Da 22 anni, l’ensemble “Interpreti Veneziani” viene invitata ad esibirsi in Giappone, anche perché rappresenta la città di Venezia, che per molti giapponesi è una delle mete più ambite da visitare, almeno una volta nella vita.
La tournée dell’ensemble di quest’anno è stata composta da sei concerti consecutivi in cinque città diverse, perché la vasta Tokyo ne ha ospitati due. Assisto al quarto concerto, alla Machida Shimin Hall di Tokyo. Il luogo deputato è un auditorium comunale, architettonicamente moderno, come tanti qui in Giappone, ma acusticamente inappuntabile.
Come al solito agli “Interpreti Veneziani” viene chiesto di presentare un doppio programma, che abbia comunque in primo piano le musiche di Antonio Vivaldi (Venezia, 4 marzo 1678 – Vienna, 28 luglio 1741). Ascolto il programma A (quattro date, rispetto alle due del B), che si apre con l’esecuzione de “Le quattro Stagioni”, che occupano l’intero primo tempo. Si tratta dei primi quattro concerti per violino solista dei dodici che compongono l’opera 8, “Il cimento dell’armonia e dell’inventione”, edita ad Amsterdam nel 1725, ma probabilmente composta all’inizio del decennio.
La gioiosa musica del “Prete rosso”, purtroppo, in special modo l’Allegro iniziale del concerto n.1, “La primavera”, è usato in innumerevoli jingle con finalità pubblicitarie o per coprire il tempo di attesa telefonica, al posto di un semplice e non molesto silenzio, ragion per cui c’è una specie di rigetto se non proprio di rifiuto nell’ascoltarle, per chi scrive, almeno a Venezia. In territorio neutro e lontano, riesco ad ascoltarle senza innervosirmi. Noto così la bravura dell’ottetto, fondato nel 1987 da Paolo Cognolato, al clavicembalo, uno strumento che in epoca barocca, assieme all’organo, fungeva da basso continuo.
Nelle “Stagioni” si sono messi in luce i quattro violinisti dell’ottetto, ognuno impegnato solisticamente in un concerto della partitura vivaldiana: Giuliano Fontanella nella Primavera (concerto in Mi maggiore, RV.269); Giovanni Agazzi nell’Estate (concerto in Sol minore, RV.315); Pietro Talamini nell’Autunno (concerto in Fa Maggiore, RV.293); Giacobbe Stevanato nell’Inverno (concerto in Fa Minore, RV.297). Ogni concerto è diviso in tre movimenti: Allegro – Largo – Allegro (La primavera); Allegro – Adagio – Presto (L’Estate); Allegro – Adagio molto – Allegro (L’Autunno); Allegro non molto – Largo – Allegro (L’Inverno).
Sono stati tributati applausi alla fine di ogni concerto, anche se i più prolungati mi sono sembrati quelli dopo l’Estate e L’Inverno, nei quali sia Agazzi che Stevanato hanno brillato per un suono fresco, pulito, squillante e per una buona tecnica nei momenti più insidiosi. Da sottolineare, che i musicisti hanno utilizzato i loro strumenti, tranne il clavicembalo, tutti antichi, risalenti al 1700-1800.
La seconda parte dell’evento si è aperta con il “Concerto in Re Minore per due violini, BWV 1043” di Johann Sebastian Bach (1685 – 1750), uno dei più famosi del compositore tedesco, il quale conobbe le opere di Vivaldi, subendone l’influenza, e trascrisse sei dei dodici concerti de “L’Estro Armonico”, opera 3, stampata ad Amsterdam nel 1711. I solisti, Fontanella e Talamini, hanno duettato in maniera impeccabile, ottenendo applausi generosi e grida di “Bravo”.
Nell’ultimo brano in programma, il “Concerto per violino, archi e clavicembalo in Re maggiore RV.222”, di Vivaldi, si è di nuovo messo in luce Giovanni Agazzi, particolarmente nel “Largo”, suonando spesso in solitudine, sostenuto delicatamente soltanto dalla viola di Sonia Amadio. Buono l’apporto del contrabbassista Tommaso Bagnati, mentre Nazzareno Balduini è emerso, qui come altrove, con figurazioni solistiche ben eseguite.
Non potevano mancare i bis. Il primo è stato l’Allegro finale del “Concerto in Si Minore per quattro violini, RV.580”, il n.10 dei 12 de “L’Estro Armonico”. Il secondo è stato un pezzo famosissimo, a cui hanno attinto a piene mani artisti della musica Pop o Rock. A memoria, ricordo la canzone “Rain and Tears”, del trio greco degli “Aphrodite’s Child”. Complimenti all’autore, il tedesco Johann Pachelbel (1653 – 1706) e al suo “Canone e Giga in Re maggiore per tre violini e basso continuo”.
Gli “Interpreti Veneziani” si esibiscono per più di 300 giorni all’anno a Venezia, nella chiesa di San Vidal, a due passi dal ponte dell’Accademia e da campo S. Stefano.
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