Imprese dell’Emilia Romagna strozzate da troppe tasse locali

Studio di Nomisma per Confesercenti evidenzia come l’incremento  della tassazione locale rallenti le possibilità di crescita dell’economia regionale. 

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Imprese dell’Emilia Romagna

In un quadro macroeconomico che presenta l’Italia come una nazione in stagnazione e ultima per crescita Pil (+0,1% la chiusura prevista per il 2019) all’interno dell’area Ue, superata pure dal Regno Unito che si trova ad affrontare le incertezze legate alla Brexit (+1,4%), le incertezze sul futuro si moltiplicano anche per le imprese dell’Emilia Romagna. E’ quanto emerge da uno studio che Nomisma ha curato per conto di Confesercenti Emilia Romagna seguendo due linee di indirizzo: l’analisi della congiuntura economica e la pressione fiscale sul bilancio delle imprese.

Spostando l’obiettivo dal fronte nazionale a quello regionale, con un confronto relativo alle regioni europee, l’EmiliaRomagna si attesta al XIII posto per Pil generato (guadagnando una posizione rispetto alla precedente rilevazione Eurostat) e corre sui livelli massimi, con una crescita del 10% rispetto alla rilevazione 2008, in linea con Lombardia e Veneto, ma con una performancezavorrata” dall’effetto Paese.

Sul fronte delle entrate territoriali, l’Emilia Romagna si colloca ancora in una posizione di relativo favore: nel 2016 i tributi territoriali rappresentano l’8,3% del Pil, quando in Italia pesano per il 9,1%. Due anni dopo sono stati riscossi 12,8 miliardi con un aumento di gettito di 112 milioni, pari ad un +0,9%. L’incremento è determinato soprattutto dagli enti locali (+6,4%) a fronte di una riduzione dei tributi regionali (-0,7%).

La regione mostra un andamento decisamente migliore rispetto a Lombardia (+17,6%), Puglia, Toscana e Veneto, pur non imitando l’andamento nazionale che segna una contrazione del 5,3%. L’analisi rispetto alle entrate degli enti locali e l’incidenza sul Pil riguardo le province emiliano romagnole fa emergere l’ampio divario esistente tra la prima (Ferrara 2,9%) e l’ultima della classifica (Ravenna 1,8%). La provincia di Ferrara, con Rimini, presenta una riduzione del carico fiscale, che è stabile in quella di Reggio Emilia, mentre aumenta in tutte le altre, in particolare Parma e Bologna (oltre il 12%). Se si guarda ai comuni capoluogo, sempre nel periodo 2016-2018, il trend rialzista della tassazione locale è trainato da Forlì, Piacenza, Ravenna e Rimini; a Parma e soprattutto a Bologna sono i comuni minori ad avere visto aumentare le entrate.

Un focus sui comparti più rappresentativi del mondo Confesercenti restituisce un’immagine di sofferenza dall’avvento della crisi, per il commercio non alimentare e per quello ambulante. «La crisi – spiega Nomismaha generato cambiamenti strutturali che al momento non restituiscono la necessaria marginalità. Se s’incrocia questo quadro nazionale con i conti delle imprese emiliano romagnole, il recupero di crescita e marginalità è reso ancora più difficile dalla tassazione locale, considerando come l’incidenza sia massima per alberghi e ristoranti. Sono particolarmente gravosi oneri tributari quali Imu, Tari, Irap e Tosap».

Secondo Nomisma, i primi dieci tributi pesano per il 13,1% del Mol e per il 2,4% del fatturato; la Tari pesa per l’1,1% del fatturato per hotel e ristoranti (7,2% e 5% del Mol), l’Imu ha un peso fino all’1,7% del fatturato per hotel e 0,8% per i ristoranti (10,6% e 3,7% del Mol).

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