Mercoledì 30 ottobre toccherà alla delegazione trattante della Lombardia incontrarsi nella sede del ministero degli Affari regionali a Roma per definire la richiesta di maggiore autonomia avanzata dalla Lombardia su 23 materie, così come il Veneto.
Una maggiore autonomia che il governatore lombardo, Attilio Fontana, non è disposto a mollare, nonostante le sabbie mobili del governo BisConte, dove il ministro pugliese Francesco Boccia sta facendo gli straordinari per demolire tutto il lavoro fin qui fatto in due anni dalla celebrazione del referendum popolare che ha visto alle urne milioni di Lombardi e di Veneti.
«Voglio vedere cosa ci proporrà di concreto il ministro Boccia nell’incontro del prossimo 30 ottobre a Roma, anche se sarà, come già accaduto per il Veneto la scorsa settimana, un incontro interlocutorio dal quale difficilmente usciranno fatti concreti – afferma Fontana – Voglio vedere una risposta definitiva in tema di organizzazione scolastica, sul quale Boccia si è già dichiarato contrario alla devoluzione, nonostante una sentenza a favore da parte della Corte Costituzionale, dove si afferma che l’organizzazione può competere alle regioni. Se la posizione del governo rimarrà di totale chiusura, allora nell’ambito delle competenze della Regione proporrò il varo di una legge regionale lombarda per regolare il settore, in modo da risolvere alcuni problemi strutturali della scuola, ad iniziare dalla carenza di insegnanti, per migliorare il servizio».
Fontana si proclama ottimista: «lo sono di natura, spero sempre nella migliore soluzione possibile per tutti. Al momento non ho motivi per dubitare, viste le assicurazioni ripetute dal ministro Boccia che si è impegnato a fare. Come detto, lo aspetto sui fatti, che devono arrivare presto e bene, spero nel senso auspicato da quei milioni di Lombardi che due anni fa hanno votato al referendum sulla maggiore autonomia».
Un’apertura di credito, quella del governatore lombardo, ma non una firma in bianco: «Boccia ha detto che vuole inserire la concessione di maggiore autonomia all’interno di una legge quadro che si è impegnato a presentare al Parlamento in queste settimane per farla approvare entro la fine dell’anno. Voglio vedere cosa conterrà. Anche se ritengo questa procedura inutile, buona solo per prendere tempo e allontanare l’autonomia per le Regioni che l’hanno chiesta, spero che Boccia tenga fede ai suoi impegni di realizzare compiutamente il disposto della Costituzione che riconosce la possibilità che lo Stato deleghi alle Regioni che lo chiedano competenze proprie in 23 materie. Se all’interno della bozza di legge saranno inserite procedure che vanno contro quanto finora fatto, allora è chiaro che questo non lo riterrò accettabile e agiremo di conseguenza».
Il rischio che il disegno di legge sull’autonomia che Boccia intende proporre sia un pannicello caldo è molto forte: «se fosse così potrebbe anche andare bene, ma potrebbe anche esserci una serie di norme e di passaggi fortemente penalizzanti per le Regioni che chiedono l’autonomia. Temo che Boccia punti ad inserire una serie di vincoli che ci impediscono di fatto ogni movimento, a partire da quelli che impongono il passaggio in Parlamento ad ogni fase, che con gli emendamenti rischiano di rendere impossibile la sua compiuta definizione. Credo che l’obiettivo reale di Boccia sia proprio questo, imporre una parlamentarizzazione spinta di tutto il processo per spingerlo definitivamente nelle sabbie mobili del procedimento. Con buona pace dei milioni di cittadini Lombardi e Veneti che hanno votato al referendum».
Se Boccia punta alla più classica ammuina sudista, Fontana non sta fermo e guarda già alle prossime mosse: «come detto, su tutte le materie dove la trattativa tra Regione e Stato porterà ad un nulla di fatto, ad iniziare dalla scuola, la Regione Lombardia attiverà un proprio percorso legislativo. Toccherà al governo decidere se impugnare o meno la legge approvata dal Consiglio regionale lombardo in base alle normative vigenti. Se lo facesse, come sembrerebbe ovvio date le premesse, smentirebbe ancora una volta se stesso, visto che ha detto di volere l’autonomia per le regioni. Sarebbe la Corte costituzionale a doversi pronunciare su chi ha torto o ragione. Sarà una bella disquisizione giuridica, oltre che politica, visto che la Costituzione afferma nero su bianco che lo Stato può devolvere proprie competenze alle Regioni che lo chiedano in ben 23 materie puntualmente elencate. Poi dovrebbe discutere su una propria recente sentenza che con cui ha disposto la liceità della regolamentazione scolastica in capo organizzativo alle regioni. Potrebbe pure darsi che la Corte sia costretta a redarguire il governo per il suo mancato adempimento ad una specifica previsione costituzionale. Staremo a vedere».
E se, nella peggiore ipotesi, la Corte costituzionale bocciasse le richieste della Regione? «Allora dovremmo dire che siamo in uno Stato dove la volontà popolare non conta assolutamente nulla, uno Stato dove la democrazia è solo sulla carta» conclude amaramente Fontana.
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