Forza Italia sugli scudi per le modalità con cui la legge più importante dell’anno sta per essere approvata a “scatola chiusa” dalle assemblee parlamentari, dopo che solo in seno alla Commissione bilancio del Senato si è potuto effettuare un approfondito esame delle proposte di Manovra 2020 fatte dalla maggioranza di governo, proposte che in molti casi sono uscite pesantemente cambiate rispetto alle proposte iniziali, ma non risolte del tutto, come la tassa sulla plastica e sullo zucchero, la tassazione sulle auto aziendali, l’abolizione della cedolare secca sulle locazioni commerciali, lo stop all’ampliamento della “flat tax” su redditi da lavoro autonomo.
Con Maria Stella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera, e con il deputato azzurro bellunese Dario Bond il punto sui diversi aspetti della Manovra 2020.
Onorevole Gelmini, sulla Manovra 2020 avete minacciato il ricorso alla Corte Costituzionale. Per quale motivo?
Perché è in atto un esproprio del diritto alla discussone del Parlamento, oltre allo stravolgimento delle prassi parlamentari e democratiche. Quelli che non volevano andare a votare perché temevano che qualcuno prendesse “i pieni poteri”, quelli che l’hanno scorso hanno fatto un esposto alla Consulta contro l’approvazione della manovra 2019 in fretta e furia, quelli che gridavano al fascismo nella passata legislatura ogni volta che veniva posta la questione di fiducia, oggi hanno la faccia tosta di presentare alla Camera (non si sa ancora quando) una manovra blindata, frutto di un unico articolo suddiviso in migliaia di commi, sulla quale verrà posta l’ennesima fiducia.
Quelli della maggioranza M5s-Pd-Iv-Leu diranno che dipende dall’ostruzionismo della minoranza di centrodestra, dai troppi emendamenti presentati…
Se lo facessero mentirebbero sapendo di mentire. Non c’è stata nessuna forma ostruzionistica. Il problema è che questa Manovra 2020 è nata male e che nella maggioranza hanno litigato fino all’ultimo momento, per intestarsi finti risultati. Hanno fatto un vertice dopo l’altro, neanche fossimo ancora nella Prima Repubblica. Hanno detto un cumulo di menzogne e vogliono impedire a 630 deputati di esaminare, emendare – eccome c’è bisogno di emendare! – e approvare la più importante legge dell’anno. È una vergogna. Gli unici precedenti sono quelli del governo Monti, che però si insediò il 16 novembre, e quello del governo Gentiloni che si insediò il 12 dicembre. Questi non hanno scuse, sono in carica da settembre e in Commissione bilancio al Senato la legge è arrivata a inizio novembre, hanno cominciato a votare il 9 dicembre. Oltre un mese dopo. Ne risponderanno di fronte alla Corte Costituzionale.
Il ricorso del Pd dello scorso anno fu dichiarato inammissibile. Perché pensa che stavolta andrà diversamente?
Perché lo ha stabilito la stessa Corte Costituzionale. Se legge l’ordinanza per intero, capirà che i singoli deputati sono legittimati a ricorrere, che quest’anno non c’è stata alcuna trattativa con l’Unione Europea che ha rallentato l’iter (che la Corte considerò un’attenuante) e che queste modalità non si dovevano ripetere.
Entriamo nel merito della Manovra 2020: cos’è che non vi piace?
Un po’ tutto, in quanto è una legge di bilancio in cui c’è tutto e il suo contrario, così come è emerso nel corso della discussione in seno alla Commissione bilancio, dove la maggioranza del governo BisConte si è dimostrata profondamente divisa. Ne sono scaturiti provvedimenti scandalosi, come la tassazione sulla plastica o sullo zucchero, spacciati per provvedimenti ambientali e salutistici, ma alla fine buoni solo per fare cassa e rovinare decine di aziende che andranno fuori mercato con le relative migliaia di dipendenti. Poi c’è il blocco all’estensione della “flat tax” sui lavoratori autonomi e il giro di vite su tutti coloro che sono colpevoli di fare i professionisti o gli imprenditori, rischiando in proprio senza alcun paracadute statale. Per non dire di tasse, come quella sulle auto aziendali assegnate in uso ai dipendenti, che nella prima stesura causava l’esproprio di una mensilità di stipendio ad incolpevoli lavoratori, migliorata nei successivi passaggi sotto la pressione di Forza Italia e delle opposizioni, ma ancora non del tutto corretta visto che l’aumento della tassazione c’è e anche consistente.
Anche con la Manovra 2020 il governo non perde il vizio delle clausole di salvaguardia e di posticipare al futuro responsabilità proprie.
La Manovra 2020 è tutto fuorché una buona Manovra, visto che, da un lato, è fatta in larghissima parte in deficit, andando ad incrementare il già enorme debito pubblico; dall’altro, si rimanda sempre al futuro la soluzione dei problemi dell’oggi, visto che la maggioranza ha messo nuove clausole di salvaguardia aggiungendole a quelle già esistenti per l’Iva 2021: ai già 26 miliardi di euro necessari per scongiurare l’ulteriore aumento dell’Iva, saranno necessari altri 3,8 miliardi per evitare l’incremento delle accise sui carburanti, che sono già ora i più cari del mondo. Il governo BisConte lascia in eredità al prossimo governo 30 miliardi. E altri se ne aggiungeranno per via di quei 4-5 miliardi iscritti tra le voci di entrata dalla lotta all’evasione fiscale che difficilmente potranno entrare nelle casse.
Onorevole Bond, lei critica anche l’abolizione della cedolare secca al 21% sulle locazioni commerciali. Perché?
Perché si rischia la desertificazione commerciale dei piccoli comuni, soprattutto quelli di montagna. La cedolare secca era stata concepita per porre un freno ai continui rincari dei costi operativi che i commercianti, soprattutto i piccoli con i negozi di vicinato, devono sopportare. Tra affitti, tasse sui redditi, tasse sui rifiuti, Imu, ecc. comprimono grandemente i margini di reddito delle attività, tant’è che negli ultimi anni si è assistito alla continua chiusura di negozi, con perdita di gettito tributario, posti di lavoro e vivibilità complessiva dei territori. Soprattutto nelle località periferiche e di montagna, come il Belluense dove vivo, questo è molto rilevante e già ora ci sono comunità senza più un negozio. Abbassare tassazione sulle locazioni costituiva un incentivo ai proprietari a mettere sul mercato spazi commerciali a prezzo inferiore.
Un aspetto che il governo BisConte non ha considerato, visto che con l’abrogazione della cedolare i redditi da locazioni commerciali entreranno direttamente nella dichiarazione dei redditi dei proprietari con una tassazione decisamente più elevata.
Di fatto, la tassazione sulle locazioni rischia di raddoppiare e anche di più, visto che può passare dalla cedolare al 21% al 43% e oltre (in base anche alle addizionali regionali) dell’Irpef. Qualcuno non capisce che chi è titolare di uno spazio commerciale con una tassazione del genere preferirà evitare di locarlo, in quanto per rientrare della maggiore tassazione sarà costretto ad aumentare l’affitto. Affitto che, oltre ad essere praticamente dimezzato dalle tasse sul reddito, è ulteriormente falcidiato dall’Imu, dai costi delle manutenzioni ordinarie e straordinarie, dalle spese condominiali e, infine, anche dal rischio di insoluto da parte del locatario se questo fallisce, con l’incognita, in questo caso, di rimanere bloccato per mesi durante la procedura fallimentare senza alcun incasso.
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