Le concessioni autostradali, siano da caducare o da rinnovare o da assegnare ex novo, sono uno dei temi su cui il governo BisConte «dovrà cimentarsi e dimostrare di avere il coraggio di invertire la rotta degli ultimi decenni, dove con beni di proprietà dello Stato si sono generate rendite di posizione monopoliste che hanno reso possibili enormi extra-profitti in capo a soggetti privati e ai danni dei consumatori, con pochissime ricadute di pubblica utilità (sicurezza, investimenti in manutenzioni ordinarie e straordinarie, ecc.), come l’evento del ponte Morandi a Genova ha ampiamente dimostrato, per questo serve un nuovo corso da parte del neo ministro Paola De Micheli» dichiara Dario Balotta, presidente di Onlit.
Negli anni Sessanta del secolo scorso, l’Italia ambiva a crescere, ma non aveva i soldi per farlo per investire nelle infrastrutture necessarie a modernizzare il Paese. Di qui la scelta di avvalersi dello strumento della concessione, con cui il privato (concessionario) realizza un bene (con i ricavi tariffari da reinvestire) in nome e per conto dello Stato, lo gestisce per un congruo periodo di tempo (solitamente 30 anni), durante il quale rientra degli investimenti con un margine di utile che, come si è scoperto recentemente, è stato fin troppo generoso. Al termine della concessione, il bene così realizzato avrebbe dovuto rientrare nella piena disponibilità dello Stato che lo avrebbe anche gestito. Ma così non è andata.
«Grazie al solito intreccio di poteri “amici” e di favori inconfessabili incrociati – sottolinea Balotta -, tutte le concessioni autostradali, una volte arrivate a scadenza, sono state rinnovate con la scusa che era necessario fare altri investimenti o completare quelli in corso: dal potenziamento dell’opera stessa o a opere a tutti gli effetti nuove, ad iniziare da bretelle, bretelline, nuove tratte, ecc, a seconda dei potentati di turno. Con la conseguenza di prorogare la concessione per un altro tot di anni. Così è stato. Con i concessionari che si sono ulteriormente pasciuti e gli utenti costretti a pagare pedaggi sempre più cari per servizi sempre più scadenti e di dubbia sicurezza per la loro incolumità e senza mai mettere in campo interventi di mitigazione ambientale».
Balotta auspica un’inversione di tendenza: «credo che sia giunta l’ora di cambiare drasticamente corso, caducando, cioè annullando le concessioni autostradali in essere e le convenzioni tra Stato (concedente) ed i concessionari (sia privati che pubblici) che hanno anteposto gli interessi alla gigantesca rendita finanziaria in loro favore a quella dello Stato e degli utentidell’infrastruttura. Inoltre – prosegue Balotta – è necessario intervenire sulle concessioni autostradali già scadute da anni o in via di scadenza, prevedendo il subentro al patrimonio dello Stato delle opere realizzate e ampiamente ammortizzate dai vari concessionari. Tocca allo Stato per il tramite del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture riappropriarsi della proprietàe, soprattutto, della gestione della rete autostradale, attivando un piano di gestione che veda il calo consistente dei pedaggi, da un lato, e l’avvio di tutte le manutenzioni ordinarie e straordinarie che tanti, troppi concessionari hanno effettuato ai minimi termini per ampliare il più possibile il loro lucro».
Secondo Balotta «oltre all’Autobrennero già scaduta, prossimamente toccherà all’Autostrada Brescia-Padova, alla Valdastico, alle Autovie Venete e a tratte del gruppo Gavio. L’infrastrutturazione e la gestione della viabilità nazionalesono una prerogativa strategica e di indirizzo che deve essere gestita in prima persona dallo Stato e non più delegata a privati o a poteri pubblici locali».
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