l’opportunità della realizzazione del nuovo ospedale di Trento per realizzare anche gli spazi della nuova Facoltà e della Scuola di specializzazione.  Di prof. Claudio Eccher, ex primario di chirurgia dell’Ospedale S. Chiara di Trento ed ex vicepresidente del Consiglio provinciale di Trento.

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Il rendering del nuovo ospedale di Trento

La carenza di medici è un grosso problema reale che anche con la “quota 100” si acuirà e poco potrà fare la nuova Facoltà di medicina che la Provincia di Trento intende attivare. Nella mia non breve esperienza, pensare che un medico si sarebbe avvalso di “quota 100” era inconcepibile perché si vedeva la pensione come un evento possibilmente da procrastinare il più possibile tale era il legame alla professione.

A parte tale amara considerazione, è giusto guardare la nostra realtà e cercare qualche soluzione per porvi rimedio. Io che finoal 1985 ero stato chirurgo a Padova e avevo visto nascere la facoltà di medicina a Verona, appena giunto a Trento come primario venni contattato dai colleghi padovani andati a Verona ed in primis dal prof. Roberto Vecchioni per fungere quale testa di ponte con la sanità trentina.

Trasferii il mio insegnamento dall’Università di Padova in quella di Verona che cominciò ad inviarci gli specializzandi per svolgere il tirocinio pratico presso l’Ospedale di Trento. la collaborazione è proseguita ed ampliata con reciproca soddisfazione. Ora è giusto pensare ad un ulteriore passo avanti ed in particolare anche in prospettiva una sede distaccata della facoltà di medicina con l’obiettivo di una sua autonomia.

Il Trentino Alto Adige, assieme alla Valle D’Aosta, è l’unica regione senza una facoltà di medicina. È bene però aver presente che il problema non è il numero chiuso, che io preferisco chiamare programmato, per l’iscrizione alla Facoltà di medicina, bensì l’imbuto formativo per l’accesso alle scuole di specializzazione (17.600 laureati a medicina e solo 8.935 posti per specializzandi). Scuole di specializzazione che sono sempre legate alla presenza di una Facoltà di medicina.

Nella scelta dell’università a cui agganciare il Trentino, ho sempre sostenuto, anche per una visione euroregionale Tirolese, l’asse VeronaTrentoBolzanoInnsbruck. Nulla osta avere rapporti con altre sedi, vedi Padova o, come si era ipotizzato nel 2010, Firenze.

Ho notato con soddisfazione che il problemamedicinaha sollevato notevole interesse, spero solo che non sia un fuoco di paglia ma l’inizio di un serio e rapido approccio al problema, coinvolgendo in primis la “nostrauniversità, quella di Trento, ed avvalendoci di altre esperienze, come quella di Treviso, ove è stato creato un Polo di sviluppo universitario istituendo il IV, V e VI anno della Facoltà di medicina, utilizzando possibilmente docenti in loco.

Nella ristrutturazione dell’ospedale di Treviso è previsto anche un Campus per gli studenti. In Trentino, prima di parlare di progetti, possibili sinergie e costi circa l’istituenda Facoltà di medicina, è vitale avere degli spazi idonei ed adeguati da utilizzare e, come asserisce anche il collega Marco Ioppi, presidente dell’Ordine dei medici del Trentino, attenzione a mettere la nuova Facoltà di medicina in strutture fatiscenti quali sono quelle al momento individuate. A tale proposito, speriamo che il Nuovo ospedale del Trentino venga realizzato nell’unica zona che permetterebbe anche uno sviluppo universitario e cioè tra Trento e Rovereto e non certo i località al “Desert” nel sedime delle ex caserme militari di Trento, esposta anche al rischio alluvioni del fiume Adige, disponendo anch’esso di un campus per gli studenti.

Con l’obiettivo di istituire una Facoltà di medicina o una scuola di medicina che daranno i loro frutti nel medio e, speriamo, non lungo periodo, vediamo quali iniziative attualmente realistiche e rapidamente realizzabili sono proponibili: 1) ridare entusiasmo, motivazione e valorizzare i medici attualmente in attività, evitando così pensionamenti anticipati o che vadano in altre realtà; 2) aumentare il numero degli specializzandi che svolgano il loro tirocinio pratico in Trentino per fare sì che un certo numero di essi come è successo, una volta specializzati, rimanga stabilmente a lavorare in Trentino; 3) creare un IRCCS (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico), struttura finanziata pure dal ministro della Salute e che potrebbe essere attrattiva verso medici con particolare interesse per la ricerca.

E, per concludere, è importante sfruttare la nostra Autonomia speciale e non rassegnarci a subire passivamente questa situazione critica per la medicina mettendo in campo tutte le nostre migliori forze.

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