Sono passati appena 15 mesi da quando il movimento grillino conquistò la città di Imola, facendola assurgere a baluardo pentastellato nel cuore della Romagna “rossa”, ma sono bastati per fare gettare la spugna al sindaco Manuela Sangiorgi che si è dimessa in polemica accesa con il partito di Grillo & Di Maio.
Sangiorgi si è dimessa davanti al consiglio comunale, dando seguito all’annuncio fatto la sera prima in piazza dinanzi ai suoi sostenitori. Quella di Imola è stata una maggioranza turbolenta fin dal primo giorno, con un gruppo consiliare diviso a metà, pessimi rapporti con il Movimento a livello nazionale e la contrarietà all’accordo con il Pd sono le cause che hanno portato al passo del sindaco della terza città più grande amministrata dai 5 Stelle dopo Roma e Torino.
Quanto accaduto a Imola non è stato un fulmine a ciel sereno: in poco più di un anno di governo cinque assessori se ne sono andati e la maggioranza ha spesso traballato su provvedimenti importanti. Ora, a norma di legge, le dimissioni hanno venti giorni per diventare efficaci e irrevocabili. Se nelle prossime tre settimane non avverranno fatti nuovi, al momento improbabili, che convincano Sangiorgi a tornare sui propri passi, il consiglio comunale sarà sciolto, con la nomina di un commissario prefettizio con il ritorno alle urne nella primavera del 2020.
«Il M5s – ha detto Sangiorgi – non esiste più. Il M5s è morto ed è morto quando è morto Gianroberto Casaleggio. Abbiamo visto appropriarsi di ruoli apicali da parte di persone senza arte né parte. Io mi aspettavo un appoggio dal M5s nazionale, mi aspettavo fosse un salotto dei big, perché siamo il terzo comune più grande amministrato dal Movimento. Poi, quando sono andata a chiedere aiuto su questioni importanti, ho avuto risposte imbarazzanti».
Fra i motivi di scontro con i vertici del Movimento anche la gestione del Con.Ami, azienda municipalizzata proprietaria, fra l’altro, di importanti quote della multiutility Hera. «Io per 15 mesi sono stato un sindaco commissariato – ha detto Sangiorgi – quando venivo in comune era come entrare nella foresta dei pugnali volanti. Da una parte il M5s ha suscitatovoglia di mettersi in gioco, ma dall’altra non è vero che tutti possono fare politica, non c’è contezza della macchina amministrativa».
Sullo sfondo, le elezioni regionali del 26 gennaio in Emilia Romagna, dopo le elezioni in Umbria: «fino al giorno prima – ha detto Sangiorgi – abbiamo detto di tutto al Pd, e poi ci siamo andati al governo insieme. Abbiamo perso sei milioni di voti in un anno e fatto finta di niente».
Le dimissioni del sindaco di Imola sono commentate come «un atto di coraggio personale» da parte del segretario della Lega Romagna, Jacopo Morrone, secondo cui «le dimissioni sono l’ennesima prova provata dell’insussistenza del M5s che, al di là del valore delle singole persone, non esiste come organizzazione politica, con i risultati sotto gli occhi di tutti in fatto di capacità di governo a tutti i livelli dove esso opera». Secondo Morrone, «quanto accaduto a Imola in casa M5s e quanto sta accadendo in casa Pd a livello regionale, dove Bonaccini è tutt’altro che saldo, sono il migliore viatico per la prossima probabile vittoria del centro destra unito con la propria candidata Lucia Borgonzoni alle elezioni regionali del 26 gennaio 2020».
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