Lo spumante italiano è il vero protagonista del Capodanno. Secondo un’indagine di Coldiretti, le feste di fine anno fanno registrare il massimo di domanda dello spumante italiano con circa 74 milioni di tappi saltati solo in Italia, in aumento dell’8% rispetto allo scorso anno.
Nove italiani su 10 (91%) non rinunciano a fare un brindisi “Made in Italy” a fine anno, secondo lo studio dell’Istituto Ixe’. L’aumento della domanda – sottolinea la Coldiretti – ha spinto la produzione che dovrebbe attestarsi sopra le 700 milioni di bottiglie, con in testa il Prosecco seguito da Asti, Franciacorta e Trentodoc.
La stragrande maggioranza dello spumante italiano si beve comunque all’estero con un balzo del 9% delle bottiglie esportate che a fine anno raggiungeranno per la prima volta il record storico annuale delle vendite per una quantità superiore a 560 milioni di bottiglie, sulla base dell’andamento delle spedizioni registrato dall’Istat nei primi nove mesi. Se in Italia lo spumante si classifica tra gli acquisti irrinunciabili delle feste, all’estero – sottolinea la Coldiretti – non sono mai state richieste così tante bollicine italiane che in quantità b nei brindisi globali davanti allo champagne francese che riesce a spuntare in media prezzi nettamente superiori.
Fuori dai confini nazionali i consumatori più appassionati sono gli inglesi che vanno a tutto Prosecco che non sembrano essere stati scoraggiati dalla Brexit e sono nel 2019 il primo mercato di sbocco delle spumante italiano con le bottiglie esportate che fanno registrare un aumento del 7% nelle vendite, mentre gli Stati Uniti sono al secondo posto con un balzo dell’11% pur in presenza di tensioni commerciali e timori collegati ai dazi, mentre in posizione più defilata sul podio si trova la Germania che rimane il terzo consumatore mondiale di spumante italiano, ma che con la frenata dell’economia tedesca paga un calo dell’8% rispetto all’anno precedente.
Interessante notare come nella terra dello Champagne francese lo spumante italiano si sia fatto strada, con la crescita record delle vendite del 30%, legato più alle vette enologiche come Franciacorta e Trentodoc (con quest’ultimo che ha superato più volte il giudizio degli esperti nei confronti con i migliori millesimati d’oltralpe).
«Sono dati molto incoraggianti e, anche se i dati ufficiali si potranno avere solo a marzo, le prime segnalazioni delle aziende aderenti al Consorzio Trentodoc sono molto incoraggianti con consumi in decisa crescita, soprattutto sul mercato interno, mentre le esportazioni viaggiano attorno al 10% della produzione» dice il presidente del Consorzio e direttore del colosso vinicolo trentino Cavit, Enrico Zanoni, che guarda al futuro «con ottimismo, anche perché i consumi sono in crescita. Un dato incoraggiante per un prodotto come il Trentodoc si pone al vertice della piramide qualitativa delle bollicine italiane assieme al Franciacorta, che potrebbe fare ancora di più se ci fosse maggiore conoscenza del prodottoda parte dei consumatori e anche degli operatori commerciali».
Già, la conoscenza: sono ancora troppi gli operatori professionali, soprattutto quelli attivi sul territorio di origine del Trentodoc, a non supportarlo come dovrebbe, anche nell’ottica di un prodotto a “chilometri zero” come la stessa provincia di Trento si sforza di sostenere. E’ ancora troppo diffusa la tendenza a proporre prodotti di grande volume (e di prezzo inferiore) rispetto ad un prodotto analogo locale. C’è ancora da fare da parte del Consorzio e della Provincia per supportare un maggiore consumo consapevole dei prodotti locali, soprattutto approfittando della possibilità di incontrare le folle dei turisti in vacanza per avvicinarli alla conoscenza dei migliori prodotti locali.
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