Il Pinot Grigio delle Venezie è un fenomeno enologico della viticoltura del NordEst su cui aleggia qualche nube dovuta ad un mercato internazionale che negli ultimi tempi si è raffreddato. Per individuare le strategie di promozione del futuro, il Consorzio di tutela ha riunito a Venezia tutti i protagonisti del settore.
Il Pinot Grigio delle Venezie è una realtà che annovera 26.400 ettari vitati, dai quali ne deriva la produzione di 1,7 milioni di ettolitri di vino e 200 milioni di bottiglie immesse sul mercato. Il 45% della produzione mondiale del Pinot Grigio e l’85% di quella nazionale avviene all’interno del Triveneto. Gli imbottigliatori che fanno parte del sistema sono 362 mentre i viticoltori sono 10.000.
«Quasi la metà della produzione mondiale di Pinot Grigio proviene dall’Italia, dove l’85% si concentra nell’areale del Triveneto. Parliamo quindi di un “fenomeno NordEst”: diecimila viticoltori in un’area produttiva molto vasta che unisce, climaticamente e culturalmente, la provincia autonoma di Trento, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, tutti finalmente riuniti sotto il cappello “delle Venezie” – ha detto l’assessore all’agricoltura del Veneto, Giuseppe Pan -. Oggi celebriamo l’evento che rappresenta un importante momento di riflessione sul percorso avviato circa 4 anni fa, unico nel suo genere, perché ha coinvolto tre differenti territori amministrativi. La collaborazione tra queste regioni ha permesso di accantonare gli interessi dei singoli, siano essi viticoltori, vinificatori od imbottigliatori, per trovare un denominatore comune che permettesse la valorizzazione di un prodotto, il Pinot Grigio, e la sua messa in sicurezza in tutto il mondo. Per questo gli operatori hanno deciso di apporre il Contrassegno di Stato ad ogni bottiglia di Pinot Grigio delle Venezie, con l’auspicio che la direzione intrapresa raggiunga la meta sperata».
«La sfida che i produttori devono affrontare è arrivare a costituire un’identità del prodotto collegata ad un territorio molto vasto. In questo il ruolo del Consorzio di Tutela guidato da Albino Armani è fondamentale – ha aggiunto Pan – perché deve essere il luogo dove trovano sintesi le aspettative, le proposte, le valutazioni del sistema produttivo che compone la Denominazione. Senza decisioni condivise che partono dagli attori della filiera, non è possibile efficienza e sviluppo. Il compito della amministrazione regionale è quello di valutare le proposte del Consorzio per la tutela dell’interesse comune e supportare le decisioni attraverso il continuo dialogo con gli altri enti cointeressati a dette decisioni al fine di conseguire un effetto sinergico».
«Per quanto riguarda la strategia per conquistare nuovi mercati sono convinto – sottolinea Pan – che il successo di un settore, in questo caso di una Denominazione, si misura dalla capacità di affrontare le sfide in un contesto globalizzato. Innovazione, organizzazione e marketing devono accompagnare lo sforzo di chi produce o trasforma, ma in maniera sinergica, ricordando che a volte il passo indietro del singolo può garantire il successo del sistema».
L’obiettivo principale per la Regione Veneto è consolidare il primato a livello nazionale: il Veneto è primo per export di vino, superando i 2,2 miliardi in valore (su 6,2 miliardi totali nazionali) ed è cresciuto del 9% rispetto all’anno precedente. Un risultato raggiunto grazie ad un’efficace politica di valorizzazione e di promozione che ha puntato sulla qualità dei vini e sull’immagine dei territori di produzione.
Nel suo intervento, l’assessore all’agricoltura friulano, Stefano Zannier, ha evidenziato che «le aggregazioni, quando fattein modo intelligente come nel caso delle Consorzio delle Venezie, sono fonti di miglioramento per l’intero sistema. Ciò permette a tutti i partecipanti di ottenere risultati che accrescono il valore del settore vino che è molto importante per la nostra economia».
Zannier si è soffermato sul valore delle aggregazioni territoriali in grado di portare vantaggi per l’intero sistema e anche ai singoli produttori: «operare all’interno di un contesto molto più ampio della singola realtà territoriale permette ai partecipanti sia di cogliere le sinergie dell’intero sistema, sia di coniugarle al proprio interno valorizzandone la produzione. Far parte del Consorzio significa, inoltre, poter penetrare il mercato con una maggiore efficacia rispetto a quanto si potrebbe fare in forma singola o anche con il sostegno delle denominazioni storiche».
Zannier ha inoltre posto in evidenza la necessità di sviluppare, come in realtà sta avvenendo, i fattori comuni che caratterizzano i produttori associati nel Consorzio. «Lo sforzo da compiere – ha spiegato l’assessore friulano – è trovare e valorizzare gli elementi di contatto tra produttori e imbottigliatori; questi, sviluppati poi in ogni singola realtà, possono portare ognuno a massimizzare i propri vantaggi. Le aggregazioni, quando sono fatte bene come in questo caso, sono fonte di sprone per ottenere dei risultati migliori dell’intero sistema. Ma, affinchè ciò succeda, è necessario che tutti gli associati siano “primus inter pares”, senza quindi posizioni predominanti, trovando così un equilibrio che dia serenità a tutti gli associati».
In rappresentanza della provincia di Trento è intervenuto il vicepresidente Mario Tonina che ha sostituito l’assessore all’agricoltura: «il mercato, ci confermano gli esperti, ci dice che i clienti cercano la qualità e sono disposti a pagarla il giusto; e che nel vino si vuole trovare l’identità e la specificità di un territorio. E’ un segnale che conferma l’importanza di avere una filiera produttiva attenta al territorio e alla sostenibilità e che va fatta una promozione che sia in grado di raccontare i valori della terra che ha prodotto un determinato vino. Per il Trentino – ha sottolineato Tonina – è quindi fondamentale valorizzare la formazione, che avviene in scuole come quella di S. Michele all’Adige, in cui si preparano i tecnici e gli esperti di domani che nel settore vitivinicolo saranno chiamati a consolidare il lavoro fatto dalle generazioni che li hanno preceduti. Determinante è anche la ricerca scientifica, chiamata a dare il suo contributo per un’agricoltura sempre più qualitativa e rispettosa dell’ambiente. Si sta già facendo con successo in centri di ricerca come la Fondazione Edmund Mach e si deve proseguire su questa strada. Per noi è importante anche coltivare le relazioni e le collaborazioni con i territori vicini che possono aprire opportunità e mercati nuovi per i nostri produttori».
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