È stata presentata a Roma la XIV edizione del “Rapporto Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes. Con il contribuito di circa 70 studiosi italiani e non, la mobilità dall’Italia e nell’Italia è analizzata partendo dai dati quantitativi (socio-statistici). L’approfondimento di questa edizione è dedicato alla percezione delle comunità italiane nel mondo “Quando brutti, sporchi e cattivi erano gli italiani: dai pregiudizi all’amore per il made in Italy”.
Il Rapporto Italiani nel Mondo riflette cioè sulla percezione e sulla conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi rispetto al migrante italiano. Il fare memoria di sé diventa quindi occasione per meglio comprendere chi siamo oggi e chi vogliamo essere.
Su un totale di oltre 60 milioni di cittadini residenti in Italia a gennaio 2019, alla stessa data l’8,8% è residente all’estero. In termini assoluti, gli iscritti all’AIRE, aggiornati al 1 gennaio 2019, sono 5.288.281. Dal 2006 al 2019 la mobilità italiana è aumentata del 70,2% passando, in valore assoluto, da poco più di 3,1 milioni di iscritti all’AIRE a quasi 5,3 milioni. Quasi la metà degli italiani iscritti all’AIRE è originaria del Meridione d’Italia (48,9%, di cui il 32,0% Sud e il 16,9% Isole); il 35,5% proviene dal Nord (il 18,0% dal NordOvest e il 17,5% dal NordEst) e il 15,6% dal Centro.
Nello specifico, sono l’Unione Europea (41,6%) e l’America Centro-Meridionale (32,4%) le due aree continentali maggiormente interessate dalla presenza dei residenti italiani. Le comunità più consistenti si trovano, nell’ordine, in Argentina (quasi 843.000), in Germania (poco più di 764.000), in Svizzera (623.000), in Brasile (447.000), in Francia(422.000), nel Regno Unito (327.000) e negli Stati Uniti d’America (272.000).
Da gennaio a dicembre 2018, si sono iscritti all’AIRE 242.353 italiani di cui il 53,1% (pari a 128.583) per espatrio. L’attuale mobilità italiana continua a interessare prevalentemente i giovani (18-34 anni, 40,6%) e i giovani adulti (35-49 anni, 24,3%). Il 71,2 è in Europa e il 21,5% in America (il 14,2% in America Latina). Sono 195 le destinazioni di tutti i continenti. Il Regno Unito, con oltre 20.000 iscrizioni, risulta essere la prima meta prescelta nell’ultimo anno (+11,1% rispetto all’anno precedente). Al secondo posto, con 18.385 connazionali, vi è la Germania. A seguire la Francia (14.016), il Brasile (11.663), la Svizzera (10.265) e la Spagna (7.529). Con 22.803 partenze continua il solido “primato” della Lombardia, seguita dal Veneto (13.329), dalla Sicilia (12.127), dal Lazio (10.171) e dal Piemonte (9.702).
Il Rapporto Italiani nel Mondo 2019, attraverso analisi sociologiche e linguistiche, aneddoti e storie fa riferimento al tempo in cui erano gli italiani ad essere discriminati, risvegliando «il ricordo di un passato ingiusto – spiega il Rapporto – non per avere una rivalsa sui migranti di oggi che abitano strutturalmente i nostri territori o arrivano sulle nostre coste, ma per ravvivare la responsabilità di essere sempre dalla parte giusta come uomini e donne innanzitutto, nel rispetto di quel diritto alla vita (e, aggiungiamo, a una vita felice) che è intrinsecamente, profondamente, indubbiamente laico». Si tratta dunque di «scegliere non solo da che parte stare, ma anche che tipo di persone vogliamo essere e in che tipo di società vogliamo vivere noi e far vivere i nostri figli, le nuove generazioni».
Il bacino degli espatriati potrebbe essere utile per fronteggiare il calo demografico nazionale. Invece di aprire all’immigrazione (spesso indiscriminata) da realtà africane e medio orientali, sarebbe opportuno stendere un tappeto rosso ai rimpatri degli italiani andati all’estero, creando le condizioni per il lavoro e l’abitazione. Una soluzione che darebbe meno problemi di integrazione sociale e culturale, oltre a puntare su persone con una qualificazione superiore a quella di altri immigrati.
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