Che la prima bozza della legge Finanziaria 2020 fosse stato un parto difficile, nato scritto sull’acqua, era visibile già al suo primo annuncio, cui è seguita una versione scritta su carta solo dopo molti giorni. Oggi, la puntuale conferma con la riscrittura praticamente per intero, specie per i punti che erano stati presentati come fondamentali ed innovativi, la Finanziaria 2020 esce stravolta sotto l’ondata di ben 4.550 richieste di modifica, in gran parte proposti proprio dalla stessa maggioranza M5s-Pd-Iv che l’aveva presentata.
Il premier Giuseppe Conte e il ministro del Tesoro Roberto Gualtieri hanno perso la voce per chiedere agli alleati «moderazione» nella presentazione degli emendamenti alla Finanziaria 2020. Ma non sono stati ascoltati, visto che sono arrivate 4.550 richieste di modifica, anche se quelle che stanno veramente a cuore ai gruppi politici dovrebbero essere intorno alle 500. Il Pd è stata la forza di maggioranza più prolifica con ben 900 proposte di modifica, seguita da M5s a quota 453 e buon terza la creatura renziana Italia Viva a quota 240.
Il Parlamento tenta quindi di mettere pesantemente mano all’impianto della Finanziaria 2020 nata sgarrupata. Una tale messa di modifiche che allarma il Presidente della Repubblica, dal quale è arrivato un deciso richiamo, ribadendo «l’esigenza di ridurre un debito pubblico elevato». Non solo: Mattarella ha sottolineato che «è in corso la sessione di bilancio che, come noto, si svolge nel quadro della governance economica europea. La stabilità finanziaria, il risanamento del debito, la certezza del diritto sono obiettivi cui tendere, con continuità e coerenza, per garantire adeguate prospettive e condizioni di crescita economica e sociale del Paese». Insomma, l’Ue vigila e proprio sul debito ha già storto la bocca, specie sui capitoli di spesa che sono quasi tutti in deficit, così come è largamente in deficit anche l’annullamento delle clausole di salvaguardia sull’Iva per il solo 2020 (per il 2021 ci sarà un’altra “botta” a 26 miliardi già pronta a scattare).
La mole di emendamenti mira invece a intervenire sugli aspetti più vari e contestati, primi tra tutti le tasse sulla plastica, sullo zucchero e sulle auto aziendali. Ma anche a modificare qua e là il provvedimento.
Italia Viva ha messo una spina nel fianco degli alleati, chiedendo il taglio di “Quota cento”, malgrado fra Pd e Cinque Stelle ci sia un accordo per non toccarla, facendo scattare la reazione del capo bastone grillino, Luigi Di Maio, che parla di «provocazioni inaccettabili da parte degli alleati», ribadendo come «Quota 100 non si tocca». Ma più che sulle pensioni,dove truffe e camarille varie non se ne sono registrate, meglio sarebbe cancellare radicalmente quel reddito di cittadinanza così tanto caro a Di Maio e compagni, che ha già evidenziato senza ombre di dubbio di essere solo un provvedimento controproducente, buono solo per erogare la paghetta a lavoratori in nero, camorristi et similia, dove i pochi controlli finora eseguiti hanno evidenziato irregolarità in 7 casi su 10.
Sulla plastica sono arrivati diversi emendamenti. Con lo sguardo rivolto anche alle elezioni in Emilia Romagna, sede di un importante polo di produzione di imballaggi, i Dem hanno proposto di far scendere la tassa da un euro al chilo a 80 centesimi e di escludere quella riciclata. Anche il M5s ha chiesto di esentare la plastica a basso impianto ambientale, ma non vuole ritocchi alla tassa per quella tradizionale.
In tema di sostenibilità ambientale, i pentastellati propongono di introdurre il vuoto a rendere non solo per il vetro, ma anche per le bottiglie in plastica e per le lattine. E spingono per una detrazione fino a 1.000 euro per chi installi a casa i filtri per l’acqua.
Per le auto aziendali, provvedimento che ha visto la maggioranza di sinistra riuscire nell’opera di espropriare di una mensilità di stipendio a decine di migliaia incolpevoli dipendenti che per il loro lavoro devono utilizzare un veicolo messoa loro disposizione dalle aziende per cui operano, il Pd chiede di allenare la stretta, rendendola meno pesante del previsto e di lasciare la tassa solo per quelle immatricolate a partire da gennaio 2020.
Il Pd propone anche di ridurre la “sugar tax” dagli attuali 10 a 8 euro a ettolitro. Ci sono poi le richieste finora inedite: il M5s ha proposto un’Iva agevolata al 10% per i profilattici maschili (e quelli femminili no?) e gli anticoncezionali femminili e di ridurre l’Iva dal 22% al 5% per gli assorbenti per il ciclo mestruale che siano completamente biodegradabili (praticamente una rarità sul mercato) o lavabili. Sempre i Cinque Stelle hanno messo sul tavolo un incentivo per far accettare anche lavori di breve durata o con redditi «marginali» a chi sta usufruendo del reddito di cittadinanza.
Per l’opposizione, la Lega ha chiesto il ripristino dell’estensione della “flat tax” per i redditi dai 65.000 ai 100.000 euro, mentre FdI ha proposto di reintrodurre lo scudo penale per l’ex Ilva. Forza Italia mira al taglio delle microtasse e ad uno stanziamento maggiore per ridurre il cuneo fiscale.
Come andrà a finire? Quasi scontato che finisca come l’anno scorso, con la corsa all’ultimo momento utile con la stesuradi un maxiemendamento finale (alla faccia della leggibilità della norma finale) che verrà fatto approvare a scatola chiusa dal Parlamento, con dentro di tutto e di più, ad iniziare da più tasse per tutti.
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