Una manovra 2020 tutta lacrime, sangue e tasse, tantissime nuove tasse

Bitonci: «il governo BisConte “toserà” famiglie e imprese come mai prima».

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manovra 2020

L’anno nuovo, con la Manovra 2020, porta alle famiglie e imprese italiane brutte sorprese sotto forma di tanti nuovi adempimenti, spesso inutili, oltre a tantissimi nuovi balzelli, spesso odiosi, che avranno l’effetto di deprimere ancora di più l’economia nazionale già stagnante, rimandando a fine 2020 e, soprattutto, al 2021 tantissime nuove tasse dovute allo scattare di clausole di salvaguardia vecchie (Iva) e nuove (accise sui carburanti).

Con Massimo Bitonci, già sottosegretario della Lega alle Finanze del governo Conte Uno, una ricognizione delle “sorprese” che attendono i contribuenti nel 2020 e con un occhio a quanto accadrà nel 2021.

Nulla di nuovo sotto il sole dell’azione di governo delle sinistre che stampellano un sempre più traballante M5s.

Famiglie e imprese devono prepararsi ad un 2020 e, soprattutto, ad un 2021 con il portafogli in mano, pronti a donare sangue alle casse dell’Erario. Nella Manovra 2020 ci sono una miriade di tasse e balzelli vari, oltre alla riproposizione delle clausole di salvaguardia, a testimonianza di come l’attuale governo Conte non sia in grado di affrontare e risolvere i temi di fondo dell’economia nazionale. La Manovra 2020 è la puntale testimonianza di una maggioranza incapace di governare il Paese, rissosa e divisa su tutto tra quattro diversi partiti, ciascuno attento solo al proprio particolare. E con le elezioni anticipate che si avvicinano sempre di più, la corsa a tirare la corda è al massimo.

In tema di clausole di salvaguardia, l’aumento Iva pare essere scongiurato solo per il 2020, mentre per il 2021 sono già pronti ai blocchi di partenza 26 miliardi di nuove tasse.

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Massimo Bitonci.

Già e non solo. Il governo BisConte con la Manovra 2020 ne ha fatte anche di nuove, tra cui quella sulle accise sui carburanti per un ammontare di ben 3,7 miliardi di euro che scatterà sempre nel 2021. Di sole clausole di salvaguardia che dovranno essere risolte nel prossimo anno da questo o, più probabilmente, dal nuovo governo ci sono già una trentina di miliardi di euro lasciati in eredità. Non è un buon modo di governare la cosa pubblica quello di rimandare al futuro la soluzione dei problemi dell’oggi.

A livello di maggioranza è un continuo tira e molla sui vari provvedimenti, con tasse che vengono e che vanno nel giro di poche ore.

Questo la dice lunga sulla chiarezza degli obiettivi che vogliono perseguire. Ma, tornando alle cifre, la Manovra 2020 è in gran parte scritta sull’acqua, in quanto buona parte delle entrate sono legate alla lotta all’evasione, cosa che negli ultimi tempi non ha mai fruttato quanto i vari governanti mettevano nero su bianco nelle loro previsioni di bilancio. Di fatto, si sono messe le premesse per creare nel 2020 nuovi buchi di bilancio che chi sarà chiamato a guidare il Paese dovrà affrontare.

Oltre che nuove tasse, nella Manovra 2020 si assiste anche ad una stretta della liquidità che il governo intende attuare per evitare le uscite di cassa dovute nei confronti di cittadini ed impese.

Si tratta della limitazione alle compensazioni fiscali sopra i 5.000 euro che vale per tutti, o al differimento dei termini di rimborso del 730, spostato da luglio a settembre, che rinviano buona parte dei circa 10 miliardi di flusso fiscale a vantaggio di pensionati e lavoratori dipendenti dal 2020 al 2021. Con tutta una serie di anticipi nelle entrate e di differimenti nelle uscite la maggioranza di questo governo cerca una sempre più difficile quadratura dei conti del bilancio, finendo per scontentare tutti, anche la loro base elettorale.

Nel leggere la bozza della Manovra 2020 si rimane basiti dalle nuove tasse che sono state partorite dalla maggioranza M5s-Pd-Iv-Articolo1…

Gliele elenco una per una: tra quelle del tutto nuove c’è la tassa sulla plastica e sullo zucchero, quella sulle emissioni inquinanti, sulle auto aziendali, la stretta sulle ritenute e sulle compensazioni fiscali, la stretta sul contante e i balzelli sulle carte di credito come commissioni sui pagamenti e sui Pos, i prelievi aggiuntivi sulle vincite da giochi, le tasse sul fumo in tutte le sue possibili declinazioni, comprese le cartine per chi si fa le sigarette. A queste si aggiungono i mancati provvedimenti, annunciati ma non pervenuti, sul cuneo fiscale, mentre si rafforza la repressione sull’evasione, finendo con il colpire anche le imprese in crisi che non pagano incolpevolmente tasse e contributi, equiparandole ai mafiosi con tutte le conseguenze del caso. Per assicurare più gettito senza reprimere inutilmente cittadini ed imprese, bastava proseguire nel solco che aveva tracciato il primo governo Conte Lega-M5s che con la “pace fiscale” ha raccolto 30 miliardi di euro di incassi da parte di 2 milioni di contribuenti.

Dimentica l’aumento del 3% dell’Ires per le aziende titolari di concessioni pubbliche che sono una miriade e che svolgono servizi per cittadini ed imprese.

Portare dal 24 al 27% la tassazione sulle aziende concessionarie è un boomerang, perché le renderà meno competitive rispetto a quanto accade all’estero e, con tutta probabilità, ciò si rifletterà in un aumento delle tariffe già elevate dei servizi offerti che ricadranno su cittadini ed imprese.

Si sarebbe potuto fare scelte differenti e più efficaci?

Ovviamente sì, ad iniziare dall’affrontare e risolvere da subito, senza rinvii, i temi sul tavolo. Una era la chiusura delle clausole di salvaguardia vecchie senza crearne di nuove. L’altra è costituita dal taglio indifferenziato della tassazione per tutti i contribuenti. Il problema italiano è costituito da una pressione fiscale troppo elevata che si dimostra controproducente, perché incentiva l’evasione con conseguente mancanza di gettito che difficilmente viene recuperato. Il taglio delle tasse con i regimi forfettari al 15% per i piccoli imprenditori e lavoratori autonomi voluto dalla Lega ha portato nelle casse dello Stato 1,5 miliardi di gettito in più, quando il Pd denunciava, all’opposizione del governo Conte Uno, i possibili sfracelli derivanti dall’applicazione della flat tax, che invece ha dimostrato senza ombra di dubbio la bontà di un provvedimento che andrebbe esteso subito a tutti i contribuenti. Da gennaio fino ad ottobre 2019, ci sono state in media 45.000 nuove aperture di posizioni fiscali forfettarie al mese, a testimonianza di come si sia favorita l’emersione di una vastissima fetta di sommerso.

E se poi si dovesse raschiare il barile, c’è sempre il ricco piatto delle spese clientelari ed assistenzialistiche, tra cui il reddito di cittadinanza.

Il reddito di cittadinanza è stato un flop clamoroso frutto della demagogia portata avanti dal M5s che sta bruciando miliardi di risorse senza creare nuovi posti di lavoro, anzi favorendo solo l’assistenzialismo fine a se stesso. Ecco, se servono risorse, si può iniziare a tagliare sul reddito, spostando risorse da questo capitolo a quello delle clausole di salvaguardia.

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