Il valore dell’istruzione per la formazione dei cittadini di domani

Serve maggiore attenzione a tutti i livelli per il sistema educativo nazionale.  Di Paolo Farinati 

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Scuola riparte diseguaglianze nella scuola

Per il mio carattere e per l’educazione ricevuta, sono solito interpretare ogni decisione di una persona come presa in buona fede. Sono di questi ultimi giorni le dimissioni del titolare del MIUR, ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, a seguito della riduzione delle risorse b disposizione del suo importante dicastero nel 2020 e negli anni seguenti. Questa è stata la giustificazione ufficiale da lui data alla sua irrevocabile decisione. Non voglio entrare in discussioni partitiche, o in inutili processi alle intenzioni del già ministro, ma se tale è la verità mi è difficile non apprezzare il suo gesto istituzionale e politico.

I dati italiani e internazionali, da quelli dell’Istat quelli dell’Ocse e della Comunità europea, riferiti alle risorse finanziarie investite complessivamente nell’istruzione, pongono da parecchi anni la nostra amata Italia in posizioni poco degne della nostra storia, della nostra economia, della nostra cultura. Tutte le Nazioni occidentali, dagli USA a tutti i Paesi della CEE, dal Canada ai Paesi scandinavi e all’Australia, dedicano una percentuale assai significativa del loro prodotto interno lordo (Pil) ai capitoli di spesa dedicati ai vari livelli della Scuola, all’Università e alla Ricerca scientifica e tecnologica. Pure i Paesi cosiddetti in via di sviluppo, il bilancio per l’istruzione dei propri giovani sta assumendo livelli assai superiori a quello italiano.

Trattasi di investimenti veri e propri, laddove attraverso un’adeguata istruzione qualsiasi popolo si garantisce uno sviluppo equo e diffuso, un livello culturale invidiabile e stabile, una pace sociale duratura. Un’elevata istruzione media delle giovani generazioni, in tutti gli ambiti di studio e di ricerca, garantisce a quella Nazione una competitività economica e culturale molto forte. Premessa essenziale per consolidare nel tempo un benessere il più ampio possibile in quella stessa comunità.

Le condizioni in cui vive la scuola italiana sono note a gran parte dell’opinione pubblica: strutture scolastiche spesso fatiscenti, docenti poco gratificati da stipendi che voglio definire indegni, eccessivo numero di università di basso profilo, ricerca lasciata in taluni casi ad iniziative sporadiche e scollegate con il mondo dell’impresa. Ciò nonostante i nostri giovani, quando vanno all’estero e si confrontano con i loro coetanei, spesso risultano i migliori. E da migliori vanno e rimangono oltre i confini italiani. E’ una perdita netta del nostro patrimonio nazionale, ovvero di una Nazione che si lascia portar via il meglio della propria gioventù e che contemporaneamente invecchia in maniera definitiva.

Se non sapremo intervenire con decisione e lungimiranza, si profila, quindi, per la nostra Italia un futuro non proprio roseo. Per una Nazione che nel 2019 ha un PIL stimato in più di 2.100 miliardi di Euro, incominciare a investire nei prossimi anni 2 o 3 miliardi in più di Euro sui capitoli di bilancio dell’istruzione, dell’università e della ricerca, non credo costituisca impresa impossibile. Come sempre è questione di intelligenza, di determinazione e di rispetto del bene comune. Forse è proprio su questi valori che i protagonisti della politica italiana hanno bisogno di essere meglio selezionati e necessariamente più istruiti.

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